Il ricorso a un intervento armato è sempre il frutto di un fallimento e l?invio di una forza multinazionale europea nella Repubblica Democratica del Congo (Rdc) non fa eccezione: la serie di errori che ha preceduto questa missione è impressionante. I governi occidentali, primo tra tutti quello francese, hanno sostenuto il dittatore Mobutu quando la grande nazione africana si chiamava ancora Zaire. La comunità internazionale non ha voluto prevenire il genocidio ruandese del 1994, lasciando avvenire i massacri sino a quando non furono interrotti dal Fronte Patriottico Ruandese, guidato dal tutsi Paul Kagame, che vinse la guerra civile compiendo decine di migliaia di crimini di guerra. Oltre un milione di hutu, temendo la rappresaglia dei tutsi, scapparono nello Zaire orientale.
I genocidi ben presto presero il controllo dei campi profughi e degli aiuti che centinaia di organizzazioni non governative consegnavano direttamente nelle loro mani. Dopo aver chiesto inutilmente all?Onu di farsi carico del problema, il governo ruandese mise in piedi una coalizione guidata da Laurent Desiré Kabila che nel novembre del 1996 attaccò i campi profughi e nel maggio del 1997 ribaltò il regime di Mobutu. Ma si era concluso solo il primo atto.
Una guerra contro i civili. La regione orientale della Rdc, oltre a essere particolarmente fertile, è una delle zone più ricche del mondo di materie prime. Molti furono attirati nel conflitto, definito con un efficace ossimoro la ?prima guerra mondiale africana?. Agli eserciti regolari di sette nazioni si sono affiancati vari gruppi di miliziani, in un gioco di alleanze variabili. Il numero di civili morti a causa delle violenze supera i 3 milioni, i profughi sono decine di milioni.
Le Nazioni Unite cercarono di fare qualcosa prima nel novembre del 1996, dispiegando un piccolo gruppo di militari, poi nel luglio del 1999, dando vita alla missione di Caschi blu Monuc. Ma era davvero troppo poco.
Secondo un rapporto presentato da alcune organizzazioni non governative il 19 giugno scorso, nella Rdc il 12% dei bambini non raggiunge il primo compleanno, 3 milioni non ricevono la minima istruzione, 400mila sono scappati dalle loro case, decine di migliaia sono stati reclutati a forza nei gruppi armati. Nella regione dell?Ituri ragazzini sono stati costretti ad assistere all?uccisione dei loro genitori a colpi di ascia, ragazzine sono state violentate di fronte alle loro famiglie, bambini sono stati obbligati a uccidere i loro parenti, infanti sono stati ammazzati nei letti d?ospedale. Tra le vittime vi sono anche 17 Caschi blu.
Non intervenire ora per limitare le violenze contro i civili sarebbe l?ennesimo errore. Il 30 maggio il Consiglio di sicurezza ha permesso l?invio di una forza multinazionale che, coordinandosi con la Monuc, avrà il compito di «contribuire alla stabilizzazione e alla creazione di condizioni che permettano l?implementazione di aiuti umanitari, assicurare la funzionalità dell?aeroporto di Bunia, proteggere gli sfollati nei campi profughi e i civili in generale». Il 5 giugno seguente l?Unione europea, per la prima volta nella storia, ha risposto alla chiamata inviando un contingente guidato dalla Francia.
I 1.500 militari europei saranno presenti a Bunia sino all?1 settembre.
Avranno maggior libertà nell?uso della forza rispetto ai Caschi blu, ma riusciranno a fermare le violenze, cosa che, in un contesto meno ostile, faticano a fare le centinaia di migliaia di soldati occidentali inviati in Iraq? L?ambasciatore francese in Uganda ha spiegato che si interviene per consentire un corridoio umanitario, non certo per disarmare le milizie. Jean-Marie Guehenno, sottosegretario delle Nazioni Unite per le operazioni di peace keeping, è più ottimista: «Bunia è il cuore dell?Ituri e la consolidazione del processo politico in Bunia dovrebbe avere un positivo effetto in tutta la regione».
A fine giugno i militari dispiegati sono solo 700 francesi.
Hanno imposto la consegna delle armi e ottenuto rassicurazioni sullo sgombero dei miliziani insediati a Bunia. Sono riusciti a prendere il controllo dell?aeroporto e di alcuni punti strategici della città. Hanno già aperto il fuoco, uccidendo il 17 giugno due guerriglieri da cui erano stati attaccati. L?intervento armato era un atto doveroso già parecchio tempo fa. Ma sarà utile solo se, come ha affermato Guehenno, sarà davvero «un elemento della più ampia strategia internazionale per portare la pace nella Repubblica democratica del Congo». Il cambiamento radicale delle politiche estere dei Paesi più ricchi del mondo è indispensabile, ma segnali positivi se ne vedono pochi, e sui diritti umani non si va oltre le sempre più timide dichiarazioni di principio.
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