Welfare

Carcere: “a San Vittore condizioni indegne”

La denuncia del pm Marco Ghezzi, titolare dell'indagine sul suicidio di un detenuto avvenuto il 5 maggio scorso

di Redazione

Nel carcere di San Vittore di Milano si subiscono ”condizioni di detenzione non degne di un paese civile, dove chiunque, e quindi anche un detenuto, ha l’incoercibile diritto di essere custodito in un ambiente che rispetti la sua dignita’, oltre che la sua sicurezza e la sua salute”. E’ una vera e propria denuncia sulle condizioni di degrado in cui vivono, nelle celle, come nella ‘sala d’aspetto’ i detenuti rinchiusi nel carcere milanese, quella che il pm Marco Ghezzi sottoscrive in due pagine con le quali, contemporaneamente, archivia l’indagine avviata dopo il suicidio di un giovane equadoregno, Chamorro Morocho, trovato il 5 maggio scorso impiccato alla presa d’aria del bagno, appeso con una stringa dei suoi scarponcini. L’uomo si trovava in carcere da due giorni, arrestato con l’accusa di omicidio e tentato omicidio volontario nei confronti della moglie, del suo nuovo compagno e del figlio. L’indagine, scattata immediatamente, ha cercato di verificare se era ipotizzabile una qualsiasi responsabilita’ a carico del personale carcerario. Per impiccarsi, l’uomo aveva utilizzato una stringa lunga 107 centimetri, un ‘mezzo’ che non dovrebbe essere a disposizione di soggetti appena arrestati. Ma tuttavia, rileva il pm, non esiste una normativa sul punto: ”sono state redatte alcune circolari sul rischio-autolesionismo nelle carceri, ma nessuna affronta in modo preciso il problema del vestiario”. Ma quel che piu’ e’ grave e’ che l’indagine ha fotografato una realta’ carceraria difficile da gestire: ”a fronte di un’innegabile attenzione posta dalla Direzione al problema -scrive il magistrato- le condizioni di sovraffollamento e la cronica mancanza di mezzi in cui versa il carcere, rendono sostanzialmente impossibile attuare una politica di reale ed efficace prevenzione degli atti autolesivi e dei suicidi”. A San Vittore, infatti, a fronte di una capienza massina di circa 800 detenuti nel settore maschile, ne vengono ospitati, e non da oggi, oltre 1600. Mancano personale e mezzi. Manca il vestiario che eviterebbe il rischio suicidi, ma se venissero tolti ai detenuti gli abiti che indossano, questi dovrebbero girare seminudi, ”il che -osserva il pm- e’ ovviamente impossibile”. Che Chamorro Morocho fosse a rischio-suicidio, lo psicologo del carcere deve averlo accertato, posto che sul giovane era stata disposta una sorveglianza con controlli ravvicinati. Nonostante la sorveglianza, pero’, e’ riuscito a suicidarsi. Del resto non era difficile riuscirci. Le foto allegate delle celle e della ‘sala d’aspetto’, ”tristemente significative -scrive ancora il pm Ghezzi- in ordine alle condizioni di degrado nelle quali i detenuti sono ristretti”, rimandano l’immagine di piccolo stanze surriscaldate letteralmente occupate da materassi e uomini. Per questo ”data la situazione, pur apparendo auspicabile che non vengano piu’ lasciate a disposizione dei detenuti stringhe che, per la loro lunghezza, rendono assai agevole l’attuazione di propositi suicidi, non sembra si possa attribuire alla responsabilita’ del personale carcerario -conclude il magistrato- la morte di Chamorro Morocho”.


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