Welfare

L’Europa promuove il Sud

I progetti, che riceveranno i fondi di fiducia europei, sono il frutto di un accordo tra settore pubblico, privato e non profit. Che saranno i protagonisti di uno sviluppo deciso sul territorio

di Mariano Campo

L? Italia entra in Europa e l?Europa entra in Italia. Soprattutto al Sud, ma non solo. Con una pioggia di miliardi per realizzare nuove imprese e creare occupazione, ma senza assistenzialismo. Tutto ciò grazie a un grande accordo tra enti locali, parti sociali e altri soggetti pubblici e privati per l?attuazione di interventi nei settori dell?industria, dei servizi e delle infrastrutture. È questo il significato principale dei ?Patti europei di fiducia per l?occupazione?, progetti pilota che rientrano nel novero degli strumenti previsti dalla Finanziaria ?97 e regolati da una delibera Cipe del 1997. La delibera ha allargato lo spazio di intervento di questi progetti, non limitandoli solo alle zone più depresse. Basti vedere l?elenco riportato nel box a lato per rendersene conto. Bruxelles sta ora valutando dieci di questi Patti, a cui ha fornito un contributo iniziale di 400 milioni, solo per la fase di progettazione. Una volta approvati dagli organismi comunitari, i Piani di azione locale dei Patti (che devono essere innovativi e di valenza sociale) permetteranno l?attivazione di ulteriori finanziamenti – in parte fondi dell?Ue, in parte fondi nazionali – per i progetti d?impresa e la realizzazione delle infrastrutture. Non meno del 30 per cento degli stanziamenti dovrà inoltre provenire da investimenti privati, con un coinvolgimento diretto di capitali degli imprenditori dell?area interessata. In una parola si tratterà dello sviluppo delle realtà locali, non di quell?assistenzialismo che ha lasciato dietro di sé troppe cattedrali nel deserto. Cattedrali decise a Roma o nei consigli di amministrazione delle grandi imprese e che poi, alla prova dei fatti, sono risultate inutili o, peggio ancora, devastanti per l?economia locale. Con i Patti, invece, le vere protagoniste saranno le realtà territoriali. Per questo, tra i requisiti fondamentali rientrano l?impegno degli enti locali, a semplificare e ad accelerare le procedure amministrative, e un?intesa tra le rappresentanze sindacali e degli imprenditori, per una gestione flessibile del mercato del lavoro. E la vera sfida è proprio qui: evitare che in certe aree accada la contemporanea presenza di disoccupati e di posti vacanti. Infine, per il rafforzamento delle condizioni di sicurezza, i Patti potranno accompagnarsi con specifici protocolli di intesa con gli organi preposti alla tutela dell?ordine e della sicurezza pubblica. I Patti, secondo il ministro per le Pari oppurtunità Anna Finocchiaro, che segue da vicino le politiche per l?occupazione nel Mezzogiorno, «innescano direttamente il protagonismo degli enti locali, che diventano per la prima volta soggetti promotori di uno sviluppo dal basso, allontanando così i rischi derivanti dalla globalizzazione dei mercati».
E grandi speranze provengono anche dal Terzo settore, a cui tutti i progetti che nascono in ambito comunitario riservano un?esplicita e ricorrente attenzione: «A partire dal Libro bianco di Jacques Santer», spiega Teresa Panariello, del Servizio politiche di coesione del ministero del Bilancio, «l?Europa richiede espressamente che i fondi siano indirizzati verso quei settori che sono stati individuati come futuri bacini di occupazione. Ciò significa che anche tutti i Patti che sono nati in una logica tradizionale, hanno dovuto sforzarsi nel prevedere misure specifiche per lo sviluppo del non profit».
La Sicilia punta sul non profit
Dodici miliardi per far decollare una volta per tutte il settore delle società non profit. La grande occasione per le imprese sociali della Sicilia orientale viene dal Patto territoriale per l?occupazione Catania Sud, che stanzia dei fondi destinati esclusivamente al sostegno e alla promozione finanziaria delle organizzazioni senza scopo di lucro e prevede la nascita di un vero e proprio ?incubatore d?impresa?. «I finanziamenti», spiega Carmelo Coco, sindacalista della Cisl di Catania e coordinatore del ?Laboratorio del non profit?, che riunisce una trentina di realtà del privato sociale, «serviranno innanzitutto a trasformare il Laboratorio, che fino ad adesso ha avuto un ruolo puramente progettuale, in una struttura capace di aiutare tutte le nuove imprese a crescere e svilupparsi. Al tempo stesso, però, opererà come centro di monitoraggio e qualificazione, certificando l?efficienza dei servizi forniti da questi soggetti, in particolare da quelli convenzionati con gli enti locali». Tra i punti di forza del progetto ci sono poi la creazione di un ?Info point? sulle opportunità offerte dall?Unione europea e l?istituzione, da concertare con l?Università di Catania, di una laurea breve in Economia e gestione delle imprese cooperative e delle organizzazioni non profit, sull?esempio di quelle già esistenti a Forlì e all?Università Cattolica di Milano. Le ultime stime Irs a livello nazionale prevedono per il terzo settore circa 250 mila posti di lavoro in più nei prossimi anni, rispetto agli attuali 450 mila. Perciò l?iniziativa è stata condivisa con entusiasmo dalle organizzazioni che hanno sottoscritto il protocollo d?intesa del Patto promosso dal Comune di Catania: un arcipelago che va dalla Compagnia delle opere, all?Arci, agli ambientalisti (Legambiente, Wwf, Marevivo), al mondo delle cooperative (Legacoop, Unci, Agci, Confcooperative), alla Croce rossa e Misericordie, agli scuot dell?Agesci, alla Lila, al Movimento federativo democratico, al Movi, a enti morali e di assistenza come l?Avis, la Caritas, il Cnos, l?Oda, il Consorzio di cooperative sociali Sol.co., ai gruppi di volontariato Vincenziano.

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