Sustainability portraits

La sostenibilità? Merita il credito

Dobbiamo osare nuove prospettive per costruire un modello di capitalismo responsabile che massimizzi il valore collettivo. Parola di Elisa Dellarosa di Crédit Agricole Italia, nella nuova puntata della rubrica dedicata ai manager con competenze Esg. Che parte da una bicicletta di Riyadh e arriva ai nostri territori

di Nicola Varcasia

Per costruire un mondo sostenibile, più libero e cooperativo bisogna imparare a guardare la realtà da una nuova prospettiva. Ad esempio, quella della ragazza di Riyadh raccontata da Haifaa Al-Mansour nel film La bicicletta verde. La “rivoluzione gentile” messa in scena dalla prima regista donna dell’Arabia Saudita è uno dei riferimenti preferiti di Elisa Dellarosa, head of corporate governance and sustainability di Crédit Agricole Italia per descrivere se stessa. E per introdurci ai progetti e alle strategie di un gruppo bancario che dichiara esplicitamente di legare il suo futuro alla costruzione di uno sviluppo pienamente sostenibile. Ma, come di consueto, in questa rubrica, partiamo dagli inizi.

Quali sono le tappe principali del suo percorso?

Ho una formazione giuridica e sono impegnata da oltre 25 anni nel settore bancario. Ho lavorato in società di consulenza e, successivamente, assunto incarichi di responsabilità presso banche di medie dimensioni.

Con quali funzioni?

Prima a capo di quella legale, compliance, internal audit, a cui è seguito il passaggio alle funzioni organizzazione, responsabile risorse umane e la vicedirezione di Cassa di risparmio di Rimini.

Quando l’ingresso in Crédit Agricole Italia?

Nel 2018, con un percorso che mi ha portato all’attuale responsabilità di affari societari e sostenibilità. Ho avuto la fortuna di svolgere tante attività che hanno arricchito il mio cammino e soprattutto umano: una carriera è fatta di incontri, di persone e progettualità condivise.

Come ha approcciato i temi della sostenibilità?

La prima esperienza risale al 2013, come consigliere delegato di Eticredito, una piccola banca fondata sui principi di finanza etica per erogare microredito sul territorio. Abbiamo costruito la prima piattaforma di Crowfunding a sostegno del terzo settore, che in Crédit Agricole stiamo portando avanti su Crowdforlife con grandi risultati. L’altra importante esperienza è stato l’incontro con il tema della diversity nella governance aziendale.

In che modo?

Negli anni ho fatto parte di consigli di amministrazione di banche e ben presto ho scoperto che il mondo dell’industria finanziaria è fedele a schemi culturali tradizionali e prevalentemente maschili. Per questo, occupandomi di governance, ho sempre dedicato grande impegno per l’evoluzione dei sistemi societari e organizzativi in chiave di diversity. Lo scambio di visioni differenti per provenienza, genere o background culturale è una condizione di lavoro indispensabile per comprendere gli interessi di tutti gli stakeholder.

Pensa che nel quadro Esg la G di governance sia trascurata?

Talvolta i riflettori sono puntati su E di environment e la S di social. Invece, un buon governo è cruciale per mettere a terra le politiche di sostenibilità: i fatti dimostrano che la principale causa dei ritardi sugli impegni ambientali e sociali è una governance inadeguata, vuoi nella definizione delle strategie, vuoi nella fase di esecuzione o, semplicemente, per difetto culturale.

C’è un ambito che le ha fatto comprendere in modo significativo l’importanza di questi temi nel lavoro?

Ciò accade ogni volta che incontro gli studenti delle università con cui collaboriamo, quando tengo lezioni sui temi Esg. Nello sguardo attento dei giovani, affamati di informazioni sulla sostenibilità, si trova la certezza che questa rivoluzione è veramente possibile: la transizione energetica, la coesione sociale, il buon governo che tenga insieme lo scopo lucrativo e il beneficio collettivo. I giovani sanno “pensare avanti” e guideranno questa trasformazione nelle fasi più difficili. A noi la responsabilità di gettare le basi, facendo il grande sforzo di pianificare a lungo termine, poiché la gestione del climate change e della just transition richiede orizzonti temporali che vanno al di là di quelli tradizionalmente utilizzati dal mondo finanziario.


Le nuove normative europee aiutano in questo approccio di lungo termine?

È proprio su questo assunto che poggiano le nuove regole sugli investimenti sostenibili di Sustainable finance disclosure regulation – Sfdr  e la direttiva sulla governance diligente (Csdd). Chi ha il potere di decidere deve guardare lontano, non solo ai numeri dell’esercizio: dobbiamo osare nuove prospettive per costruire un modello di capitalismo responsabile che massimizzi il valore collettivo.

Venendo al presente, che cos’è la sostenibilità per la vostra Banca?

La sostenibilità è scritta nel purpose di Crédit Agricole: «Agire ogni giorno nell’interesse dei clienti e della società». Noi la chiamiamo Raison d’Être, perché parla di quello in cui crediamo, del nostro scopo, dell’impatto positivo che la banca ha sul mondo. Racconta di azioni concrete, di una cultura aziendale che mette al centro il cliente e la persona, dell’impegno per le comunità, dei piccoli passi di ogni giorno che guidano le trasformazioni nel lungo periodo. I principi della sostenibilità attraversano tutto il nostro piano strategico, perché siamo convinti che ogni business debba rispondere agli obiettivi Esg: non c’è vera creazione di valore senza utilità sociale.

Il vostro Piano di sostenibilità presenta un quadro completo di tutti gli interventi messi in campo sul piano ambientale e sociale, come si declina questo impegno soprattutto dal punto di vista degli impatti e della responsabilità sociale?

Realizziamo ogni anno tantissime iniziative di responsabilità sociale. Tra queste, vorrei ricordare l’azione dei nostri Comitati territoriali, la collaborazione con le Fondazioni e gli enti per iniziative di sviluppo sociale e culturale, la raccolta fondi attraverso la piattaforma Crowdforlife per dare forza al Terzo settore, le attività di formazione e orientamento del Progetto scuole e il tema dell’inclusione dei giovani delle periferie delle grandi città, con iniziative formative e di coinvolgimento mediante stage.

Chi sostenete direttamente?

Le nostre azioni di raccolta fondi e sostegno diretto vanno a beneficio di tante associazioni, fra cui Croce rossa italiana e Save the children. Completo il quadro citando il volontariato d’impresa di tanti bravissimi colleghi, impegnati per l’ambiente e per il sociale nei progetti Volontari di valore  e New life, in cui lavoriamo per l’economia circolare, rigenerazione urbana, riuso e riciclo, riduzione degli sprechi alimentari.

I vostri clienti privati ed imprese sono interessati alla finanza sostenibile? Ci sono dei pregiudizi sulla reale portata “green” o “social” dei vostri prodotti?

Il nostro modo di lavorare è concreto e trasparente: offriamo servizi che rispondono ai criteri Esg nell’ambito di un percorso condiviso con il cliente, nella logica di accompagnamento in tutte le fasi più importanti della vita della famiglia o dell’azienda. I nostri clienti ci dimostrano fiducia e apprezzamento: nell’ultima survey chiusa nel mese di settembre da Bva doxa, l’indice l’Irc 2023 – Indagine di raccomandazione clienti rilevato su oltre 4mila persone vede Crédit Agricole Italia al primo posto tra i player bancari italiani.

Quale spazio di sviluppo vedete per i servizi proposti dalla banca in ambito sostenibilità?

Crédit Agricole è soprannominata Banque Verte e in Francia la parola sostenibilità è tradotta durabilité. Il nostro posizionamento identitario è proprio questo: stringere un patto con gli stakeholder per fare insieme la transizione sociale e climatica, con sguardo rivolto al futuro. Crédit Agricole è stata la prima banca ad aderire alla Net zero banking alliance e a dichiarare obiettivi al 2030 di riduzione dell’impronta carbonio dei crediti erogati sui settori economici rilevanti. Questo significa aver preso l’impegno di guidare concretamente le famiglie e le imprese nella transizione energetica. Le regole europee emanate per contrastare il surriscaldamento globale, ad esempio quelle sugli edifici e sulle auto, cambieranno presto la nostra vita: il ruolo della banca è quello di affiancare, consigliare e sostenere il cliente, con servizi dedicati e tanta passione.

Ma l’idea che – consenta la semplificazione – la finanza internazionale (fondi, grandi investitori, banche d’affari, paesi con enormi disponibilità guidati da regimi non democratici) persegua, nei fatti, solo profitti e interessi di parte a danno dell’economia reale e del bene comune, non rende i discorsi sulla sostenibilità un po’ astratti?

È esattamente il contrario e spiego il perché. Gli obiettivi fissati dall’Onu in Agenda 2030 sono ben lontani dall’essere raggiunti, per questo abbiamo avuto una fortissima accelerazione normativa, soprattutto in Europa. Ebbene, nel percorso tracciato dal regolatore, le banche giocano un ruolo chiave per il finanziamento della transizione sociale ed energetica. Vi sono infatti gravi carenze di fondi per coprire le esigenze di welfare e gli obiettivi ambientali, dunque occorre combinare investimenti pubblici con quelli privati. Qui entra in gioco l’industria del credito, che ha il compito di diffondere la cultura Esg, orientare i capitali privati sulla transizione e costruire sinergie finanziando progetti sostenibili.

Siamo partiti da un film, concludiamo con un consiglio di lettura per riflettere sui temi di cui abbiamo parlato.

Il Barone Rampante di Italo Calvino. È attualissimo anche in chiave Esg, come manifesto politico e morale, perché  ispira una mite disobbedienza per  ripensare regole e superare convenzioni, con la capacità di guardare la realtà da una nuova prospettiva, per costruire un mondo sostenibile, più libero e cooperativo.

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