Non profit
Giovani, che roba è?
L'editoriale di Giuseppe Frangi sulla situazione dei ragazzi ai giorni nostri.
Non è questo un Paese che voglia un gran bene ai suoi giovani. Tendenzialmente li ignora (magari viziandoli). Poi, appena sgarrano, li bastona. Il sindaco di Milano vuole vietare che nei parchi della città si beva una bottiglia di birra. Quanto alle discoteche non andranno oltre le tre di notte, anche se le notti non potranno essere abolite. Il governo intanto ha annunciato un disegno di legge contro la droga, che punta sul ristabilimento di una strategia repressiva. E anche su giustizia minorile e psichiatria, l?aria non sembra essere diversa: uno spirito coercitivo viene considerato il deus ex machina per uscire da ogni situazione problematica o conflittuale.
Liberi di crederlo e di stabilire nuovi confini tra ciò che bene e ciò che è male. Ma potrà bastare? E poi anche questi confini non sembrano essere così chiari. Perché la preoccupazione incombente è quella di tenere sotto controllo il presente. Quanto al futuro, nessuno ci bada.
Così può accadere che nelle regioni più evolute d?Italia (Lombardia in primis) la scolarizzazione sia in drastica caduta, perché nessuno sa dare una ragione sufficiente per convincere un ragazzo che guadagnare oggi è assai meno conveniente e intelligente che studiare investendo sul domani.
E non si bada al futuro, anche quando per rendere un po? più competitiva un?economia appesantita da troppi garantismi, si riempiono uffici e officine di giovani lavoratori ultra flessibili. Cioè con poche garanzie sull?oggi e con nessuna garanzia sul domani (la parola pensione sarà, per esempio, una parola da cancellare dalla loro vita. O no?). Giovani inchiodati a una condizione di precarietà, che vincola la loro esistenza a un?impossibilità di scelta. Difficile sposarsi, difficile metter su casa, ancor più difficile scommettere la propria vita sui figli.
Certamente la condizione giovanile è tale per cui, anche di fronte all?orizzonte più chiuso, si trova sempre il guizzo per rompere le righe e affermare un che di nuovo. Ma questo è nell?ordine degli imprevisti e non elimina un?altra sensazione di fondo: che nessuno oggi abbia voglia e tempra per essere padre di questi giovani. Diceva don Mazzi, lo scorso numero, su queste colonne, che si guarda ai giovani senza più capire chi siano. Sono un po? come degli stranieri, di cui non si conoscono né desideri né paure. Così si interpretano i loro comportamenti secondo schemi preconcetti e non ci accorge di fenomeni drammaticamente in ascesa come l?alcolismo femminile.
Don Mazzi non concludeva con un invito al proibizionismo, ma diceva che solo una proposta diversa può indurre un ragazzo a guardare con altri occhi al proprio destino. Perché dovremmo tornare ad amarli, ad appassionarci al loro destino, punendoli o premiandoli, non è questo che importa. Importa che possano trovarsi impigliati in qualcosa che li appassioni nel profondo. Importa che una proposta umana incroci le loro storie. Che la pazienza prenda il sopravvento sull?istigazione alla competitività. Importa che non percepiscano, del mondo adulto, solo il cinismo di fondo.
Certamente tutto questo dovrà tradursi anche in decisioni concrete che dimostrino, una volta tanto, che non si guarda a loro come a un fastidioso problema ma come a una risorsa.
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