Welfare

Parla don Giancarlo Perego, della Caritas. Reddito ultima istanza?

"Rischia di essere una misura che parcheggia invece di reinserire chi non ha lavoro".

di Francesco Agresti

La lotta all?esclusione sociale cambierà strumentazione. Con il Dpef, dando seguito a quanto previsto nel Patto per l? Italia, il governo ha confermato la fine della sperimentazione del Reddito minimo di inserimento, misura introdotta con il decreto legislativo 237 del 98. Sarà sostituito dal Reddito di ultima istanza, ma l?idea non piace e preoccupa don Giancarlo Perego, vicepresidente della Caritas italiana e membro della Commissione di indagine sull?esclusione sociale.
Vita: Perché non condivide la proposta di sostituire il Reddito di inserimento con quello di ultima istanza?
Giancarlo Perego: Il Reddito di ultima istanza ci sembra sia uno strumento dalle finalità diverse da quelle del Reddito di inserimento che serviva a favorire i processi di integrazione lavorativa, sociale e alcune volte psicofisica. Non era un buono utile a integrare un reddito troppo basso, ma serviva, per esempio, ad avviare processi di inclusione, favorire il ritorno a scuola dei ragazzi, attivare percorsi formativi per disoccupati di lunga durata. Quello di ultima istanza è una misura che tenta di tamponare situazioni di difficoltà attraverso la concessione di una sorta di bonus senza tener conto del suo impiego.
Vita: Ma, si dice, il reddito di inserimento non ha funzionato.
Perego: Il giudizio viene formulato su una sperimentazione partita con forte ritardo prima in 39 Comuni, ampliata poi in oltre 230 Comuni senza nemmeno avere i risultati completi. Sopprimere il Reddito di inserimento su queste basi ci sembra un non senso. Negli altri Paesi europei, Belgio, Francia, Spagna, solo per citarne alcuni (solo Grecia, e ora Italia, non hanno uno strumento simile), è una delle esperienze più importanti sul fronte della lotta all?esclusione sociale.
Vita: Dove non ha funzionato, perché ha fallito?
Perego: La mancanza di assistenza sociale è uno dei motivi principali del fallimento in alcune zone del Sud, in cui è stato utilizzato semplicemente come un buono o come merce di scambio politico, di gestione del consenso. Come Caritas abbiamo realizzato un?analisi da cui è emerso che una misura di questo tipo per funzionare ha bisogno di una sorta di tutoraggio. è mancato il coinvolgimento del privato sociale cui invece si doveva far ricorso sia nella fase di individuazione dei soggetti che in quella di gestione dei progetti di inserimento. Laddove il non profit è stato coinvolto si sono avuti ottimi risultati.
Vita: Che ruolo avrà il privato sociale con il reddito di ultima istanza?
Perego: Occorre vedere come sarà sperimentato. Così come è nato all?interno del Patto per l?Italia, e per come è stato descritto dalle prime indicazioni che sono emerse, rischia di essere solo un buono erogato una tantum, un nuovo ammortizzatore sociale per i disoccupati. Se così fosse, il Terzo settore non avrebbe alcun ruolo.

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