Dal 2007 si dedica all’educazione finanziaria: «In Italia ce n’è molto bisogno, è indispensabile per potersi costruire un futuro sereno e sicuro», dice Marco Marcocci, referente per il Terzo settore del Gruppo Bcc Iccrea ma anche presidente di Migranti e Banche Odv nonché tutor e formatore della Fondazione Tertio Millennio Ets.
Marcocci, com’è iniziata la sua passione per l’educazione finanziaria?
Questa passione per l’educazione finanziaria, in particolare ai migranti, deriva dal fatto che in passato in banca mi occupavo di pagamenti internazionali, che erano prevalentemente commerciali. Talvolta facevamo bonifici per migranti che mandavano i soldi a casa, le cosiddette rimesse di denaro. C’erano spesso dei problemi, perché le coordinate bancarie dei beneficiari (i familiari rimasti al paese di origine) erano sbagliate. Tutte le volte bisognava rimettere le mani su questi trasferimenti di denaro, così mi sono appassionato a questa materia, ho iniziato ad approfondire il tema, soprattutto dal punto di vista dell’antropologia economica. Ho iniziato a capire perché i migranti mandano i risparmi a casa, come i beneficiari impiegano quei soldi, come fanno i migranti a risparmiare nel paese ospitante e ad avere una propensione al risparmio così elevata. Qualche anno prima, per ragioni lavorative, ero stato coinvolto in un progetto di microfinanza in Ecuador ed ebbi modo di studiare in questo paese. Insomma, mi si accese una lampadina: fondai Migranti e Banche.
Di cosa di occupa Migranti e Banche Odv?
Nata nel 2007, quest’organizzazione ha l’obiettivo di spiegare con parole semplici i prodotti e i servizi bancari. Abbiamo iniziato a tessere una rete di relazioni con Casa Scalabrini 634, un progetto dell’Agenzia scalabriniana per la cooperazione allo sviluppo. Abbiamo iniziato a fare corsi di educazione finanziaria agli ospiti di Casa Scalabrini 634, che ha un centro di accoglienza a Roma. Poi abbiamo stretto relazioni con altre istituzioni, anche con il Centro Astalli, con cui di recente abbiamo concluso un corso formativo di 20 ore, su un gruppo classe di 15 persone di otto etnie diverse.
Quanto c’è bisogno di educazione finanziaria in Italia?
Al di là dei migranti, che è il nostro settore di specializzazione iniziale, facciamo corsi anche a molti italiani, specie a coloro che sono in situazioni di vulnerabilità temporanea. In Italia, c’è molto bisogno di educazione finanziaria per tutti, ciò è comprovato anche da molte ricerche effettuate dall’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo-Ocse. Gli italiani sono sempre agli ultimi posti nelle graduatorie per quanto riguarda le competenze economiche e finanziarie.
Gli italiani sono sempre agli ultimi posti nelle graduatorie per quanto riguarda le competenze economiche e finanziarie. Ma l’educazione finanziaria è indispensabile per pianificare meglio il proprio futuro
Marco Marcocci
Fortunatamente, da un po’ di tempo a questa parte, se ne parla anche a livello normativo. Nella legge 15 del 2017 è scritto che l’educazione è «il processo attraverso il quale le persone migliorano la loro comprensione degli strumenti e dei prodotti finanziari e sviluppano le competenze necessarie ad acquisire una maggiore consapevolezza dei rischi e delle opportunità finanziarie». Dopo questa legge è stata emanata una strategia di educazione finanziaria, curata dal Comitato nazionale Edufin. Di recente, si sta parlando della necessità di introdurre l’educazione finanziaria nei curricula scolastici legati all’educazione civica. L’educazione finanziaria è indispensabile perché permette di pianificare meglio il proprio futuro, di risparmiare di più, di investire meglio i propri risparmi e, quindi, di indebitarsi di meno, o eventualmente di gestire meglio il proprio debito. Le conoscenze e le competenze finanziarie devono essere disponibili per tutti perché ciascuno deve poter costruire un futuro sereno e sicuro. Questa è la vision della strategia nazionale dell’educazione finanziaria.
In cosa consistono i percorsi formativi?
Noi siamo stati predecessori di questa strategia con la nostra attività. Facciamo corsi di educazione finanziaria dai primi anni Duemila. Per noi educazione finanziaria significa avvicinare le persone alla corretta gestione dei flussi di cassa domestici, ovvero spiegare l’importanza del risparmio, della gestione delle entrate e delle uscite familiari, attraverso la redazione del budget familiare (o personale). Inoltre, vuol dire spiegare come è opportuno fare investimenti, soprattutto nei Paesi di destinazione delle rimesse. Quando il migrante invia il denaro al familiare rimasto nel Paese di origine, bisogna fare in modo che queste entrate siano investite dai beneficiari in qualcosa di utile e produttivo, è necessario creare posti di lavoro e benessere, bisogna fermare i barconi che arrivano a Lampedusa. Tutto questo lo inseriamo all’interno dei nostri percorsi formativi, nella maggior parte dei casi rivolti ai migranti. Ma la parola migrante è generica, sono migranti anche tanti imprenditori: nel 10% delle aziende in Italia il titolare è straniero. Noi cerchiamo di capire, quando andiamo in aula, quali sono le esigenze del gruppo classe, che sono caratterizzate da una miriade di fattori: il progetto migratorio del migrante, le esigenze dei migranti di seconda generazione (spesso legate all’acquisto di una casa), il “sogno del ritorno” che necessita di accumulo del risparmio e di un progetto lavorativo da avviare nel suo paese di origine, se è un imprenditore. Le tante situazioni che emergono sono caratterizzate anche dall’etnia e dalla religione.
Quando il migrante invia denaro nel Paese di origine, bisogna fare in modo che queste entrate siano investite in qualcosa di produttivo, creare posti di lavoro e benessere: bisogna fermare i barconi che arrivano a Lampedusa
Può spiegarci meglio come affrontate le differenze legate all’etnia e alla religione degli allievi nei vostri corsi?
In Italia un migrante su tre è musulmano, dobbiamo fare i conti con i meccanismi della “finanza islamica”. Ci sono delle regole che un musulmano deve rispettare nella gestione dei propri soldi, ad esempio uno dei divieti che viene dettato dal Corano è l’interesse: il denaro non può remunerare denaro. Anche il Paese di appartenenza dei nostri studenti influisce sui nostri percorsi formativi. Cerchiamo di cogliere in aula quelle che sono le consuetudini delle persone nei propri Paesi di origine, che spesso vengono replicate nel Paese di accoglienza. In molti Paesi esistono delle pratiche di prestito fatte all’interno delle comunità, le più famose si chiamano tontine. Molto spesso queste pratiche di accesso al credito sono informali e vengono replicate anche qui in Italia. La domenica mattina, le signore sudamericane al colle Oppio di Roma fanno queste attività, come le senegalesi in altre città italiane. Quando andiamo in aula, abbiamo un programma in cui si parla di risparmio, di servizi bancari, di truffe finanziarie, di rimesse di denaro, ma è solo sulla carta, viene stravolto dalle esigenze del gruppo classe che è quanto mai variegata.
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I vostri corsi si svolgono in presenza o online?
Cerchiamo di svolgere i corsi soprattutto in presenza, a Roma, online è più complicato. Ma se ci sono possibilità, anche fuori Roma o online. Ad esempio, qualche settimana fa ho tenuto un corso di educazione finanziaria online a donne vittime di violenza, in pausa pranzo: sono un volontario e faccio quest’attività nel tempo che mi resta libero dal lavoro. Ad Avezzano, a settembre e ottobre abbiamo svolto un corso di 40 ore presso la Caritas, il sabato.
Cosa la spinge a fare quest’attività di volontariato?
La soddisfazione che ho nel sentirmi utile e vivo. Mi fa stare bene e mi diverto pure. Mi permette di conoscere persone, di relazionarmi con mondi diversi. È vero che insegno ma imparo anche. Cerco di conoscere a fondo le usanze degli altri paesi. Mi arricchisce e mi fa stare bene perché mi dà tanto. Non vedo l’ora di andare in pensione per dedicare più tempo a questa mia attività di volontario. Penso che la conoscenza sia fondamentale nella vita, permette di abbattere le barriere.
Fare educazione finanziaria mi dà soddisfazione, mi fa sentire utile e vivo.Non vedo l’ora di andare in pensione per dedicare più tempo a questa mia attività di volontario
Qual è il segreto del successo dei vostri corsi?
Il nostro segreto è avere la fiducia dei discenti, ci aiuta molto metterci nei loro panni. Quando andiamo in aula non siamo professori, siamo anche noi discenti. Facciamo parlare molto il gruppo classe e prendiamo molte informazioni sulle usanze finanziarie e sulle conoscenze degli altri. Questo è molto importante perché ormai sono molti anni che facciamo queste attività e ci permette di relazionarci con le comunità con cognizione di causa. Se ho in classe persone che provengono dal Bangladesh o dall’Afghanistan so già che in questi paesi c’è un limite per la donna nell’esercizio delle pratiche finanziarie, anche in Italia il conto corrente è intestato all’uomo. Sono tante le informazioni che abbiamo raccolto in questi 16 anni, ci permettono di provare a porci con il gruppo classe in una maniera che ci fa entrare in sintonia. Nei nostri corsi vogliamo portare l’attenzione sul fatto che le conoscenze finanziarie migliorano la vita e, in chiave futura, aiutano a programmare meglio la propria vecchiaia.
Quali sono le criticità che riscontrate nei vostri corsi?
Le nostre classi sono molto variegate, come provenienze. Di conseguenza, occorre fare un’opera di conoscenza reciproca. Le difficoltà che riscontriamo sono quelle legate alla lingua. A volte abbiamo in classe un mediatore culturale, ad esempio nel corso di Avezzano ne avevamo due: uno per i discenti di lingua araba e uno per i discenti africani di lingua francese. Non sempre è possibile avere il mediatore culturale, in alternativa preferiamo scrivere alla lavagna dei termini e spiegarli risalendo all’etimologia delle parole. La barriera linguistica a volte è un limite. Un’altra criticità è legata all’instaurarsi della fiducia. Chi viene in classe non sempre è motivato o convinto di fare un corso, a volte è spinto dalla struttura in cui risiede, di conseguenza non è troppo partecipe alla lezione. In questi casi bisogna entrare in sintonia con la persona e fare in modo di coinvolgerlo, devo dire che spesso ci riusciamo.
Invece, i punti di forza?
Vediamo persone che sono estremamente motivate, prendono molti appunti, chiedono le slides, a ogni fine lezione si fermano per fare tante domande. All’ultimo corso che abbiamo svolto presso il Centro Astalli, un paio di settimane fa, erano iscritte 15 persone. C’è sempre un calo fisiologico, alcune abbandonano, al tempo stesso il numero rimane costante: dopo un paio di lezioni, le persone che perdiamo vengono rimpiazzate da altre che, tramite il passaparola dei discenti, vengono coinvolte. Il passaparola avviene perché ritengono che il corso sia valido e utile. La metrica di valutazione dell’efficacia del corso l’abbiamo dal fatto che, dopo il corso, più della metà delle persone mi chiedono di continuare a vederci, a sentirci per redigere il bilancio familiare, per avere delle consulenze su come gestire dei soldi. La redazione del bilancio familiare lo facciamo anche come lavoro di gruppo, emergono tante idee per massimizzare i risparmi dei singoli. Il confronto porta a scambi di suggerimenti che migliorano le entrate e le uscite finanziarie delle persone. Per quanto riguarda le rimesse di denaro, dall’Italia verso l’estero, hanno raggiunto negli ultimi anni oltre otto miliardi di euro. Questo soltanto per i canali ufficiali. Poi c’è tutto un flusso informale, tramite amici e parenti che vanno nel paese di origine e portano dei soldi. Su questo tema importante insistiamo molto e parliamo anche di come viene effettuata questa rimessa, analizzandola da tutti i punti di vista. I nostri corsi sono molto importanti per evitare che i migranti facciano tutto per vie informali.
I migranti che fanno i corsi con voi riescono con facilità ad aprire un conto in banca?
No, questa è un’altra delle criticità. In Italia, come in tutta l’Unione Europea, se si risiede legalmente in un Paese dell’Ue si ha il diritto di aprire un “conto di pagamento di base”, un conto corrente che permette di effettuare operazioni bancarie basiche, è uno strumento per garantire l’inclusione finanziaria per le persone vulnerabili, compresi i richiedenti asilo e i senza fissa dimora. A volte un richiedente asilo, nonostante abbia un permesso di soggiorno corredato da fotografia (che funge da documento di riconoscimento), si vede negata l’apertura di un conto di base. Questo è un problema che va debellato.
Le donne partecipano ai vostri corsi?
La presenza femminile c’è sempre. Talvolta vengono fuori delle criticità per quanto riguarda il ruolo della donna nella gestione economica all’interno della famiglia. In alcune comunità è emerso che la gestione è solo maschile. A seconda dei corsi, c’è una presenza più o meno marcata di donne, c’è una forte presenza soprattutto di donne latinoamericane e dell’est Europa. Scarseggiano ai nostri corsi, per i motivi che ho detto, donne del Bangladesh o dell’Afghanistan. Lo stesso Muhammad Yunus, padre putativo del microcredito moderno, ci racconta nelle sue opere che le donne in Bangladesh sono escluse dall’attività finanziaria. Secondo me il ruolo delle donne è fondamentale nell’educazione finanziaria. Anche in base all’esperienza che ho, andando in diversi paesi per lavoro, posso dire che le donne hanno, nella maggior parte dei casi, una consapevolezza nell’utilizzo del denaro in ambito familiare che gli uomini non possiedono. La donna ha anche una maggiore capacità nel fare gruppo, questo in tante situazioni è fondamentale. In molti Paesi del sud del mondo, è il gruppo che garantisce il prestito che viene fatto a una singola persona. Le badanti dell’Ucraina non spendono nulla in Italia per vitto e alloggio, mandano tutti i soldi che guadagnano a casa loro, i mariti a volte non sono in grado di spenderli nel modo giusto o di metterli da parte. Sulle donne c’è un gran lavoro da fare, sia sulle italiane sia sulle straniere.
La sua attività di formatore non è dedicata solo ai migranti e, in parte, ad adulti italiani?
Finora abbiamo parlato delle mie attività di volontario per Migranti e Banche. Da qualche anno, i riflettori si sono accesi sull’educazione finanziaria, sono coinvolto con la formazione nelle scuole. Con la Fondazione Tertio Millennio abbiamo avviato dallo scorso anno scolastico un programma di educazione finanziaria cooperativa e mutualistica che prende il nome di Finanza etica!, rivolto alle scuole secondarie di secondo grado.
Tra le tante persone incontrate, c’è una storia che vuole condividere con i lettori di VITA?
Sì, quella di Babakar, un ragazzo di origine senegalese. Ci ha conosciuto tramite Casa Scalabrini 634, era arrivato in Italia con un barcone, era un richiedente asilo e ha frequentato un nostro corso. Oggi Babakar ha un suo conto corrente, ha un lavoro come dipendente in una sartoria, è in regola con i permessi e piano piano sta avviando un’attività propria. Inoltre, è uno dei docenti del corso di sartoria che organizziamo a Casa Scalabrini 634 e ne siamo molto contenti.
Foto Migranti e banche Odv
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