Welfare

Il carcere che verrà Quasi una rivoluzione

Il Senato abolisce l’ergastolo, i reati minori sono depenalizzati. Cambiamenti concreti, presto accompagnati da altri passi avanti.

di Cristina Giudici

Nulla sarà mai più come prima nelle carceri italiane. Dopo anni di denunce cadute nel vuoto, promesse non mantenute e proteste che non varcavano mai le soglie di portoni blindati, è in arrivo la grande trasformazione. Provvedimenti, disegni di legge, riforme e progetti stanno per cambiare il volto del sistema penitenziario. O almeno questa è la speranza del partito ?galeotto? che riunisce mondo politico, società civile, giuristi, umanisti e vertici istituzionali. L? abolizione dell?ergastolo approvata a grande maggioranza dal Senato il 30 aprile è solo l?ultima delle riforme in atto. Madri detenute agli arresti domiciliari, agevolazioni fiscali per i detenuti lavoratori, istituti piccoli e più umani, pene alternative e sopattutto più assistenti sociali e meno agenti. Per capire la portata delle novità, ?Vita? è salita sul treno del cambiamento in compagnia del direttore generale degli Istituti di pena, Alessandro Margara, che fa un appello al volontariato. «Le leggi da sole non bastano», dice, «il sistema penitenziario può funzionare solo se il mondo della solidarietà sociale ci aiuta». Ergastolo. Le macabre cartelle dei detenuti con il timbro ?fine pena mai? passeranno a far parte della storia. Il 30 aprile dell?anno del Signore 1998 il Senato ha dato il primo via libera all?abolizione dell?ergastolo, da sostituirsi con la ?reclusione speciale?, una pena detentiva che non supererà il tetto dei 33 anni di carcere. Una riforma senza precedenti che ha già innescato la polemica nel mondo politico. Margara, regista del cambiamento, non usa mezzi termini: «L?abolizione dell?ergastolo è un segno importantissimo di cambiamento in materia di politica penale. Una sentenza della Corte costituzionale di 24 anni fa ha definito che l?ergastolo non è una pena anticostituzionale perché il codice penale prevede la liberazione anticipata. Ma questo è diverso da dire che è perfettamente in regola con la Costituzione. Il fronte contrario all?abolizione teme che si abbassi al guardia davanti alla criminalità organizzata. Io penso che la criminalità organizzata non si impressioni di fronte all?eventualità dell?ergastolo: forse mi sbaglio ma l?unico modo per combatterla è quello di abolire il contesto depresso in cui si muove come un pesce nell?acqua». Depenalizzazione dei reati minori. Dopo un anno e mezzo di attesa, la legge Simeone-Saraceni sulla depenalizzazione dei reati con pene non superiori ai tre anni è stata approvata e il volontariato penitenziario ha tirato un sospiro di sollievo. Una volta in vigore, la normativa provocherà un blocco degli ingressi in carcere per persone che hanno commesso reati lievi, soprattutto vincolati alla tossicodipendenza. Inoltre, la legge prevede uno stanziamento straordinario del bilancio ?98 per assumere 600 assistenti sociali che ex novo gestiranno l?affidamento ai servizi sociali dei condannati. Spiega Margara: «Per qualche mese ci sarà un decremento dei nuovi ingressi anche se il nuovo impianto delude coloro che auspicavano un maggior automatismo nel ricorso alle pene alternative, soprattutto se consideriamo che più della metà della popolazione penitenziaria potrebbe avvalersene. Certo, chi non conosce la legge e non ha avvocati per chiedere l?affidamento non ne usufruirà. Il disegno di legge, però, non ha affrontato l?ingranaggio fondamentale che fa funzionare il meccanismo delle pene alternative: la magistratura di sorveglianza. Oggi la struttura giudiziaria deputata non è in grado di far fronte all?emergenza carcere». Lavoro. È il capitolo più nero della storia carceraria. A dispetto del principio generale della Costituzione che prevede la finalità rieducativa della pena e dell?ordinamento penitenziario che lo considera elemento principale del trattamento rieducativo del condannato, il lavoro non c?è. Attualmente i detenuti lavoratori sono solo diecimila. Dal 1990 sono dimezzati. Per chi sta in carcere sa benissimo che l angoscia del tempo che non passa mai è addirittura più dilaniante della privazione della libertà stessa. Ma il lavoro è anche lo strumento necessario per potere accedere alle misure alternative che i magistrati di sorveglianza concedono con il contagocce. Nel corso del?97, il Tribunale di sorveglianza della Lombardia ha ricevuto 13 mila richieste di semilibertà, ma oggi le uniche opportunità di lavoro arrivano solo dal mondo del non profit. Il senatore Carlo Smuraglia, presidente della Commissione lavoro del Senato ha presentato un progetto di legge, realizzato in collaborazione con le associazioni di volontariato, per favorire agevolazioni fiscali alle imprese pubbliche e private che organizzano attività produttive o di servizio all?interno degli istituti di pena. Puntualizza Margara: «Per concedere le misure alternative i magistrati hanno bisogno di verificare l?affidabilità di detenuti e di trovare disponibilità all?esterno. Il progetto del senatore Smuraglia è un grosso passo avanti, ma dobbiamo anche creare centri di servizio all?esterno e contare su più ampie risorse umane. La risposta ai mali del carcere è una sola: si chiama società». Intanto i detenuti sono così disperati che, per uscire, hanno chiesto ai magistrati di far ricorso al lavoro volontario e casalingo. «Lo prevede la legge», assicura Margara, «ma con gli sgravi fiscali tutto sarà più facile anche negli istituti». Madri detenute. Non dovranno stare più in prigione. Maria Rosa Belloli, condannata all?ergastolo e madre di Carolina strappatale all?età di tre anni, ha scritto in una lettera: «Voi non avete idea dello strazio quotidiano che viviamo noi genitori, quando alle sei di ogni pomeriggio dobbiamo rientrare in carcere e Carolina si rannicchia da qualche parte per strada, sul tram o dietro alla porta di casa urlando e singhiozzando…». La legge attuale prevede il differimento di pena solo per il primo anno di vita del bambino, poi i figli seguono la madre in carcere dove rimarranno fino ai tre anni di vita. «Il disegno di legge presentato dalla ministra per le Pari opportunità, Anna Finocchiaro, già approvato dal Consiglio dei ministri, permetterà alle madri di stare fuori dal carcere fino all?ottavo anno di età. Purtroppo le persone che potranno beneficiare di questa legge sono un numero modesto», insiste Margara, garantista puro, «perché, tranne in alcuni casi, spesso è difficile fare una cernita fra i reati gravi e meno gravi ». Le donne detenute sono 2082 e i bambini in carcere 56. La battaglia per liberarli è iniziata quando al direzione delle carceri arrivò Michele Coiro. La nuova legge prevede anche una ?detenzione domiciliare speciale? per pene più elevate e dopo un quarto della pena, in caso di ergastolo. Il padre può accedere allo stesso beneficio in caso la madre sia deceduta o impossibilitata a dare assistenza ai figli. In futuro ci sarà anche un?assistenza esterna che permetterà alla madre di seguire il figlio almeno in certi orari. «Comunque i bambini non andranno più in carcere», asserisce Margara. Volontariato. Prolifica in tutte le carceri. La loro parola d?ordine è: meno galera per tutti. Un?intenzione che coincide con quella di molti direttori d?istituto e dello stesso Margara, che afferma: «Le leggi ci sono, la riforma penitenziaria è del ?75, ma da soli non ce la facciamo. Noi creiamo le condizioni per sfollare le carceri, ma ci vuole un?opera di sensibilizzazione dei Servizi sociali per adulti e del mondo non profit». Della serie ?non lasciateci soli?. I progetti e i protocolli d?intesa fra le Regioni e il dipartimento di Amministrazione penitenziaria (che prevedono convenzioni con associazioni e enti del privato sociale) sono già dieci. Il protocollo d?intesa presieduto al giudice Maisto che verrà firmato a fine maggio dall?Amministrazione penitenziaria e dalla Regione Lombardia è fra quelli più all?avanguardia. Fra le altre cose prevede istituti penitenziari con capienza massima per 250 detenuti, un villaggio che ospiti le mamme detenute con i loro bambini, un istituto apposito per i detenuti tossicodipendenti della Lombardia a struttura comunitaria, un reparto ospedaliero per detenuti al San Paolo di Milano, case della Regione ristrutturate dall?Amministrazione penitenziaria per detenuti in semilibertà, centri di servizi per dar lavoro ai detenuti fuori dal carcere. E allora addio al vecchio carcere che doveva per forza fare male e punire. Addio ai bunker da cui si usciva solo a fine pena e addio agli hotel a una stella dove trovavano riparo i miserabili del mondo. Sì, forse davvero nulla sarà più come prima. L?opinione di Giovanna Pugliese Meno galera per tutti, però È vero, il carcere sta cambiando, alcune riforme sono state fatte e due leggi, la Simeone-Saraceni e l?abolizione dell?ergastolo, sono praticamente in porto. Ma il mondo del volontariato penitenziario non si riterrà soddisfatto finché i tossicodipendenti avranno un trattamento differenziato, i malati di Aids verranno scarcerati e la società si libererà dalla necessità del carcere. Sono ottimista, ma anche arrabbiata perché ci sono voluti anni di proteste, tanto impegno da parte nostra e molta, troppa pazienza. La lotta per abolire l?ergastolo è stata una battaglia culturale che, purtroppo, ancora oggi vede una maggioranza degli italiani contro. Sono in molti a non capire che il carcere non è un cassonetto per il disagio sociale e che non è certamente un ?fine pena mai? che potrà ripagare le vittime del terrorismo. Forse 33 anni di galera non rappresentano una pena certa? Il problema sta altrove e coinvolge direttamente il volontariato. Oggi tutti fanno appello al volontariato. Alla Convention di Padova il non profit ha ricevuto un riconoscimento inedito, ogni volta che il ministro Flick si presenta a un convegno chiama in causa il privato sociale, e adesso il direttore degli istituti di pena, Alessandro Margara, che noi consideriamo una personalità straordinaria, fa un appello alle associazioni per applicare le leggi. Noi non possiamo né vogliamo sostituire lo Stato. È vero che nella Regione Lazio abbiamo portato a termine un delicato progetto di reinserimento dei detenuti in cui i carcerati venivano avviati al reinserimento lavorativo attraverso il simultaneo accompagnamento delle famiglie, ma non tutte le strade portano a Roma e a Rebibbia. Noi vorremmo che anche a Taranto i detenuti potessero intravedere un futuro. Il nostro appello a Margara è: meno galera per tutti. associazione ?Ora d?aria?


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