Direttiva europea sulla filiera etica delle imprese
Raggiunto l’accordo politico sulla direttiva per la due diligence
«Passo fondamentale ma l’esclusione della finanza rimanda l’opportunità di un cambiamento epocale e mette in dubbio gli impegni dell'Unione europea a Cop28», spiegano dall'organizzazione ActionAid. «Pur trattandosi di un passaggio epocale nella definizione di requisiti e aspettative per il rispetto dei diritti umani e dell'ambiente da parte delle imprese, l'attuale accordo politico non è sufficiente per porre fine all'impunità delle stesse»
di Redazione
ActionAid, membro fondatore della campagna italiana Impresa 2030, accoglie con favore l’accordo politico finale sulla Direttiva per una Due Diligence obbligatoria in materia di diritti umani e ambiente (CS DDD – Corporate Sustainability Due Diligence Directive).
«L’accordo», dicono dall’organizzazione, «arriva dopo una estenuante negoziazione che ha visto i lobbisti di una parte del mondo produttivo e imprenditoriale agire con forza per svuotare il testo dei suoi passaggi più significativi. Pur trattandosi di un passaggio epocale nella definizione di requisiti e aspettative per il rispetto dei diritti umani e dell’ambiente da parte delle imprese, l’attuale accordo politico non è sufficiente per porre fine all’impunità delle stesse».
Questa mattina, il Parlamento Europeo ed il Consiglio, hanno raggiunto un accordo politico sulle questioni più controverse della proposta di direttiva in discussione da febbraio del 2022. In base all’accordo raggiunto, le multinazionali di grandi dimensioni e che operano in contesti ad alto rischio, dovranno affrontare qualsiasi abuso lungo la catena del valore, modificando processi produttivi e politiche di acquisto. Inoltre, i soggetti che risultassero danneggiati dalle operazioni aziendali potranno chiamare le imprese a risponderne in tribunale.
«ActionAid», continua la nota, «accoglie con favore l’inclusione di misure di accesso alla giustizia per le vittime di abusi aziendali, il riferimento a termini ragionevoli per presentare richieste di risarcimento e alla possibilità per le ong e i sindacati di rappresentare le vittime. Tutti aspetti fondamentali per ampliare le garanzie finalizzate ad una maggiore tutela dei diritti dei gruppi vulnerabili, in particolare delle donne, che sono colpite in modo sproporzionato dagli impatti negativi delle attività aziendali. Tuttavia, le azioni delle lobby industriali e multinazionali dell’Unione Europea per annacquare la legge hanno limitato il potenziale trasformativo dell’accordo. È sconcertante, in particolare, che gli attori finanziari siano stati esentati dai doveri di due diligence verso i loro clienti. L’esclusione del settore finanziario estromette in larga misura la forma di maggiore sostentamento dell’industria dei combustibili fossili e dell’agroindustria».
«In questo modo si ostacolano i cambiamenti urgenti nelle pratiche finanziarie necessari per la sostenibilità e la mitigazione delle conseguenze più devastanti del cambiamento climatico. Si tratta di un duro colpo alla credibilità della Unione Europea. L’accordo sulla Cs Ddd, difatti, arriva meno di 24 ore dopo l’impegno preso dalla Ue a Cop28 di abbandonare i combustibili fossili. Rimangono, inoltre deboli gli obblighi in materia di clima, nonostante l’obbligo per le imprese dell’UE e, in questo caso, inclusi i servizi finanziari, di adottare piani di transizione climatica, delineando il loro percorso di riduzione delle emissioni in linea con il limite di 1,5 gradi. Questo è il minimo indispensabile, sapendo che le banche europee hanno investito 325 miliardi di euro in combustibili fossili nel Sud del mondo dopo l’Accordo di Parigi».
«L’accordo segna un passaggio cruciale, riconoscendo la necessità di una regolamentazione comune per le imprese che garantisca il prevalere dei diritti umani e dell’ambiente sul profitto. Ma il percorso per ridimensionare l’impunità delle imprese non si esaurisce qui. Limitare fortemente l’inclusione del settore finanziario vuol dire ignorare deliberatamente le responsabilità della finanza sulla catastrofe climatica», afferma Cristiano Maugeri, policy officer ActionAid e referente campagna Impresa 2030.
Cosa succede dopo questo accordo politico? «Da oltre un decennio», continua la nota dell’organizzazione, «chiediamo norme vincolanti che obblighino le aziende ad affrontare i rischi di violazione dei diritti umani e i rischi ambientali lungo le loro catene del valore. Oggi è stato raggiunto un accordo politico. Il testo finale, tuttavia, rimane ancora sospeso. Saranno, difatti, necessarie riunioni tecniche per perfezionare l’accordo. In seguito, il Consiglio, sotto la prossima presidenza belga, e il Parlamento europeo voteranno per approvare il testo finale, aprendo così la strada all’attuazione della direttiva a livello nazionale. Ci si aspetta che il testo finale venga votato intorno a marzo 2024. A quel punto, la direttiva andrà recepita a livello degli stati membri».
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