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Verso Cancun: Le proposte del “Tavolo Campagne”

Il Tavolo Campagne ha elaborato il seguente documento per la prossima conferenza ministeriale della World Trade Organization (WTO), di Cancun in Messico dal 10 al 14 settembre 2003

di Redazione

Il 2003 passerà alla storia come un anno cruciale per i destini dell?intero sistema delle istituzioni e delle relazioni internazionali e sarà ricordato per la guerra preventiva ed unilaterale promossa dall?amministrazione americana in Iraq e per la V conferenza ministeriale dell?Organizzazione mondiale del commercio (World Trade Organization – WTO), che si svolgerà a Cancun in Messico dal 10 al 14 settembre. Cancun è una località turistica abbastanza giovane, creata distruggendo quello che era un tessuto di turismo tradizionale e di economia di pesca locale nella bellissima regione messicana dello Jucatan. Anche il WTO è un?istituzione molto giovane, all?interno del cosiddetto sistema multilaterale che ha governato le relazioni politiche, commerciali, economiche e finanziarie dalla fine della seconda guerra mondiale fino ad oggi. Quella che è una conferenza che cade a metà del cosiddetto round negoziale del millennio, lanciato alla IV ministeriale svoltasi a Doha, in Qatar nel novembre 2001, sembra ormai diventare un passaggio cruciale del processo di globalizzazione così come l?abbiamo conosciuto fino ad oggi. Come nella sfera politico-militare, anche nel WTO mai come oggi abbiamo assistito a conflitti così roventi tra i principali attori, al punto che qualche negoziatore nelle segrete stanze di Ginevra, dove dal 1995 ha sede l?istituzione, inizia a parlare di crisi dell?istituzione. Questo perché la posta in gioco è molto alta, nonostante alcuni governi, come quello italiano, diminuiscano l?importanza del vertice per non prendersi le responsabilità di un possibile fallimento. Cancun rappresenta la sfida finale di un processo di globalizzazione ingiusto, alla quale la società civile deve andare preparata: Cancun è l?ultima spiaggia per fermare l?inclusione nel mandato negoziale del WTO di tematiche quali gli investenti e la concorrenza, che trovano la dichiarata opposizione della gran parte dei paesi in via di sviluppo membri del WTO e dell?intera società civile globale, bloccando così l?espansione dell?istituzione che con il round negoziale iniziato a Doha mira a diventare una World Economic Organization, dal momento che gli accordi sul commercio coprirebbero questioni economiche e finanziarie, nonché ambientali e sociali ad ampio spettro, esautorando le altre istituzioni del sistema ONU con competenze consolidate al riguardo. Infatti, la politica neoliberale di forzare la liberalizzazione, la privatizzazione e la deregolamentazione dei mercati globali non è ancora completata. Manca un pezzo importante del puzzle: la libertà totale per le multinazionali di investire, cioè di comprare gli enti pubblici privatizzati o le ditte fallite a causa della schiacciante competizione internazionale nei mercati più appetibili. Per le multinazionali la libertà degli investimenti è il passaggio cruciale dalla penetrazione dei mercati tramite le loro merci alla dominazione dei sistemi economici nazionali direttamente tramite il loro capitale. Mentre il primo approccio comporta una sovrapproduzione ed una competizione agguerrita, abbassando i prezzi, il secondo garantisce la riorganizzazione degli assetti produttivi globali, cioè l?integrazione dei concorrenti locali nelle multinazionali, la loro chiusura o la loro degradazione a fornitori subordinati. L?ambizione del WTO è quella di chiudere una volta per tutte la scrittura delle regole globali, sigillando l?approccio neoliberista promosso per due decenni dal Fondo monetario internazionale e dalla Banca mondiale, istituzioni che impongono tramite i piani di aggiustamento strutturale l?apertura dei mercati dei capitali e prescrivono le privatizzazioni e liberalizzazioni come condizioni per accedere ai loro prestiti, abbattendo tutte quelle barriere di regolamentazione nazionale che rappresentano una difesa dei diritti sociali, ambientali e del lavoro acquisiti dopo decenni di battaglie. Sarebbe un errore pensare che non esistano attualmente regole nazionali ed internazionali per la salvaguardia dei diritti di base per tutti e dell?ambiente. L?attuale processo di globalizzazione, ed il WTO ne rappresenta un esempio cruciale, sta effettuando una riscrittura delle regole, in senso di deregolamentazione, a vantaggio delle multinazionali e dei grandi investitori mettendo a rischio la sopravvivenza di economie locali e nazionali. Lavoratori, contadini, popoli indigeni, donne ed altri gruppi sociali; la salute e la sicurezza, l?ambiente locale e globale, e la protezione degli animali e di altre specie viventi. E? venuto il momento di riconoscere la crisi del sistema commerciale internazionale e della principale istituzione che lo governa. E? necessario fermare il nuovo round negoziale lanciato a Doha e subordinare il commercio internazionale a regole che servano gli interessi di tutti e non che concentrino ancor più la ricchezza nelle mani di pochi ricchi, aumentando la disuguaglianza tra ed all?interno delle nazioni, aumentando la povertà per la maggioranza dei popoli del mondo, costringendo contadini e lavoratori dei paesi in via di sviluppo a migrare e promovendo modelli insostenibili di produzione e consumo. E? venuto il momento di restringere i poteri del WTO, poiché gli originali squilibri nelle regole del WTO, il fallimento fino ad oggi dei tentativi atti a riformarle, le tante promesse di concessioni per i paesi in via di sviluppo non rispettate dai paesi ricchi e il non soddisfacente contenuto ed avanzamento dei negoziati sui servizi, sull?agricoltura ed i prodotti industriali, sono in larga parte dovuti ai processi decisionali non-trasparenti e non democratici interni al WTO. Questi processi, sempre più necessari al nord del mondo per imporre le sue decisioni visto che il sud è sempre più restio a dare il suo consenso a compromessi negoziali iniqui, sono strutturati e lavorano contro i paesi in via di sviluppo e la gran parte dei paesi membri dell?organizzazione, e se non radicalmente cambiati, saranno causa di ulteriori fallimenti di riforme interne ad essa. E? venuto il momento di fermare l?espansione del WTO a Cancun per rimettere in discussione l?intero round negoziale di Doha ed avere così due anni di respiro che permettano di rivedere gli impatti collegati all?attuazione degli accordi esistenti e ad elaborare proposte innovative per un?economia ed un commercio mondiale equi ed a sostegno delle popolazioni locali, nel nord come nel sud del mondo, intorno a cui trovare il consenso di forze sociali e dei paesi in via di sviluppo. Questo in un contesto multilaterale autenticamente riformato, con processi democratici che siano realmente tali e finalmente efficiente per il perseguimento, come inizio, degli obiettivi di sviluppo del millennio e l?attuazione ed il rafforzamento delle convenzioni e degli accordi internazionali siglati in ambito Nazioni Unite. Il sistema WTO: falsa promessa di un multilateralismo riformato Sembrava che l?agenda di Doha, spinta con forza dai paesi del quadrilatero (Stati Uniti, Unione Europea, Canada e Giappone) nel difficile contesto politico del dopo 11 settembre, dovesse produrre un nuovo quadro per la cooperazione commerciale e politica a livello internazionale, ma attualmente i negoziati del WTO sono un chiaro esempio di indecisione ed incapacità di mediazione politica tra numerosi ed accesi interessi. E? importante ricordare, a questo riguardo, che il WTO non è formalmente parte del sistema delle Nazioni Unite, a differenza della Banca mondiale e del Fondo monetario internazionale, che come agenzie economiche e finanziarie specializzate del sistema ONU devono riferire all?Assemblea Generale almeno una volta l?anno. Tutte le scadenze negoziali di diversi accordi e discussioni in ambito WTO fissate a Ginevra in preparazione del vertice di Cancun sono sistematicamente saltate, di fronte al profondo contrasto tra i paesi ricchi e quelli in via di sviluppo, tra Stati Uniti ed Europa su questioni quali gli organismi geneticamente modificati e le barriere tariffarie sull?acciaio, tra economie emergenti, quali India, Cina e Brasile, ed i poteri del quadrilatero che reggono da sempre il timone del WTO. L?apparente stabilità del sistema multilaterale del commercio, basata formalmente sul sistema decisionale un paese-un voto a differenza del sistema di Bretton Woods, che distribuisce il potere ai vari paesi membri sulla base della loro contribuzione finanziaria, si è mostrata molto relativa, ed uno sguardo più attento rivela gravi pericoli per lo stesso funzionamento del WTO che si potrebbero verificare già al prossimo vertice ministeriale di Cancun e, più in generale, nel perseguimento dell?attuale round negoziale basato sull?agenda dello sviluppo di Doha. La riprovevole vicenda sul negoziato sull?accesso ai farmaci in seno all?accordo TRIPS sui diritti di proprietà intellettuale del WTO è un innegabile segnale in tal senso. L?opposizione degli Stati Uniti su pressione della potente lobby farmaceutica americana e la debolezza dell?Unione Europea nel sostenere le richieste dei paesi più poveri hanno portato al mancato rispetto di un accordo multilaterale sancito a Doha nel novembre 2001 e salutato dalla società civile globale come uno dei pochi passi avanti a favore dei poveri nell?agenda del commercio mondiale. Di fronte ai ripetuti abbandoni dei tavoli negoziali da parte dei paesi africani a causa dell?intransigenza americana, che ricordano nelle modalità il fallimento di Seattle del dicembre 1999, è necessario chiedere una frenata al WTO che mira ad aggiungere altri temi alla sua agenda già controversa e sovraccarica. Il WTO si basa su regole decisionali assai precise, regolando in maniera chiara il funzionamento dei suoi organi comuni ed il rapporto tra i membri ed il segretariato, ma con il crescente atteggiamento poco democratico e poco trasparente dei paesi ricchi nei processi decisionali interni all?istituzione tali meccanismi non sono più in grado di garantire l?efficienza dell?apparato. La formula del ?single undertaking? – ossia per essere membri del WTO bisogna siglare tutti gli accordi negoziati in seno all?organizzazione, altrimenti si è fuori – appoggiato da un meccanismo di enforcement, che era stato pensato per permettere una mitigazione tra i vari interessi, ora si presenta come principale limite del WTO nel coniugare l?efficienza con la democrazia. Dalla ministeriale di Seattle in poi assistiamo ad una corsa al ricorso a nuovi meccanismi informali per trovare il consenso politico, che sono caratterizzati da un palese impiego di elementi di ?power politics? e da un crescente svuotamento di significato dei meccanismi formali democratici a partire dai gruppi di lavoro negoziali operanti a Ginevra. Ad esempio, i poteri dei presidenti dei vari tavoli negoziali e la prassi di presentare documenti consensuali in qualità personale che non rispettano lo status dei negoziati; il sistema delle cosiddette green rooms a Seattle e dei ?green chairmen? a Doha, che vedono un alto livello di discrezionalità riguardo alla selezione dei partecipanti; ed, infine, il sistema delle mini-ministeriali per preparare documenti consensuali tra interlocutori scelti da parte dei paesi che ospitano gli incontri. Tali meccanismi informali con la pretesa di aumentare l?efficacia dei negoziati alterano l?importante equilibrio tra efficacia e democrazia a scapito della democrazia. Le decisioni sulla politica commerciale di un paese, sono decisioni di lungo termine e devono essere sostenute dalle varie forze presenti nella società. Privilegiare decisioni rapide, a scapito della loro sostenibilità politica, sociale ed ambientale, danneggia il sistema di regole multilaterali per il commercio molto più che non un passo più lento, che però includa tutti gli attori nel processo decisionale. La crescente protesta della società civile globale, ma anche la crescente disillusione verso il WTO da parte di numerosi paesi in via di sviluppo, sono chiari segnali che un?efficienza senza democrazia non sarà tollerata. E? sconcertante che, ad esempio, i negoziati attuali sui servizi in ambito GATS dovrebbero rimanere segreti per non interferire con lo scopo di raggiungere rapidamente a conclusione. Un funzionante sistema multilaterale non può sacrificare principi di democrazia sull?altare dell?efficienza, che poi alcuni membri non sono in grado di inserire nell?assetto democratico interno. Quindi, il principio di efficienza non solo svuota il principio di democrazia interno all?organismo multilaterale, ma mette in pericolo la vita democratica interna dei paesi membri. Il WTO perno cruciale della sorte dell?intero sistema economico e commerciale multilaterale Bisogna ricordare come molti ambiti negoziali del WTO sono intimamente intrecciati con ambiti decisionali di altri meccanismi del sistema economico globale, soprattutto del sistema di Bretton Woods (Banca mondiale e Fondo monetario internazionale) nel quale i membri del WTO, soprattutto i paesi in via di sviluppo, hanno molto meno peso politico e poteri decisionali. I rapporti tra la segreteria del WTO ed i centri decisionali del sistema di Bretton Woods sono spesso informali e rischiano di portare ad uno svuotamento strutturale del potere negoziale in ambito WTO, soprattutto dei paesi meno forti e altamente indebitati, cioè i paesi che maggiormente dovrebbero godere dei vantaggi nell?ambito commerciale. Vari paesi ricchi ed in posizione influente nelle istituzioni di Bretton Woods possono condizionare la concessione di prestiti ad un paese in via di sviluppo al sostegno per i negoziati in ambito WTO. La diffusione di tale ?power politics? è l?effetto della collaborazione intima tra organizzazioni multilaterali a limitato contenuto democratico e costituisce un pericolo ancor più grave per il funzionamento del multilateralismo del tipo WTO che non i deficit democratici interni all?istituzione. Questa è la prova che l?anello democraticamente più debole della catena delle organizzazioni multilaterali determina la qualità democratica di tutto il sistema e che quindi è necessaria una riforma profonda anche del sistema di Bretton Woods, se si vuole creare un diverso sistema multilaterale di relazioni commerciali in seno ad un?organizzazione mondiale del commercio. La dilagante crisi del multilateralismo del tipo WTO viene anche nutrita dalla possibilità per i paesi potenti, primi fra tutti gli Stati Uniti, di scegliere liberamente quale meccanismo usare per sostenere i propri interessi nazionali. Non soltanto a livello finanziario, ma anche a livello commerciale i paesi forti dispongono di una serie di possibilità su dove e con chi negoziare le questioni commerciali, da trattative bilaterali ad accordi regionali. Il sistema WTO in questo quadro è solo una possibilità in più, da usare quando utile per avanzare i propri interessi e da bloccare in caso contrario. La possibilità di relativizzare arbitrariamente l?importanza del WTO rende la crisi del multilateralismo del tipo WTO un aspetto strutturale. Di fatto, basterebbe che gli Stati Uniti si ritirassero momentaneamente dal WTO, favorendo negoziati commerciali bilaterali e regionali, per far fallire l?intera istituzione o per svuotarla da ogni significato reale. Al riguardo risulta emblematica la questione degli investimenti, in cui gli Stati Uniti pretendono un accordo WTO estremamente aggressivo ed a loro vantaggio, altrimenti si possono accontentare degli accordi bilaterali e regionali esistenti ed in via di definizione bloccando qualsiasi negoziato diverso sugli investimenti in ambito WTO, o meglio UNCTAD nel sistema delle Nazioni Unite, che includa clausole sociali od ambientali. Fermiamo il WTO a Cancun per lanciare finalmente nuove regole globali per il commercio, la finanzia e l?economia mondiali La pace e lo sviluppo mondiale dipendono da sistemi multilaterali funzionanti, oggi più che mai. Dipendono da sistemi multilaterali così tanto che, se dobbiamo scegliere tra migliorare la loro efficienza o la loro democrazia, sarebbe in ogni caso da scegliere la democrazia. Tra limitare la rapidità di espansione o abbandonare la loro legittimità democratica, non esiste dubbio che dobbiamo rallentare. Il WTO si è allargato ed ha deciso su fin troppe questioni fin ad oggi, data la sua breve esistenza di meno di dieci anni. Ora dobbiamo ricavare il tempo necessario a ritrovare una diversa agenda commerciale internazionale e rivedere radicalmente il funzionamento democratico dell?istituzione ed i suoi rapporti con le altre istituzioni internazionali. Sosteniamo le richieste e l?azione della Campagna italiana ?Questo mondo non è in vendita? e del coordinamento globale Our World Is Not For Sale e crediamo che sia necessaria una cura dimagrante per il WTO: frenando l?allargamento del mandato del WTO ai nuovi temi proposti, tra cui gli investimenti, sui cui un ben altro dibattito internazionale non solo nel WTO è necessario prima di prendere qualsiasi decisione; affermando la supremazia delle regole internazionali su ambiente, diritti sociali e del lavoro e diritti umani sulla legislazione commerciale del WTO; escludendo i servizi essenziali e di significato pubblico dai negoziati GATS; permettendo ai governi di limitare la protezione dei brevetti se necessario per proteggere la salute pubblica e la sicurezza; escludendo qualsiasi forma vivente dalla brevettazione; abbattendo i sussidi per l?esportazione in ambito agricolo ed escludendo dal regime WTO le misure prese per promuovere e proteggere la sovranità e la sicurezza alimentare e le pratiche di agricoltura sostenibile dei piccoli contadini; riconoscendo e rafforzando un trattamento speciale e differenziato per i paesi in via di sviluppo; ed, infine, democratizzando il sistema decisionale del WTO e riformando radicalmente in senso democratico e trasparente il sistema di risoluzione delle dispute dell?organizzazione. Per questo invitiamo tutte le organizzazioni della società civile italiana a partecipare attivamente, ciascuna con le modalità che ritiene più opportune, agli eventi in programma in Italia dal 4 al 6 settembre prossimi a Riva del Garda a margine del Consiglio informale degli affari generali dell?Unione Europea, e soprattutto a mobilitarsi localmente in Italia il 13 settembre, ad un giorno dalla chiusura del vertice di Cancun, all?interno della giornata di azione globale per fermare il WTO promossa dalla rete Our World Is Not For Sale ed in Italia dalla Campagna ?Questo mondo non è in vendita? con il sostegno delle botteghe del commercio equo e solidale. Riteniamo, infatti, che sia nostro compito come società civile e dei parlamenti nazionali dei paesi ricchi quello di frenare la pericolosa corsa del WTO a Cancun per dare spazio alla creazione di un sistema commerciale internazionale che corrisponda alle capacità ed alle aspettative dei paesi in via di sviluppo, che oggi non riescono a coprire neanche tutti i negoziati in corso a Ginevra per mancanza di risorse finanziarie e di competenze tecniche. Occorre ricordare ai governi dei paesi ricchi che il loro potere è purtroppo pressoché illimitato e che devono abituarsi ad utilizzarlo in modo saggio con una visione di lungo periodo. Le macchine svedesi hanno un autolimitatore della velocità. Per i governi strapotenti la società civile globale è un limitatore di velocità che ricorda come i governi non abbiano ricevuto un mandato democratico per schiacciare il resto del mondo. Oggi il sistema ONU non ha forza, non possiamo negarlo, ma quanto meno gode ancora della fiducia della maggior parte dei paesi in via di sviluppo più di quanto abbia fatto il WTO da Seattle in poi. Non ci possiamo più permettere di vedere i negoziatori africani abbandonare i tavoli negoziali a Ginevra di fronte all?egoismo del settore privato dei paesi ricchi a cui danno voce i negoziatori del nord. Il sistema multilaterale ha bisogno di riforme profonde e compromessi di lungo periodo. L?agenda di Doha non è un?agenda di sviluppo ed è ben lontana da essere il frutto di un multilateralismo autenticamente riformato. Cambiare un sistema economico, finanziario e commerciale globale ha bisogno di tempo e non di strattoni affrettati frutto di una visione di breve periodo. La storia dei diritti umani, la vera conquista culturale e politica per l?umanità del secolo scorso, ci insegna che la strada é lunga e faticosa, ma si può andare avanti lentamente e con successo purché in una direzione diversa dalla visione neoliberista di oggi. Come cittadini del ricco nord siamo disposti ad ottenere meno e questo chiediamo ai nostri governi, se un tale impegno potrà salvare il pianeta e ridurre i conflitti tra chi ha troppo e chi non ha affatto. La conferenza di Cancun può chiaramente fallire. Difficilmente si avrà un effetto 11 settembre, come quello che catalizzò il risultato forzato di Doha, ma se gli eventi politico-militari ci metteranno di fronte all?alternativa o chiudere il round subito o niente, diremo niente, perché prima vogliamo valutare gli impatti del libero commercio sull?ambiente e lo sviluppo dei paesi più poveri e quindi definire le regole del gioco. Un possibile fallimento del vertice di Cancun aprirebbe una questione chiave: quella della governance, ossia del sistema equilibrato di regole da definire per l?attuale processo di globalizzazione economica, finanziaria e commerciale che l?intero pianeta sta vivendo con gravissimi impatti sociali, ambientali e sui diritti umani, poiché fino ad oggi incentrato sul dogma neoliberista della crescita economica a tutti i costi e dell?espansione del libero commercio come panacea di tutti i mali del pianeta. Modello la cui bontà non è mai stata dimostrata nei fatti dall?economia reale e dallo sviluppo dell?intero pianeta. Ma un fallimento di Cancun, dovuto ai profondi contrasti politici tra nord e sud del mondo e tra le due sponde dell?Atlantico, rischierebbe anche di offrire ai neo-conservatori, che oggi governano gli Stati Uniti, l?opportunità politica per diminuire il profilo Usa anche nel WTO, perseguendo il rafforzamento di accordi commerciali bilaterali e regionali, quali il famigerato ALCA in America Latina ed accordi bilaterali sugli investimenti imposti un po? ovunque nel mondo ai partner commerciali, senza alcun controllo democratiche e regole sociali ed ambientali. Questo sarebbe l?attacco finale al multilateralismo, che già fa acqua da tutte le parti. Per questo di fronte all?auspicato e possibile fallimento di Cancun la proposta della società civile globale di ottenere una pausa ed un rallentamento della folle corsa del WTO rimane quanto mai valida e cruciale per prevenire un pericoloso isolamento ed un atteggiamento unilaterale da parte degli Stati Uniti e per aprire l?opportunità politica per prefigurare un nuovo sistema multilaterale di relazioni internazionali giuste, eque e capaci di prevenire senza armi i conflitti di domani, e di nuove regole vincolanti fondate sui principi di trasparenza e partecipazione, controllo democratico delle risorse, di sostenibilità ecologica, di precauzione, di equità, e di cooperazione solidale.

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