Europa
Il sì ai negoziati di adesione dell’Ucraina all’Unione letti da chi era in piazza Majdan
"Europe, Europe" urlavano sotto la pioggia battente i giovani che ho incontrato in quella gelida notte di fine novembre 2013 a piazza Majdan, nel cuore di Kiev. Sono certo che tanti di loro hanno accolto con gioia la decisione del Consiglio europeo di dare il via ai negoziati di adesione. Il destino europeo dell'Ucraina è segnato
L’eco dei pestaggi dei manifestanti da parte delle forze di polizia speciale in Piazza Majdan era appena giunto a Bruxelles che io mi trovavo già su un aereo diretto a Kiev per capire cosa stava succedendo.
Dieci anni fa il vertice dei Paesi del Partenariato orientale che si teneva a fine novembre a Vilnius, in Lituania, avrebbe dovuto fare da cornice alla firma solenne dell’Accordo di Associazione fra l’Ue e l’ex repubblica sovietica. Da tempo le autorità ucraine insistevano per approfondire le relazioni con l’Unione sia sul piano economico che su quello politico. “La vera riunificazione dell’Europa non è completa se manca l’Ucraina”, sentivo spesso ripetere dai rappresentanti di Kiev che si alternavano in processione al Parlamento europeo. A quei tempi, però, nessuno a Bruxelles riteneva plausibile l’ipotesi dell’ingresso dell’Ucraina all’Ue. Il Partenariato Orientale, lanciato nel 2009, cercava di venire incontro alle richieste di integrazione delle sei repubbliche che fanno da cuscinetto fra i Paesi dell’Ue e la Federazione Russa senza alcun riferimento all’adesione nonostante questa non venisse esplicitamente esclusa.
Più di tre anni di negoziati serrati avevano portato alla conclusione del trattato che avrebbe dovuto sancire l’inizio di una nuova era nelle relazioni fra Bruxelles e Kiev. Mancava, appunto, solo l’ultimo passaggio formale, quello della firma in calce al corposo documento da parte dei vertici dell’Ue e del presidente ucraino Viktor Janukovyc, Poi il colpo di scena con l’annuncio di Janukovyc che non se ne sarebbe fatto nulla cogliendo di sorpresa la diplomazia europea anche se nel corso dei mesi precedenti tanti erano stati i segnali che facevano presagire un finale diverso. La pressione di Mosca era diventata soffocante, le telefonate del Cremlino sempre più minacciose. L’opinione pubblica ucraina sembrava allineata sulla scelta europea ma il presidente era ormai terrorizzato dai ricatti russi. In fin dei conti lui era considerato “l’uomo di Mosca” e tale, alla fine, si è dimostrato. Forse il presidente ucraino non aveva previsto che i primi a scendere in piazza per protestare contro il suo voltafaccia sarebbero stati gruppi di studenti scapigliati in forma spontanea e disorganizzata. Si aspettava, probabilmente, la reazione delle forze di opposizione ma contava sul fatto che il credito politico e la reputazione di queste nell’opinione pubblica fosse ai minimi storici dopo la sua indiscutibile affermazione alle elezioni presidenziali del 2010 e, pertanto, non avrebbe avuto seguito.
L’incoscienza e la spavalderia irridente di un paio di migliaia di ragazzi che rivendicavano il diritto di scegliersi un futuro europeo hanno fatto la differenza scombinando le carte sul tavolo. Lo sdegno suscitato dall’intervento brutale del corpo speciale di polizia ha fatto da detonatore ad un movimento che si è esteso a macchia d’olio in ogni angolo del paese coinvolgendo tutte le fasce sociali. “Europe, Europe” urlavano sotto la pioggia battente i giovani che ho incontrato in quella gelida notte di fine novembre a piazza Majdan, nel cuore di Kiev. Chissà se quel cuore batte ancora. Mi chiedo spesso dove è finita quella generazione di ucraini che voleva solo riprendere in mano un futuro che gli era stato negato. Forse sul fronte a combattere e immolarsi oppure nelle retrovie a sostenere la resistenza o forse a puntellare un paese stremato e devastato da una guerra di aggressione che la comunità internazionale ha colpevolmente ignorato fino dal 2014.
Chissà cosa pensano oggi i ragazzi di allora di fronte alla piega drammatica che ha subito il corso della storia. Forse ci avrebbero ripensato se avessero saputo o forse oggi sono ancora più convinti di quella scelta così emotiva ma genuina e, al tempo stesso, lungimirante. Sono certo che tanti di loro hanno accolto con gioia la decisione del Consiglio europeo di dare il via ai negoziati di adesione. Il destino europeo dell’Ucraina è segnato. Per Bruxelles le riforme democratiche del Paese sono la garanzia di un percorso di inclusione nell’Ue ancora lungo e graduale ma sicuro. Per Vladimir Putin, al contrario, l’Ucraina è in mano ai nazisti, affermazione grottesca ribadita ieri nel corso della conferenza stampa di fine anno.
I ragazzi di piazza Majdan, forse, hanno ancora la forza e la voglia di sorridere.
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