Scuola
Il Governo della natalità rinegozia il Pnrr sugli asili e taglia 114mila posti
Così la portavoce dell’Alleanza per l’Infanzia Chiara Saraceno sui tagli agli asili nido: «Una scelta in perfetta contraddizione»
di Alessio Nisi
«È sconcertante. L’Italia non ha ancora raggiunto l’obiettivo fissato per il 2010. Avrebbe dovuto raggiungerlo con il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza – Pnrr e adesso anche questo viene messo in crisi. Nel frattempo l’obiettivo è diventato il 45% di copertura. Poi, i nidi che mancheranno, mancheranno soprattutto nel Mezzogiorno dove si sta ampiamente al sotto persino del 33%». Queste le prime parole con cui Chiara Saraceno, sociologa, già docente all’università di Trento e di Torino, portavoce dell’Alleanza per l’Infanzia (composta da una quarantina di organizzazioni e associazioni, aventi rilevanza nazionale, con competenze ed esperienze specifiche in materia di diritti, salute, educazione, sviluppo dei bambini e adolescenti, di politiche per le famiglie) commenta i tagli agli asili nido in sede di revisione del Pnrr.
Questa decisione colpisce fortemente i bambini, le famiglie in condizioni più svantaggiate, nel mezzogiorno, i genitori e in particolare le donne che non lavorano, ma che forse riuscirebbero ad andare a lavorare se avessero questo servizio
Chiara Saraceno – sociologa e portavoce dell’Alleanza per l’Infanzia
Inflazione, ma non solo
Il passaggio, approvata dalla Commissione Europea, rivede il target finale degli asili nido e delle scuole dell’infanzia, portandolo da 264.480 posti a 150.480. Oltre centomila posti in meno. Una rimodulazione resasi necessaria per due motivi: da una parte i costi delle materie prime, cresciuti di almeno il 50% rispetto alle stime del 2021.
I no di Bruxelles. Dall’altra, Bruxelles non ha ritenuto ammissibili come nuovi posti gli interventi di messa in sicurezza, demolizione e ricostruzione, nonché i centri polifunzionali, selezionati nel 2021-2022 dal precedente governo. Inoltre, la commissione non ha riconosciuto ammissibili le spese per l’avvio della gestione del servizio, operando un taglio di 900 milioni. Nonostante la sforbiciata, però, dal governo assicurano che non sarà definanziato nessun intervento già aggiudicato, così come saranno mantenute le risorse in conto corrente già assegnate ai comuni. Si continuerà inoltre ad investire in asili nido per aumentare il numero dei posti, per raggiungere il 33% di copertura entro il 2026 e per garantire il target finale
Il governo ha rinegoziato sui nidi
Per Saraceno è stata una scelta «in perfetta contraddizione per un Governo che dice di puntare tutto sulla famiglia e sulla natalità. Se questo fosse davvero uno degli obiettivi principali, avrebbero dovuto difendere con le unghie e coi denti quei posti e vedere dove altro potevano tagliare». Una scelta che è frutto, spiega sempre la sociologa, di un approccio in qualche modo rinunciatario dell’esecutivo. «È vero che è stato un bando difficile, che molte comuni non hanno risposto, che ci siamo mossi tardi nel capire che c’era bisogno di appoggiare i comuni stessi. Però è passato anche tanto tempo». Il fatto è che, sottolinea, «sono andati a Bruxelles pronti a rinegoziare proprio sui nidi, anche se lo hanno smentito. Loro hanno proposto di tagliare, non glielo ha chiesto la Commissione».
L’errore grave sulle ristrutturazioni
Alla stessa Commissione Saraceno imputa il grave errore di non aver ritenuto ammissibili «le ristrutturazioni: una decisione incomprensibile, in contrasto con ogni preoccupazione ecologica. Perché cementificare in più e fare costruzioni nuove, quando posso riadattare, in modo ovviamente adeguato, costruzioni vecchie o allargarle? Qui mi sarei battuta come un leone fossi stato il Governo. È stato un errore grave della Commissione».
Le risorse altrove
Al netto degli errori e dei tagli, a oggi il Governo promette che però troverà le risorse altrove. «Non mi importa. Lì c’erano dei soldi certi e ora quei soldi certi li spostiamo per fare il ponte sullo Stretto? Vorrei capire. Non non mi è sembrato un buon messaggio, tanto più che siamo indietro».
La scelta sbagliata di puntare sui Comuni
Fra i temi di questa vicenda, rientra anche la scelta di affidare i bandi sui nidi ai comuni. «In generale, affidare una decisione se fare o non fare un servizio definito essenziale alla decisione dei comuni sarebbe come affidare la decisione dei comuni se fare o no la scuola primaria, se avere o no un sistema sanitario. I comuni possono decidere dove farlo. Non solo. In questo modo ci si è anche basati sulla capacità dei comuni di redigere i progetti: rispondere ad un bando richiede personale competente e molti enti locali non ne hanno o non ne hanno a sufficienza».
La gestione dei nidi
Non basta però creare nuovi posti nido, occorre anche farli funzionare quotidianamente e anno dopo anno: Bruxelles non ha ritenuto accettabili in chiave Pnrr neanche le spese disposte nel 2021-2022 per sostenere i comuni nell’avvio della gestione del servizio. «Sulla gestione dei nidi il governo precedente aveva messo dei fondi extra Pnrr, vincolando fondi, per quanto si possa fare, anche nelle finanziarie future per garantire a livello comunale i costi di gestione per la copertura delle dei 33%, perché erano stati definiti i livelli essenziali. Che succede adesso? Hanno detto ai Comuni che troveranno altri fondi». Resta un punto interrogativo. «Vedremo quando come e dove. Un comune che ha iniziato a fare i lavori può andare avanti con la certezza che rientrerà nelle spese?», si chiede, «gli enti locali sono in una situazione di grande incertezza».
Le competenze degli educatori. Nella gestione degli asili nido rientra anche il tema del personale. «Su questo punto abbiamo contattato il ministro Roccella e il ministro Valditara, ma non abbiamo avuto risposte. Bisognerà comunque che per i prossimi traguardi in vista ci siano degli insegnanti, degli educatori e delle educatrici: altrimenti il rischio è che si metta dentro gente non formata».
In apertura foto di BBC Creative per Unsplash
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