Non profit

Bush, il più grande fund raiser del mondo. La macchina da dollari

Nella campagna del 2000 raccolse 100 milioni di dollari. Per la prossima le previsioni vanno anche oltre.

di Carlotta Jesi

George Bush è un uomo da 100mila dollari. Al minuto. È la cifra che ha raccolto il 27 giugno scorso all?Hotel Marriot di San Francisco, parlando meno di un?ora a mille persone che hanno donato 5 milioni di dollari per finanziare la sua campagna di rielezione alla Casa Bianca. Con oltre un anno di anticipo sulle votazioni. Solo una serata fortunata? No. Il presidente degli Stati Uniti, che nelle elezioni del 2000 ha battuto ogni record di fund raising incassando più di 100 milioni di dollari in contributi privati, è un professionista della raccolta fondi. Raccolta ripartita il 16 maggio scorso con un nome che suona come una vittoria annunciata ?Bush-Cheney ?04? e che punta tutto sui pioneer, o pionieri. Avvocati, banchieri, petrolieri, lobbisti e potentissimi rappresentati della corporate America che l?entourage del presidente ha messo a capo di una sofisticatissima macchina di fund raising creata e collaudata tre anni fa per sfrattare Bill Clinton dalla Casa Bianca. Funziona così: ogni pioniere si impegna a consegnare a Bush almeno 100mila dollari. Raccolti come e da chi, agli uomini del presidente non interessa. Il loro compito è marchiare con un numero di riconoscimento ogni capo fund raiser e ogni suo assegno per tenere traccia del sostegno che porta alla causa di Bush. In modo che il primo cittadino d?America possa dare a ciascuno la giusta ricompensa: una nomina ad ambasciatore (toccata a 19 pionieri del 2000), un posto da ministro come quello regalato al responsabile per la sicurezza nazionale, Tom Ridge, un seggio nell?intelligence advisory board o anche solo un ruolo pubblico che oggi rivestono 43 ex fund raiser al servizio di Bush. Più fondi raccogli per il presidente, più possibilità hai di governare con lui il Paese. Risultato: l?81,3% dei fondi con cui Bush ha vinto le elezioni nel 2000 è stato raccolto da pioneer come il ministro Tom Ridge, che ha versato ai Repubblicani addirittura 251mila dollari. La motivazione dei pionieri è talmente forte che nel 2000 ha permesso a George W. di rinunciare ai fondi con cui il governo sostiene i candidati alla Casa Bianca: 250 dollari da aggiungere al contributo di ogni donatore a patto che l?aspirante presidente non raccolga e spenda troppo per la sua campagna elettorale. Cosa che l?attuale presidente degli Stati Uniti ha fatto e che sembra intenzionato a rifare visto che, anche quest?anno, farà a meno dei fondi pubblici per la sua campagna di fund raising. Campagna che, secondo l?ong texana Public Justice, ha una marcia in più rispetto a quelle degli altri aspiranti presidenti: “Molti candidati contano su una rete di referenti regionali. Ma nessuno l?ha burocratizzata come ha fatto Bush”. Sotto gli occhi degli avversari e della legge che non impone ai futuri inquilini della Casa Bianca di svelare chi ha raccolto i fondi della loro campagna elettorale. Anche se George W. lo fece comunque: a luglio del 2000, pressato dalle richieste di trasparenza dei Democratici, pubblicò nomi e cognomi di 212 pionieri che avevano già mantenuto la loro promessa versando nelle casse dei Repubblicani almeno 100mila dollari. Il loro identikit? A tracciarlo ci hanno pensato i volontari di Public Justice che svelano patrimoni e interessi economici di tutti i pioneer. Oltre all?ex dirigente della Enron, Ken Ley, nell?elenco dei fund raiser figurano 133 capi d?industrie altamente inquinanti, produttrici di armamenti e di petrolio”. Le stesse industrie che, con tutta probabilità, investiranno anche nella nuova campagna di Bush. Ma quest?anno c?è una novità: la legge americana sui finanziamenti, nota come Bipartisan Campaign Reform Act, ha raddoppiato il limite delle donazioni private agli aspiranti presidenti. Creando così nuove opportunità per Bush che ha varato una nuova categoria di fund raiser: oltre ai pionieri da 100mila dollari, punterà sui ranger che si impegnano a raccoglierne per lui almeno 200mila. Info: Move on I ranger e i pionieri di Bush non sono gli unici fund raiser in corsa verso la Casa Bianca. Ci sono anche gli attivisti. È accaduto il 24 e 25 giugno, sul sito www.moveon.org: un portale creato nel 1997 da una coppia di web imprenditori di Silicon Valley stufi delle chiacchiere su Bill Clinton e Monica Lewinsky che al grido di “move on, passiamo oltre”, è diventato una comunità di attivisti con 1,4 milioni di membri in America e 700mila nel resto del mondo. E con un?enorme capacità di fund raising, come provano le grandi somme raccolte durante la guerra in Iraq con una semplice email: 500mila dollari per la missione umanitaria di Oxfam America che aveva rifiutato gli aiuti di Bush e 25mila dollari per acquistare una pagina del New York Times e pubblicarci un comunicato contro la guerra. Insomma, un avversario sottovalutato che nelle primarie di giugno, organizzate per trovare un candidato democratico da contrapporre a Bush, ha dimostrato tutta la sua pericolosità. Alle urne virtuali 317mila votanti, di ogni età e ceto sociale, hanno contribuito finanziariamente alla campagna elettorale dell?eventuale vincitore. Nessuno dei candidati, invitati a pubblicare il loro programma sul sito, ha conquistato la maggioranza dei voti. Ma Howard Dean, il governatore del Vermont, ha ottenuto un buon 44% dei voti degli elettori di MoveOn e da essi anche il 50% dei 7 milioni di dollari che hanno raccolto finora per la sua campagna e che dimostrano che Bush potrebbe aver sottovalutato il fattore attivisti.


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