Salute
Farmaci e cure impossibili per 427mila persone
Secondo i dati dell’undicesimo Rapporto sulla povertà sanitaria, realizzato da Banco Farmaceutico sono stati 7 su mille i residenti in Italia che nel corso dell’anno hanno dovuto chiedere aiuto a una realtà assistenziale per potersi curare. Il 10,6% in più rispetto al 2022
di Redazione
In questo 2023 sono state 427.177 le persone (7 residenti su 1.000) che si sono trovate in condizioni di povertà sanitaria. Hanno dovuto, cioè, chiedere aiuto a una delle 1.892 realtà assistenziali convenzionate con Banco Farmaceutico per ricevere gratuitamente farmaci e cure.
Rispetto al 2022 – sottolinea una nota – quando in questa condizione si sono trovate 386.253, c’è stato un aumento del 10,6%.
Inoltre, come emerge dall’11esimo Rapporto Donare per curare – Povertà Sanitaria e Donazione Farmaci realizzato con il contributo incondizionato di Ibsa Farmaceutici e Aboca da OPSan – Osservatorio sulla Povertà Sanitaria (organo di ricerca di Banco Farmaceutico) presentato ieri 5 dicembre a Roma, la spesa farmaceutica delle famiglie aumenta, ma la quota a carico del Servizio Sanitario Nazionale (Ssn) diminuisce.
Le famiglie pagano il 44,1% della spesa farmaceutica
Nel 2022 (ultimi dati disponibili), la spesa farmaceutica totale è pari a 22,46 miliardi di euro, 2,3 miliardi in più (+6,5%) rispetto al 2021 (quando la spesa era di 20,09 miliardi). Tuttavia, solo 12,5 miliardi di euro (il 55,9%) sono a carico del SSN (erano 11,87 nel 2021, pari al 56,3%). Restano 9,9 miliardi (44,1%) pagati dalle famiglie (erano 9,21 nel 2021, pari al 43,7%).
In pratica, rispetto all’anno precedente, le famiglie hanno pagato di tasca propria 704 milioni di euro in più (+7,6%). In sei anni (2017-2022), la spesa farmaceutica a carico delle famiglie è cresciuta di 1,84 miliardi di euro (+22,8%).
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A sostenere di tasca propria l’aumento – sottolinea una nota – sono tutte le famiglie, anche quelle povere, che devono pagare interamente il costo dei farmaci da banco a cui si aggiunge (salvo esenzioni) il costo dei ticket.
Senza il Terzo settore Ssn meno sostenibile
«Attraverso il rigore del metodo scientifico dell’Osservatorio sulla Povertà Sanitaria, vogliamo fornire un contributo di conoscenza su alcuni aspetti essenziali per qualificare la nostra società; in particolare, quest’anno ci preme sottolineare che tante persone in condizioni di povertà non riescono ad accedere alle cure non solo perché non hanno risorse economiche, ma anche perché, spesso, non hanno neppure il medico di base, non conoscono i propri diritti in materia di salute, o non hanno una rete di relazioni e di amicizie che li aiuti a districarsi tra l’offerta dei servizi sanitari. Senza il Terzo settore (e, in particolare, senza le migliaia di istituzioni non profit, di volontari e di lavoratori che si prendono cura dei malati), non solo l’Ssn sarebbe meno sostenibile, ma il nostro Paese sarebbe umanamente e spiritualmente più povero», ha dichiarato Sergio Daniotti, presidente della Fondazione Banco Farmaceutico Ets.
Strutture sanitarie e non profit
Le non profit attive prevalentemente nei servizi sanitari sono 12.578 (e occupano 103mila persone). Di queste, 5.587 finanziano le proprie attività per lo più da fonti pubbliche. Tenendo conto di questo solo sottoinsieme, il non profit rappresenta almeno 1/5 del totale delle strutture sanitarie italiane (oltre 27mila), generando un valore pari a 4,7 miliardi di euro.
La relazione tra povertà di reddito e salute
Si conferma, infine, la relazione circolare tra povertà di reddito e povertà di salute: la percentuale di chi è in cattive o pessime condizioni di salute è più alta tra chi si trova in condizioni economiche precarie rispetto al resto della popolazione (6,2% vs. 4,3% nel 2021). La qualità della vita legata a gravi problemi di salute, inoltre, è peggiore per chi ha meno risorse rispetto a chi ha un reddito medio-alto (25,2% vs. 21,7%). Le risorse economiche non preservano, di per sé, da gravi patologie (specie all’aumentare dell’età), ma consentono di fronteggiarne meglio le conseguenze. A compromettere lo stato di salute di chi è economicamente vulnerabile, contribuisce la rinuncia a effettuare visite specialistiche, che è cinque volte superiore al resto della popolazione.
In apertura un’immagine di medici e sanitari volontari da Ufficio stampa
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