Politica & Terzo settore

Disabilità, scontro associazioni-Lombardia sul taglio ai caregiver

Dall’1 giugno 2024 più di 7mila sussidi per l’assistenza familiare saranno ridotti da 650 a 400 euro mensili. L'assessore Lucchini: «Non tagli ma una rimodulazione dei servizi dati direttamente alle persone con disabilità in base al Piano nazionale non-autosufficienza del 2022. Abbiamo previsto cinque mesi “cuscinetto” e chiesto al ministero una proroga». «Si toglie un sostegno per offrire servizi non richiesti: non ci sembra un grosso affare» dice Giovanni Merlo, direttore dell’associazione Ledha

di Ilaria Dioguardi

Lombardia double-face: da una parte esenta dal pagamento dell’Irap tutte le ex onlus che, iscrittesi al Registro unico del Terzo settore, rischiavano di perdere questa facilitazione e, dall’altra, taglia i sussidi per i caregiver famigliari.

Proprio così, dall’1 giugno 2024, con la delibera n. 1669 approvata dalla Giunta regionale il 28 dicembre 2023, il sussidio per l’assistenza famigliare passerà da 650 a 400 euro per più di 7mila persone con disabilità grave o gravissima.
«Non si tratta di tagli, ma di una rimodulazione dei servizi che vengono dati alle persone con disabilità. Si tratta di una norma nazionale che siamo obbligati a recepire, tutte le regioni lo dovranno fare», assicura a VITA Elena Lucchini, assessore alla Famiglia, Solidarietà sociale, Disabilità e Pari opportunità.
Il Piano nazionale per la non autosufficienza, approvato nell’ottobre del 2022, prevede l’obbligo per le Regioni di incrementare la quota delle risorse destinate ai servizi che, per la Lombardia nell’anno 2024, dovrà raggiungere la percentuale del 15% dei fondi di provenienza statale. La norma nazionale prevede, quindi, una graduale attuazione dei Livelli essenziali di prestazioni sociali – Leps, che si concretizzerà in un graduale passaggio dagli attuali trasferimenti monetari all’erogazione di servizi.

Elena Lucchini, foto Regione Lombardia

«Sono io la prima a capire questa situazione», continua l’assessore, «mia nonna non era autosufficiente, avevo un caregiver familiare in casa. Comprendo bene quello che hanno vissuto i caregiver di persone con disabilità, quando è arrivata la comunicazione riguardante l’assegno famigliare ho cercato di renderla meno traumatica possibile. Quindi, abbiamo previsto un periodo “cuscinetto” di cinque mesi, prima che la riduzione entri in vigore. Ho scritto una lettera al ministro Marina Calderone (che ha in gestione il Fondo Nazionale per le non Autosufficienze, Fna, ndr), chiedendo una proroga dell’entrata in vigore, per portare avanti la voce delle associazioni, delle famiglie delle persone con disabilità. Non perché i servizi non siano all’avanguardia nella nostra regione, ma credo che questa modifica (che sarà sicuramente importante) debba essere il più possibile indolore, non dobbiamo lasciare indietro nessuno. Contestualmente», conclude Lucchini, «ho mandato una mail alla Commissione Politiche sociali della Conferenza delle Regioni per chiedere di trattare questo punto all’ordine del giorno della prossima commissione, mi è stato assicurato che l’argomento verrà trattato, e sto lavorando anche per reperire nuove risorse».

Regione Lombardia incrementa con risorse proprie i fondi statali relativi alla disabilità grave e gravissima. Il 28 dicembre è stato approvato il programma operativo per il 2024 a favore delle persone con grave e gravissima disabilità e in condizione di non autosufficienza che, ai fondi nazionali, somma uno stanziamento aggiuntivo di 13 milioni dal Fondo sanitario regionale e 14 milioni di risorse proprie, alle quali si aggiunge un impegno per 3,5 milioni ulteriori per la misura B1, votato dalla maggioranza in sede di approvazione del Bilancio di previsione con un apposito ordine del giorno. Nelle annualità precedenti la compartecipazione di regione Lombardia, oltre alle risorse del Fondo sanitario regionale, ammontava a 10 milioni di euro, aumentata a 13,4 milioni nel 2023 e ulteriormente ampliata per il 2024 con il Bilancio approvato a dicembre di quest’anno.


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«Questi cinque mesi di proroga prima della riduzione dei sussidi ai caregiver famigliari servono ai comuni per riorganizzare i servizi in assistenza diretta. In realtà, o si riesce a interrompere questa misura in tempi molto veloci, oppure una volta che la “macchina” è avviata sarà molto difficile fermarla. Il tema che noi poniamo è la richiesta al ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, e di conseguenza alla regione, di togliere quel vincolo dell’erogazione dei servizi in forma diretta in modo da poter interrompere la progressione, la messa in opera della ripresentazione della delibera sul nascere, altrimenti i comuni iniziano a lavorare in questi mesi e poi sarà difficile interrompere un lavoro avviato. È meglio chiarire la questione subito, in modo da capire in che direzione si sta andando», dice Giovanni Merlo, direttore di Lega per i diritti delle persone con disabilità – Ledha.  

Giovanni Merlo, direttore di Lega per i diritti delle persone con disabilità-Ledha.
Credits ufficio stampa Ledha

«C’è comunque un taglio di contributo: se ricevo 400 euro invece di 650, i soldi in tasca sono meno. La delibera prevede che quello che non viene dato in forma di soldi, viene dato in forma di servizi, questo pone molti problemi e non risolve nulla. Si toglie un sussidio per offrire servizi non richiesti: non ci sembra un grosso affare. Le risorse del Fondo sanitario regionale sono aumentate, ma il problema è che aumenta di alcune centinaia ogni anno il numero di persone che hanno diritto di accedere alla misura B1 in Lombardia: si è passati da 9169 persone in carico nel 2021 a 10.333 nel 2022 a 10.662 nel 2023 (ma quest’ultimo dato è fino al 30 settembre 2023). È, quindi, probabile che nel corso nel 2024 si raggiunga il numero di 11mila. Con questa crescita del numero di persone con disabilità grave e gravissima, l’aumento delle risorse non è sufficiente», continua Merlo.

«Le risorse dello Stato sono appena sufficienti a mantenere la misura in piedi, ogni anno ne mancano e la regione deve integrare con le sue misure. Quello che mettiamo in evidenza è che si va a caricare di lavoro il sistema dei servizi sociali e comunali, già sotto stress, per offrire servizi che, in realtà, le persone non richiedono. Una persona può scegliere se richiedere il contributo per il caregiver famigliare o professionale, se si richiede quest’ultimo il contributo è anche maggiore. Se si è fatta la scelta di avere il caregiver famigliare non si sta chiedendo di avere dei servizi, sono imposti ma non sono richiesti. E questi servizi non compenseranno quei 250 euro al mese in meno perché, tradotto ad esempio in assistenza domiciliare (sempre che si trovi il personale a sufficienza), si parla di un paio di ore alla settimana. In più, non si può scegliere chi far venire a casa propria. Sono servizi che non vanno incontro alle esigenze delle famiglie e che limitano la libertà di scelta, piuttosto sono un’imposizione, non accompagnano le persone verso un percorso, come potrebbe essere un mix tra servizi professionali e famigliari. Senza contare che gran parte dei soldi di cui hanno diritto i caregiver vanno a compensare mancati introiti, che non ricompenseranno mai perché sono molti di più. Queste risorse sono giustificate dal mancato lavoro di un caregiver e anche di tante spese in più che l’assistenza a una persona con gravissima disabilità comportano, che non sempre vengono coperte da servizi sociali e sanitari. Quindi quei soldi servono. Speriamo il Ministero risponda molto rapidamente e che conceda alla regione Lombardia di rimandare l’applicazione di quel piano, in modo che si possa ridiscutere tanto a livello regionale quanto nazionale».

Foto di apertura di truthseeker08 su Pixabay

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