Formazione

Il cinema tiene le porte aperte

Produzioni indipendenti. E spesso anche scomode. Ma a Bellaria hanno avuto spazio. E ora sono sulla bocca di tutti. Ecco cosa raccontano (di Raffaella Beltrami).

di Redazione

Niente cannonate e niente ultimatum. Per sensibilizzare l?opinione pubblica sui diritti civili degli immigrati c?è un altro modo, polemico, poco visibile, ma efficace: il documentario. Ma le luci in sala si abbassano, purtroppo, solo in quei rari casi di festival del cinema veramente indipendenti, come quello di Bellaria, l?Anteprima voluto da Morando Morandini. Qui giorni fa sono stati presentati tre film-inchiesta nella sezione Storie d?immigrati. “Passavo tutti i giorni davanti al Ferrhotel di Roma, uno dei centri di accoglienza per richiedenti asilo politico”, racconta Cosimo Calamini, 28enne cineasta fiorentino, autore di Io sono un?incertezza. “Ho stabilito un contatto col responsabile e ho cominciato a prestare volontariato per conoscere chi vi soggiornava”. Dopo tre mesi di avvicinamento, si è stipulata una sorta di patto di fiducia con gli abitanti di questo purgatorio per rifugiati. “Allora ho cominciato le riprese e ho approfondito la conoscenza di Vadettin attraverso l?obiettivo della mia digitale. Curdo, scappato dal paese perché accusato di far parte del Pkk, attendeva il tanto sospirato colloquio per rimanere in Italia. Non è stato accettato e ora è fuggito non si sa dove”. Calamini ha affrontato senza alcun sostegno economico questa coraggiosa testimonianza, “per far conoscere le realtà che non proiettano in tv, quelle di persone trattate come carne da macello, che sbarcano e vengono poi abbandonate senza che nessuno si interessi alla loro sorte o alla loro storia”. Stesso intento ha spinto una giovane regista milanese, Costanza Bombarda, a filmare un viaggio molto particolare: il Cascina Gobba-Casablanca. Questo il titolo dei 30 minuti di Ritorno a casa di un pullman stipato di marocchini. Partenza dalla stazione della metropolitana milanese, Cascina Gobba appunto, e arrivo nella Patria mai dimenticata. “Mohamed, Soluane, Ali: ecco il tema del mio documentario. Non riprendo un viaggio tra immigrati, ma tre uomini con le loro storie, i loro sogni e i loro progetti”. Dignità: questo ha saputo restituire Costanza ai suoi attori involontari. “Ho incontrato molte difficoltà in Marocco. Ma il viaggio da sfinimento (ben 40 ore, interrotte da brevi soste fisiologiche) e la disponibilità degli intervistati mi hanno incentivata a persistere”. Ora i milanesi potranno assistere a una proiezione pubblica del cortometraggio nel corso della rassegna della Scuola civica di cinema che si terrà dall?8 al 12 luglio al cinema Gnomo. La possibilità di dare visibilità al suo film-inchiesta anima anche il leccese Stefano Mencherini, giornalista d?assalto che ha fatto dei videoreportage a sfondo sociale la propria missione. Dopo il manicomio criminale di Aversa (in Socialmente pericolosi) e gli incidenti sul lavoro (in Carichi sospesi), ora si è dedicato all?immigrazione con il crudo e polemico Mare nostrum. L?esito è un puzzle forte e disturbante sugli effetti della legge Bossi-Fini-Mantovano del 2002. Immagini di repertorio, riprese scioccanti (come quella delle fosse comuni sulle note di C?è tempo di Ivano Fossati). Come vederlo? Comprandolo su sito internet del regista, Stefano Mencherini Raffaella Beltrami


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