Cultura

Lo Stato alla prova della sussidiariet

C’è davvero qualcosa da temere da una accresciuta interazione fra istituzioni e società civile? Forse, al di là di certi sterili scontri politici fra iper statalismo e liberismo sfrenato, sarebbe ora

di Cristina Giudici

Stampella dello Stato o risorsa vitale dell?intervento pubblico? La discussione sulla seconda parte della Costituzione che affronta il principio di sussidiarietà nelle funzioni dello Stato è in dirittura d’arrivo. Ma il dibattito avviato alla Bicamerale dieci mesi fa divide ancora i politici fra statalisti e liberisti. Il primo comma dell?articolo 56 approvato a giugno recitava: «Le funzioni che non possono essere più adeguatamente svolte dall’autonomia dei privati sono ripartite fra comunità locali, organizzate in Comuni e Province, le Regioni e lo Stato, in base al principio di sussidarietà». A settembre la questione veniva ribaltata a favore dell?intervento pubblico. Ora Vincenzo Guarino (Ppi) ha cercato una mediazione proponendo un criterio di proporzionalità: «Abbiamo cercato di creare una base di dialogo fra chi teme l’iperstatalismo e chi il liberismo sfrenato», ci dice. «Lo Stato deve intervenire solo quando ce n?è bisogno. Per esempio: se un ente privato immette sul mercato un farmaco con effetti nocivi, tocca allo Stato vigilare per il ben pubblico. In ogni caso la riforma non mira a favorire il privato profit ma a valorizzare il terzo settore, rimuovendo la burocrazia statale che gli impedisce di crescere». Proprio a questo sembrano puntare i fan di quel comma 1: a dare una marcia in più al non profit. Giorgio Vittadini, presidente della Compagnia delle opere (che al tema ha dedicato la sua assemblea nazionale mercoledì 18), aveva parlato di «rinascita di uno statalismo aggressivo, dove le associazioni sarebbero alla mercè degli assessori». Vittadini aveva attaccato con parole di fuoco il senatore D?Onofrio (Ccd), reo di aver difeso il testo modificato. «Stiamo assistendo al funerale del principio di sussidarietà: quella vera, indicata dalla dottrina sociale della Chiesa, stabilisce il principio che la persona, le aggregazioni di persone e le formazioni sociali possono dare risposta ai bisogni dei cittadini». E D?Onofrio come si difende? «Forse Vittadini non ha capito che stiamo riformando la seconda parte della Costituzione», dice a ?Vita?. «La valorizzazione del non profit è già garantita dai principi generali della prima parte. Esercito o carceri non possono esser gestite da volontari». Forse, evitando sterili contrapposizioni, sarebbe ora di accorgersi che dalla valorizzazione dei corpi intermedi è l?intera società a guadagnarci. Stato e privati, mondo profit e non profit. L?intervento di mons. Ennio Antonelli Lo Stato governi di più e gestisca meno Ecco i passi salienti del messaggio inviato dal segretario generale dei vescovi italiani, mons. Ennio Antonelli, all?assemblea nazionale della Cdo. A vete titolato questo incontro ?Più società meno Stato: il principio di sussidiarietà e le riforme istituzionali?. Riproponete così un tema cui avete dato costante attenzione e oggi di particolare attualità. Constatiamo con soddisfazione che il principio di sussidiarietà riscuote sempre più ampi consensi in ambito internazionale. Anche in Italia, nella prospettiva delle riforme, sta ricevendo adesioni e inedite esplicitazioni. È necessario però che sia inteso correttamente o applicato concretamente. Lo Stato e le sue istituzioni devono pensarsi a servizio della persona, della famiglia e dei soggetti sociali più vicini alla persona. ?Compito delle istituzioni è intervenire a loro sostegno (subsidium afferre) per metterli in grado di sviluppare la loro iniziativa, di realizzare il loro intervento, fornendo o integrando gli strumenti e le risorse necessarie. Ciò nel quadro di una progettazione che, individuati i bisogni e censite le risorse, coordini tutto al bene comune?. Così si esprimeva la Commissione ecclesiale Giustizia e Pace. Sulla stessa linea un altro documento dei Vescovi ?Democrazia economica, sviluppo e bene comune? : ?Un nuovo stato sociale non può essere governato solo da un centro pensato come vertice della società né può essere forgiato dalla mano invisibile del mercato. Il binomio stato-mercato non è più sufficiente né adatto. È necessario far intervenire un terzo polo, il cosiddetto terzo settore o privato sociale, costituito da libere associazioni, volontariato, cooperazioni di solidarietà sociale, fondazioni e organizzazioni non-profit. Questo terzo polo si presenta come dinamico, attivo e capace di assorbire l?insufficienza di regolazione che c?è nel mercato, così come l?alienazione di una società burocratizzata per via statuale, nella prospettiva di una democrazia più piena e nello spirito della dottrina sociale della Chiesa, i cui principi sono nella stessa Costituzione?. La Costituzione italiana all?art. 2 ?garantisce i diritti inviolabili dell?uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove svolge la sua personalità?. L?applicazione coerente del principio di sussidiarietà non reca pregiudizio alla necessità e importanza dello Stato né sminuisce il suo ruolo, ma lo interpreta come potere di sostegno e di coordinamento, pienamente democratico. Senza un adeguato riconoscimento dei soggetti sociali lo stesso decentramento di molte competenze agli enti territoriali potrebbe tradursi in una maggiore invadenza della pubblica amministrazione e in una ulteriore burocratizzazione dei servizi. È bene che lo Stato governi di più e gestisca di meno. Il primo soggetto sociale che attende di essere adeguatamente riconosciuto è la famiglia fondata sul matrimonio. Tra i suoi diritti vi è la libertà di educazione che esige il riconoscimento di un ruolo di rilievo dei genitori nella gestione dell?autonomia scolastica e l?attuazione di una reale parità scolastica per le scuole non statali. segretario generale della Cei


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