Non profit

Ma chi paga i nostri diritti?

"Caro Direttore" parla questa settimana di tematiche legate al tema del lavoro e della pensione.

di Riccardo Bonacina

Caro direttore si parla spesso, troppo spesso, di diritti acquisiti. Una formula che incita, a mio parere, gli egoismi seppur ammantati di ogni progressismo. “Non frenare la corsa dei tuoi diritti”, ho letto su un manifesto della campagna per l?articolo 18. E ancora, “Diritti senza confini”, recitava un altro slogan. Quali sono questi diritti che tutti, giustamente e comprensibilmente, rivendichiamo? L?elenco è lungo, si va dalle maggiori garanzie sul lavoro, all?emancipazione della donna e la promozione delle pari opportunità, chiediamo maggiori tutele pensionistiche e previdenziali, l?estensione di sicurezze ecc. Non sono, è ovvio, contro tutto questo. Non soffro della sindrome Tafazzi. Ciò che mi fa arrabbiare è piuttosto che nella mia vita, di impegnata, ci tengo a sottolinearlo, non ho mai sentito nessuno chiedersi: ma chi paga l?estendersi dei nostri diritti? Che parte abbiamo noi nella crescita delle diseguaglianze nel mondo o tra le generazioni? Caro direttore, ma secondo lei sono malata io, oppure siamo tutti troppo egoisti? Maria Severini, email Carissima Maria, secondo me stai benissimo e la tua domanda non solo è legittima, è giusta. Facciamo un caso concreto, il problema pensioni. Il sistema previdenziale italiano è fatto di privilegi: le pensioni più ricche sono quelle dei notai, dei giornalisti, dei professori e anche i dipendenti pubblici non stanno male. È un sistema previdenziale che presenta gravi squilibri e ingiustizie. La situazione è fortemente squilibrata. Oggi l?Inps ha poche entrate e molte uscite. Il divario, calcolato in maniera realistica, aumenta ogni anno al 4,5% del Pil. Se lo Stato ha una uscita di questo tipo, sul resto deve fare cassa per compensare questa voce. Su chi grava questo debito? Chi deve pagare? Le generazioni future che non hanno scelto, non lo hanno sottoscritto, ma devono pagarlo. Gli immigrati possono aiutarci? Sì, ma non basta. Qui c?è un problema di equità tra le generazioni. Vede, sono tutte domande legittime e giuste. E a proposito di immigrati, personalmente, c?è un altra domanda che mi tormenta. Il lavoro femminile in soli 5 anni, nel settore dei servizi, è aumentato del 16%. Evviva, esultiamo, è l?emancipazione. Eppure, mi chiedo: ma qualcuno noterà che questa emancipazione ha un costo? E che questo costo è oggi pagato da migliaia di donne immigrate che abbandono i loro figli per accudire i nostri e tenere in ordine le nostre case. Vede, cara Maria, se lo sguardo non è al mondo, anche i nostri diritti sono mera espressione di egoismo.


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