Non profit

Se anche l’Onu sposa il no dumping

L'editoriale di Giuseppe Frangi sul recente rapporto dell'Agenzia delle Nazioni Unite per lo sviluppo umano.

di Giuseppe Frangi

E’ come una traversata del deserto la lettura del recentissimo rapporto dell’Undp, l’agenzia dell’Onu per lo sviluppo umano. Non che ci si attendessero numeri diversi, ma vederli scorrere uno dopo l’altro dà le dimensioni di un dramma forse senza paragoni nella storia. Il riferimento, ovviamente, é all’Africa, il continente che occupa massicciamente le ultime 30 posizioni (quelli che raccolgono i Paesi dal “basso sviluppo umano”: dalla 145, lo Zimbabwe, alla 175, la Sierra Leone, tutti nell’Africa Subsahariana) della classifica stilata dall’Agenzia Onu. Segno che in quell’immenso continente la storia soffia a vento contrario, portando regresso invece che un minimo progresso. Si resta impietriti davanti allo stillicidio di cifre, che a volte addirittura scompaiono, inghiottite da un nulla statistico, come accade per la Liberia (che, per inciso, non compare neppure in classifica). Qui il prodotto interno lordo non é neppure stimabile, l’accesso all’acqua potabile men che unico. Unico scarno dato, l’attesa di vita: 41 anni e mezzo. Nell’Uganda visitata da Bush, l’attesa di vita sale un po’ e supera i 44 anni. In compenso le statistiche economiche parlano e così possiamo sapere che la popolazione che vive con meno di un dollaro al giorno é l’82%. In ben 21 Paesi l’indice ha registrato un preoccupante declino; in 54 si é assistito a una riduzione del reddito medio. Di cifre come queste potremmo riempire un numero intero di Vita e rendono certamente ragione a chi, in questi mesi, ha caparbiamente insistito perché la società civile mettesse il caso Africa in testa alla propria agenda, come assoluta priorità. Ma ora c’é un motivo in più per credere anche nell’efficacia del nostro impegno. Gli stessi esperti dell’Undp, tirando le conclusioni del loro lavoro, hanno lanciato un appello che ricalca una campagna lanciata da Vita e dalla Focsiv lo scorso anno. Hanno detto gli analisti Onu che “smantellare i sussidi alle esportazioni e ridurre le barriere tariffarie che distorcono il commercio internazionale” é un’assoluta priorità se si vuole invertire il disastroso progetto di disgregazione sociale ed economica in corso. In sostanza l’agenzia Onu sposa il “no dumping” come unica soluzione praticabile realistica, che eviti lo strangolamento delle economie più povere del pianeta. Ha ragione ad esultare Sergio Marelli, direttore della Focsiv e presidente dell’associazione delle ong italiane (leggete il suo articolo, dedicato alla preparazione del decisivo vertice di Cancun del prossimo settembre). E ha ragione a scandalizzarsi quando segnala l’assurda pagliacciata dei Paesi ricchi che si pongono obiettivi astratti sotto nomi pomposi (tipo Obiettivo di sviluppo del millennio, per dimezzare la povertà nel mondo) e poi, sul piano pratico, continuano a sussidiare le loro agricolture, schiacciando sotto il peso di una concorrenza impari le agricolture dei Paesi in via di sviluppo. Un altro numero rende l’idea di questa situazione parossistica, anzi brutalmente anti umana: l’Unione europea sussidia le proprie mucche con 913 dollari, contro gli 8 destinati, in aiuti, agli abitanti dell’Africa Subsahariana. Sapesse questo dato, Bono farebbe un memorandum ai leader europei ancor più duro di quello preparato per Bush. Seguendo il suo metodo, su questi numeri da vergogna dobbiamo continuare a non dare pace a chi ci governa.


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