Sostenibilità

La nostra vita in un campo di calcio

Di Fulco Pratesi

di Redazione

Guardate un campo di pallone. Guardatelo bene e considerate che una superficie un po? minore (come quella di un campo di serie C) è il territorio di cui ogni italiano oggi dispone. Dal neonato in carrozzina all?ergastolano, dal vescovo alla ballerina, sono solo quei 5mila metri quadrati in cui dobbiamo farci stare tutto: montagne e industrie, laghi e superarcipermercati, villaggi turistici e foreste (se la popolazione, come molti auspicano, dovesse salire, il territorio calerebbe di conseguenza). Bene, di questa superficie il 22,7% è coperto di boschi, il 39,4% è interessato da coltivi, i prati e i pascoli coprono il 16,2% e l?incolto raggiunge il 21,7%. Buona parte di questa superficie è oggi invasa dalle opere dell?uomo. Si calcola che il 15% del territorio italiano sia oggi urbanizzato. E ogni anno, dai 50mila ai 100mila ettari vengono sottratti alle colture, ai pascoli, alla natura. Da una recente indagine dell?Eurostat: se dal 1967 al 1997 l?Europa ha perso il 2% di terreno agricolo, in Italia la percentuale sale al 20%. In parte, certamente, per l?abbandono delle colture in aree montane e svantaggiate. Ma molto, moltissimo, per l?alluvione di quartieri nuovi e capannoni, svincoli e autostrade, discariche e parcheggi, i cui effetti sulla natura sono più micidiali di quelli provocati dagli incendi, dato che se in un territorio percorso dal fuoco la vegetazione prima o poi riprende, sotto la crosta grigia dell?asfalto la vita naturale è distrutta per sempre. E non c?è da meravigliarsi di questo ?incendio grigio?, se è vero che il 90% del costruito nel nostro Paese è nato nel secondo dopoguerra creando un surplus di abitazioni inutilizzate e di seconde case che non ha riscontro nel resto d?Europa. Basta, a questo proposito, percorrere la strada da Milano a Venezia o i litorali pugliesi, calabresi o laziali per vedere a quali eccessi sia arrivato il ?costruito? in Italia. Tanto da far ritenere non utopica o estremista l?ipotesi, lanciata anni fa dal WWF, di bloccare tutte le costruzioni nuove, impegnandosi a restaurare, riciclare, recuperare l?immensa massa di volumetrie (centri storici, villaggi montani, industrie obsolete, baraccopoli) oggi lasciate nel più completo abbandono.


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