Volontariato

DaIla parte del Kosovo

A Pristina si dialoga, ma la tensione fra serbi e albanesi resta alta. Ad aiutare chi soffre pensa solo un’associazione intitolata a Madre Teresa. E che è sostenuta anche da diverse ong italiane

di Roberto Beccaria

Parlamento, governo, ministri ombra. Sono stati votati dagli albanesi del Kosovo domenica 22 marzo. O meglio, sono stati rivotati, dopo le elezioni ?parallele? che erano già state indette nel 1991. E, come sempre in queste occasioni, sono stati molti gli osservatori internazionali chiamati a vigilare sul corretto svolgimento delle votazioni. Uno di loro è Mario Ragazzi, della Caritas di Bologna, che per una settimana è stato nelle campagne nei dintorni di Pristina. E ne ha viste delle belle. Sulle elezioni, ma non solo. Innanzitutto l?affluenza alle urne. «Bisogna premettere che i più grandi partiti albanesi avevano chiesto il boicottaggio di queste elezioni», ricorda Ragazzi, «perché dicevano che non c?erano le condizioni necessarie per svolgerle regolarmente». In effetti, l?esercito e i paramilitari serbi tenevano sotto controllo tutti i preparativi, minacciosamente. Eppure ben oltre il 75 per cento degli albanesi del Kosovo ha espresso le loro preferenze. «Un dato importante, perché conferma la linea adottata dal primo ministro ombra Ibrahim Rugova, tutta improntata alla non violenza». Anche se, dopo sette anni di non violenza e di scarsi risultati ottenuti, qualcuno si è stancato. Ed è nato così l?Esercito di liberazione del Kosovo, una specie di mina vagante, clandestina. Una sorta di Brigate rosse balcaniche. «Nella sede elettorale in cui mi trovavo», riprende Mario Ragazzi, «mi hanno molto colpito i bambini, che facevano da vedette. Se avvistavano dei militari, avvisavano tutti quelli del seggio. E nel giro di pochi secondi sparivano le cabine elettorali e le urne». In altri casi, invece, erano gli stessi miliari serbi a far sparire le urne e le schede: sequestrate. Tensione alle stelle, insomma, prima e durante le votazioni. Ma dopo? «Ora l?Onu ha votato una risoluzione (il 1° aprile, ndr) che sancisce l?embargo delle armi alla Serbia, per favorire il dialogo. E ci sono quattro settimane di tempo per avviarlo». E i leader delle due parti in causa, l?albanese Rugova e il serbo Milosevic, si sono dati da fare per far incontrare le loro delegazioni. Una partita a scacchi, tutta da giocare. Che si sa entro quando dovrà finire (quattro settimane, appunto), ma che non si sa come finirà. Anche perché l?Italia è forse il Paese più filoserbo dell?Occidente: «Il nostro governo ha grandi interessi economici laggiù», continua Mario Ragazzi. «La Stet ha acquistato il 25 per cento delle telecomunicazioni serbe e ha avviato un progetto di vendita e produzione di sistemi duali, cioè telecomunicazioni ad alta tecnologia. Per questo il nostro governo tira il freno sulle sanzioni Onu». Intanto un?altra partita si sta giocando in Kosovo. È quella dell?Associazione Madre Teresa. Laica, albanese, aiutata da molte associazioni di volontariato italiane. Aiutata, ma non gestita. Perché è il popolo albanese che vuole aiutare se stesso, prima che farsi fare la carità. E così da quasi dieci anni, l?associazione aiuta non solo albanesi, ma anche serbi, zingari, musulmani di Bosnia. Insomma, tutti quelli che hanno bisogno. E sono davvero tanti. Dal 1990 al 1997, infatti, le famiglie povere e in pericolo di sopravvivenza sono aumentate da 2.450 a 62.340, per un totale di 404.456 persone, di cui il 15 per cento anziani e disabili e il 17 per cento bambini in età compresa tra i 2 e i 6 anni. L?associazione Madre Teresa, diretta da don Lush Gjergji, noto sacerdote albanese e biografo di Madre Teresa di Calcutta, fa tanto per questi poveri. Innanzitutto lotta contro l?analfabetismo. Una scuola ridotta all?osso, anche a causa della repressione serba dei programmi scolastici albanesi (in primis la storia), è la principale causa degli oltre 200 mila analfabeti in Kosovo. Oppure l?assistenza caritativa e sanitaria: dalla distribuzione di vestiti e di generi alimentari, alle vaccinazioni e alle visite mediche gratuite. Ancora: grazie in particolare alla Caritas ambrosiana, sono state ricostruite alcune case fatiscenti a Urosevac, sono stati acquistate attrezzature mediche per gli ospedali di Mitrovica e Vitina, si è dato vita a un centro di formazione professionale per donne (corsi di sartoria) ed è nato anche un centro per la salvaguardia della cultura Rom. Non solo carità Dall?inizio degli anni Novanta più di 100 mila albanesi del Kosovo siano stati licenziati dalle autorità serbe, perdendo anche l?alloggio, di regola fornito direttamente dal datore di lavoro. Ora le ultime cifre dicono che solo il 10 per cento della popolazione attiva abbia ancora un lavoro retribuito. L?associazione Madre Teresa nasce per venire incontro alle esigenze di circa mezzo milione di kosovari poveri. Questi i suoi risultati. 1. Lotta contro l?analfabetismo. Sono circa 200 mila gli analfabeti, soprattutto donne. L?associazione fornisce insegnamenti a ogni livello, fin dalla prima scolarizzazione. 2. Assistenza caritativa. In 92 centri sparsi per tutto il Kosovo sono assistite 404.456 persone, con distribuzione di alimenti e vestiario. 3. Assistenza sanitaria. Negli stessi centri vengono anche fornite prestazioni gratuite, come vaccinazioni e visite mediche: il tasso di vaccinazione dei bambini a Pristina, per esempio, è solo del 58 per cento. 4. Costruzione di case. A Urosevac verranno ricostruite quattro case, per una spesa complessiva di 30 milioni.


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