Proposte
Babysitter detraibili per aiutare le mamme lavoratrici
Dopo il dossier della Camera sull'occupazione femminile, la presidente di Associazione italiana imprenditrici e donne dirigenti d'azienda - Aidda, Antonella Giachetti: «Una neomamma su cinque lascia il posto di lavoro. Servono più infrastrutture e defiscalizzazione»
I numeri continuano a mostrare un problema reale della nostra società. «Una neomamma su cinque lascia il proprio posto di lavoro: un dato da aggiungere a quello, già importante, del basso tasso di occupazione femminile in Italia, in questo fanalino di coda nella Ue. Occorre un impegno primario per cancellare questo bivio tra lavoro e famiglia, che arreca un danno economico e sociale a tutto il paese. Bisogna partire sempre dalla necessità di una trasformazione di paradigma del pensiero». A parlare è Antonella Giachetti, presidente nazionale dell’Associazione Imprenditrici e Donne Dirigenti di Azienda, Aidda, commentando l’ultimo dossier del Servizio studi della Camera sull’occupazione femminile.
Giachetti, ci spieghi la “trasformazione di paradigma del pensiero” a cui fa riferimento.
Bisogna fare riferimento al problema di “accomodare i cocci” con il pianeta e anche con noi stessi e di conciliare i ritmi di vita e di lavoro. Abbiamo dato vita a un sistema efficiente e produttivo di crescita, ma che non permette un naturale svolgimento della vita stessa. Accantoniamo un attimo il tema del rapporto con il pianeta. C’è un problema paese, di infrastrutture sociali che non sono sufficienti. In questo panorama di difficoltà e di tempi lunghi nella trasformazione di paradigma del pensiero, abbiamo proposto di iniziare dal rendere meno oneroso per le donne, soprattutto per quelle meno abbienti, il poter uscire di casa per andare a lavorare e lasciare una persona che tiene il bambino o che pulisce casa.
Qual è la vostra idea?
La nostra idea è di pagare regolarmente una babysitter, ma di poter detrarre integralmente queste spese dal reddito imponibile, in modo che la donna si mantenga il posto di lavoro. La spesa è comunque inerente alla produzione del reddito: in una famiglia, se non si ha un aiuto, uno dei due genitori è costretto a restare a casa. E in più del 90% dei casi il genitore che resta a casa è la donna. Fare la “dea Kalì” è la nostra specialità, ma dobbiamo smettere. C’è un processo grande che non si risolve solo con una detassazione ma, ripeto, con un cambio di paradigma profondo del pensiero, dove nella società la dimensione della cura sia vista in una dimensione antropologica della società stessa, non relegata nelle case a carico delle donne. Fino a oggi nella società si è agito per interesse e potere. Invece il discriminante dovrebbe essere la cura, a quel punto andrebbero a posto tutti i tasselli.
Può spiegarci meglio?
Se il criterio decisionale è la cura, che è una dimensione di responsabilità affettiva verso le persone, le cose, si mettono a posto anche i danni con il pianeta. Se, invece, il primo criterio decisionale è l’interesse e il potere, si fa il bene totale di quel momento e non il bene comune. Quello che si può suggerire sono “toppe” per arrivare a rimuovere quel problema, ma bisogna comunque arrivare a rimuoverlo quel problema. Anche il provvedimento di deduzione dal reddito per le babysitter vorrebbe dire aver cambiato un’ottica di criterio nella scelta politica delle tassazioni. Perché un viaggio in treno è deducibile e non lo è ciò che ti permette di uscire dalla porta di casa per andare a lavorare? In un momento, tra l’altro, in cui lo Stato ha bisogno di incrementare una natalità perché siamo a rischio estinzione. Siccome c’è una politica importante nell’incremento della natalità, deve esserci una volontà politica anche nell’agevolare la maternità. Si potrebbe obiettare che sono soldi importanti per lo Stato, questi della deduzione delle spese per le babysitter. Ma potrei rispondere che, se cominciassimo a far emergere i redditi delle babysitter e delle donne di servizio, forse ci pagheremmo le imposte delle madri che non pagano più i contributi del loro posto di lavoro perché un lavoro non ce l’hanno più. Non so quante baby sitter dichiarino quello che guadagnano…
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Una neomamma su cinque lascia il posto di lavoro, secondo i dati del dossier della Camera sull’occupazione femminile.
Questo dato ci ha lasciato sconcertate. Lo sapevamo che questo era il problema, ma vedere questo dato scritto, così eclatante ci ha fatto molto effetto. Per questo ci è venuta in mente l’idea della defiscalizzazione delle spese per le baby sitter. È inutile riempirci la bocca di idee per raggiungere la parità di genere. Tutto quello che la donna fa deve diventare un tema della società e non solo della donna. La società deve mettere al primo posto il benessere dell’individuo. Nel benessere dell’individuo c’è un Pil diverso dal Pil che contiamo noi, c’è anche la natalità. Che vuol dire la scelta dei giovani di farsi una famiglia. Quando si parla di crescita mi indispettisco: non bisogna parlare di crescita ma di sviluppo. La scelta di avere un figlio è importante nella vita di una donna: non è fondamentale che diventi madre ma è importante che scelga in modo libero.
Nel contesto europeo, il tasso di occupazione femminile in Italia risulta essere – secondo dati relativi al quarto trimestre 2022 – quello più basso tra gli stati dell’Unione europea, essendo di circa 14 punti percentuali al di sotto della media Ue: il tasso di occupazione delle donne di età compresa tra i 20 e i 64 anni è stato, infatti, pari al 55%, mentre il tasso di occupazione medio Ue è stato pari al 69,3%.
L’Italia ha il tasso di occupazione femminile più basso d’Europa, siamo fanalino di coda. È un dato allarmante, si porta dietro un discorso di non indipendenza della donna, un rischio maggiore di ricatti da parte del partner. Ricordiamoci che l’autonomia femminile è il presupposto di un equilibrio nella coppia. Se non si avvia un percorso di trasformazione dell’organizzazione della nostra società questo problema continuerà a riproporsi ogni anno. Oggi abbiamo un servizio di prossimità e di cura che è prevalentemente a carico delle madri e queste si trovano, quindi, costrette a dover lasciare il lavoro. Un’altra azione importante, che noi di Aidda sosteniamo, è quella dello sviluppo delle micro attività nei territori, non solo cittadini ma anche periferici. Il problema delle persone che vivono nelle città è individuale: non c’è il culto che il bambino è di tutti, della territorialità. Se diamo la possibilità alle donne di fare micro attività professionali nei centri, nei borghi, nelle città periferiche, diamo loro la possibilità di unire casa e bottega. Nelle nostre città noi donne dobbiamo essere dei canguri, saltare da una parte all’altra per gli impegni familiari e professionali. Tutti dicono che c’è un grande benessere, è vero ma c’è anche un alto tasso di suicidi e di disperazione. Io amo lo sviluppo, non dico che si stava meglio quando non avevamo tutto quello che abbiamo oggi. Ma ricordiamoci che siamo partoriti dalla terra. E si crea una grande infelicità, una grande rabbia e una grande disuguaglianza. La disuguaglianza è un problema pari al cambiamento climatico.
Il tasso di occupazione femminile in Italia risulta essere quello più basso tra gli stati dell’Unione europea, di circa 14 punti percentuali al di sotto della media Ue. Nell’ultimo trimestre 2022 il tasso di occupazione delle donne tra i 20 e i 64 anni è stato pari al 55%, mentre il tasso di occupazione medio Ue è stato pari al 69,3%
Lei ha detto: «C’è un tema, più astratto, eppure centrale che è il ritmo dell’attuale sistema economico che è significativamente lontano da quello della vita naturale». Torniamo al concetto dell’«accomodare i cocci con il pianeta» di cui parla all’inizio di quest’intervista.
Il ritmo della natura è “generare, trasformare, morire”. Il nostro ritmo è “produrre, costruire, consumare, distruggere”. È un altro ritmo. Noi donne, che siamo naturalmente portatrici della legge della vita (pensiamo al ciclo dell’ovulazione che va con la luna), come possiamo vivere ad un ritmo che è “produrre, costruire, consumare, distruggere”? Forse, se vogliamo ritrovare un equilibrio che promuova il valore del lavoro e al tempo stesso lo sviluppo della vita delle persone, serve più elasticità e flessibilità negli orari e nell’organizzazione del nostro sistema avendo attenzione ai ritmi naturali. Questa è forse anche una strada per iniziare a ristabilire un equilibrio con il pianeta, unendo una svolta sociale ed economica alla necessaria transizione ecologica per riparare i molti danni inferti all’eco sistema negli ultimi decenni. Noi di Aidda organizzeremo un evento il 25 gennaio alla Camera dei Deputati “Un turismo che nutre l’anima e crea prosperità”, con l’ideazione di percorsi alternativi fuori dai grandi attrattori culturali, enogastronomici e paesaggistici, che portino uno sviluppo, sono attività esperienziali sostenibili. Inoltre, attraverso un’azione di ripopolamento dei territori periferici, si dà da lavorare con ritmi di vita non devastanti.
Foto di apertura di congerdesign su Pixabay.
Foto dell’intervistata per gentile concessione dell’ufficio stampa dell’associazione Aidda
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