Formazione

Col Vangelo e il contratto

Del sindacalista, don Giovanni ha mantenuto la voglia di lottare e di occuparsi dei problemi di chi un’occupazione non l’ha mai avuta o l’ha persa.

di Giampaolo Cerri

Se ne andò con una lettera ?agli amici e ai compagni del sindacato?. Spiegava che la nuova strada intrapresa lo portava via dall?organizzazione ma lo univa all?uomo ?nella sua totalità, comprese le sue problematiche e i suoi bisogni?. Tredici anni fa Giovanni Momigli, giovane sindacalista di belle speranze – appena trentaquattrenne era segretario regionale degli edili Cisl in Toscana e membro della segreteria nazionale – restituiva la tessera ed entrava in seminario. Indro Montanelli salutò la notizia dalle pagine del ?Giornale?: eravamo abituati a sacerdoti che facevano i sindacalisti, scrisse in un suo ?Controcorrente?, ma non a sindacalisti che scegliessero di esser preti. Un mastino nelle trattative. La notizia fece scalpore a Firenze dove Momigli era un personaggio pubblico, noto per le sue battaglie, a cavallo degli anni ?80, sul dramma della casa e impegnato quotidianamente a favore delle famiglie sfrattate. Un sindacalista appassionato, pronto a denunciare lo sfruttamento del lavoro nero, a segnalare il problema della sicurezza nei cantieri. Un mastino, il Momigli, che nelle estenuanti trattative costruttori e imprenditori edili avrebbero preferito non aver di fronte. Insomma, uno che, come dicevano molti iscritti al sindacato, avrebbe fatto strada nella Cisl e per il quale già si preparavano importanti incarichi nazionali. E invece, d?improvviso, la svolta. Certo, chi condivideva il suo impegno sindacale conosceva Momigli come uomo profondamente religioso, un cristiano tutto d?un pezzo, ma pochi potevano prevedere questo passo così clamoroso: farsi prete. Il sacerdozio di don Giovanni, però, era tutt?altro che una ?fuga mistica?: negli anni successivi, tutto il suo lavoro di parroco nel quartiere fiorentino di San Donnino e direttore dell?Ufficio diocesano per la pastorale sociale e del lavoro, avrebbe confermato l?impegno con cui il sindacalista Momigli si accomiatò dai compagni di lotta. L?ex dirigente cislino guida oggi la Fondazione per il Lavoro della Arcidiocesi di Firenze, costituita recentemente per intervenire sul fronte della disoccupazione creando imprenditorialità non-profit. Quei milioni del cardinale Un organismo voluto fortemente dal cardinale Piovanelli che lo ha finanziato coi 300 milioni ricevuti per il suo mezzo secolo di sacerdozio e che oggi è segno ?modesto, ma concreto? di una Chiesa che non si limita a esortare ma non tralascia nulla per testimoniare la sua vicinanza all?uomo. La Fondazione, attraverso contributi diretti, garanzie sui crediti bancari, o anche finanziamenti per abbattere o azzerare gli interessi passivi, sosterrà nuove imprese che producano servizi alla persona e alla società. Obiettivo prioritario del nuovo organismo sarà il sostegno a disoccupati fra i 40 e i 50 anni, troppo giovani per accedere al sistema previdenziale e troppo vecchi per ricollocarsi. «Oltre a una scelta di solidarietà», spiega don Giovanni, «è anche un segnale politico: chi si interessa, oggi, a queste persone?». Tentare risposte ai bisogni, segnalando al tempo stesso i problemi che li originano: è il metodo della Fondazione fiorentina, che ha già avviato rapporti con le categorie economiche e sociali di tutta l?area. «Vorremmo realizzare stage per riqualificare in azienda questi lavoratori», dice don Momigli, «acquisire nuove professionalità, lavorando in imprese che si rendano disponibili a questo scopo». La Fondazione potrebbe intervenire pagando ?borse di inserimento? per questi lavoratori: un periodo retribuito per imparare un mestiere nuovo. Ma non è compito dello Stato? Si è chiesto qualcuno. Che c?entra la Chiesa con la disoccupazione? «L?abbiamo scritto chiaro nel nostro statuto», risponde don Momigli, «riprendendo il documento conclusivo del recente Sinodo, la validità di una città è anche la vitalità del suo lavoro, perché il lavoro occupa un posto fondamentale nella vita di ogni uomo e ogni donna». E scorrendo la ?Carta fondamentale? della Fondazione si trovano altri passi illuminanti: ?Il lavoro oltre ad essere una necessità umana, sociale ed economica, è anche un imperativo etico che interpella tutti, senza distinzioni?. Un richiamo a cui don Giovanni Momigli risponde senza esitazione. A San Donnino, ?periferie delle periferie? per essere all?incrocio dei sobborghi di Firenze e di quelli dei principali centri del suo hinterland, il sacerdote ha iniziato un coraggioso lavoro di riaggregazione sociale, costituendo nei locali della parrocchia un laboratorio, che ha chiamato ?Spazio reale?, dove si fa formazione professionale, sport per i giovani, attività educative e ricreative per le famiglie con i figli più piccoli. «Sono partito da una frase del Vangelo: ?Vieni e vedi?», racconta, «e allora, cominciando dagli stessi ambienti parrocchiali, mi sono impegnato in un lavoro di recupero, riordino e ampliamento, per rendere questo posto un luogo in cui si cerchi di rendere significativa la vita ordinaria, la normalità». Combattere il disagio per linee di ordinarietà, dare senso al quotidiano come risposta alle alienazioni. Che ne penserà Montanelli? E a San Donnino i problemi non mancano: a cominciare da un?immigrazione cinese da record, che ha fatto scoprire il tarlo del razzismo. «Ma c?è anche il problema delle tossicodipendenze, dell?abbandono scolastico, della disoccupazione», aggiunge il parroco, il quale, convinto che non si possa solo fronteggiare le emergenze ma si debba lavorare alla radice, sta rifacendo il tessuto sociale della sua comunità. E del sindacalista Momigli che è rimasto? «Nella lettera agli amici della Cisl», risponde, «citavo un passo del Catechismo: ?L?uomo è l?eterno roveto ardente di Dio?. L?eterna attenzione all?uomo mi aiuta ad incontrare Cristo. Oggi più di allora». Che ne penserà Montanelli? La Fondazione Dalla Curia alla fabbrica «La Fondazione per il lavoro nasce dalla sollecitudine della Chiesa fiorentina e del suo vescovo per questi problemi». Don Giovanni Momigli spiega così l?esperienza dell?arcidiocesi di Firenze, una delle prime in Italia, a varare iniziative simili nel campo dell?aiuto a creare nuove opportunità di lavoro e nuove forme di imprenditorialità nel settore del non profit. Fondazione nata per espressa volontà del cardinale Piovanelli che recentemente ha devoluto allo scopo i 300 milioni di offerte ricevuti nel 1997 per i suoi cinqunt?anni di sacerdozio. Del resto, l?attenzione per i problemi della disoccupazione è sempre stata tra le priorità pastorali della Curia fiorentina che, qualche tempo prima della nascita della Fondazione aveva lanciato la ?Vertenza Firenze?, una sorta di appello pubblico a tutte le forze politiche, sindacali e imprenditoriali della città, per fronteggiare le emergenze occupazionali sempre più grandi (dismissioni di gruppi industriali, ristrutturazioni selvagge). «Il lavoro è un bene così importante nella vita delle persone, delle famiglie e della società intera», ha ripetuto in più occasioni il cardinale Piovanelli, «che le istituzioni e le categorie economiche e sociali devono porlo al primo posto».


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