Politica

Obiettivo: creare una rete di reinserimento per le prostitute

La regione Veneto fa il punto sul fenomeno della prostituzione e cerca di attuare una strategia globale

di Redazione

Non è un percorso breve ma ci arriveremo: con i progetti contro la prostituzione coatta di strada che finanzieremo creeremo una rete di strutture (case-famiglia, comunità alloggio, ecc.) per l’accoglienza delle giovani donne costrette a prostituirsi nel Veneto, per toglierle dal “giro”, proteggerle con l’anonimato, reinserirle nella società (e, se minorenni, in famiglie venete) e dare loro una nuova prospettiva di vita e di lavoro. Per fare questo ci sono molto utili i dati del primo rapporto dell’Osservatorio regionale contro la prostituzione, che stima in 1.200 le persone costrette a prostituirsi in strada, e i criteri di finanziamento dei progetti regionali di intervento per il 2001. Per la mappatura della prostituzione coatta in strada, l’Osservatorio si è basato sulle attività e i progetti triennali specifici, 1998-2000, dei Comuni e delle Ulss venete finanziati dalla Giunta regionale. Sulla dimensione quantitativa del fenomeno la prudenza è d’obbligo, in particolare per un fenomeno così dinamico e mutabile come la prostituzione coatta di strada, connessa allo stato di clandestinità delle donne. La Giunta regionale ha deliberato i criteri per il finanziamento dei progetti-obiettivo per l’anno 2001 secondo quanto previsto dalla legge regionale n. 41 del 1997. Prioritariamente i progetti, il cui finanziamento regionale complessivo è di 1 miliardo di lire, dovranno indirizzarsi al sostegno e all’integrazione sociale delle donne che vogliono uscire dalla prostituzione, soprattutto le minorenni; all’individuazione di una rete di risorse (pubbliche e private) per realizzare i singoli percorsi di reinserimento sociale (presa in carico, assistenza sanitaria, legale, formazione, occupazione); alla creazione di un raccordo con le forze dell’ordine e la magistratura per la regolarizzazione dei documenti; alla creazione di una rete di accoglienza da attuare almeno nell’ambito provinciale. I progetti dello scorso triennio rappresentano un’ evoluzione nel campo sociale. Da progetti iniziali di tipo valutativo, destinati cioè alla fase conoscitiva del fenomeno, si è passati ai progetti multiformi e integrati (tra servizi, tra pubblico e privato) che sviluppano una fase propositiva e di accoglienza (l’abbandono della strada deve coincidere con l’integrazione sociale e lavorativa), e alla standardizzazione di alcune strategie di intervento (tra azioni svolte alle Unità di strada, campagne informative, formazione) che ha portato a una promozione sociale e umana della persona oggetto di sfruttamento. Durante questo percorso di “crescita” dei progetti, si è constatato che in alcune città (Padova, Venezia, Vicenza e Treviso) si è passati da progetti di emergenza sociale a progetti globali, strutturali, che hanno visto il coinvolgimento di Comuni, Ullss, privato sociale (organizzazioni religiose, organizzazioni laiche, associazioni di volontariato). Non amiamo infatti le azioni frammentarie. La Giunta veneta preferisce cioè lavorare con sistematicità per produrre cambiamenti di sostanza, magari nel lungo periodo, perché non è pensabile dare risposte sommarie ad un problema così complesso limitandosi a penalizzare una volta il cliente e una volta chi è oggetto di questo sfruttamento: serve una vera azione di promozione sociale e umana per favorire una presa di coscienza e di responsabilità delle persone che esercitano la prostituzione. È necessaria pertanto un’unica strategia per coordinare i diversi interventi. ANTONIO DE POLI Assessore alle Politiche sociali Regione Veneto


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