Famiglia

Una clausola li salverà?

Le regole ci sono e molte imprese sono già pronte a sottoscriverle. Ma mancano ancora gli organismi di controllo. A giugno appuntamento decisivo a Ginevra

di Mariateresa Marino

Un vero passaggio in India. Il richiamo fatto da Sergio Cofferati da una delle patrie dei bambini sfruttati, si è unito a quelli più autorevoli fatti dal Papa e dal presidente Scalfaro. E ha ufficialmente sollevato il problema nel nostro Paese: bambini che lavorano in Italia – per esempio la fabbrica chiusa in Sicilia – e aziende italiane che sfruttano la manodopera a basso costo all?estero. Un problema complicato, l?intreccio degli interessi delle grandi industrie con la necessità di sostentamento delle famiglie del Sud del mondo (costrette a far lavorare i loro figli).
Le soluzioni reali latitano, come sottolinea Giorgio Fossa, presidente della Confindustria. «Da sempre noi giochiamo per la trasparenza nel mercato, dunque questa battaglia contro lo sfruttamento non può che vederci d?accordo. Però le clausole sociali nella produzione non possono essere un?iniziativa che può gestire solo l?Italia. Dobbiamo attendere che si definiscano delle regole internazionali». Nel frattempo un movimento concreto si è già formato nel nostro Paese, perché si arrivi a una definizione delle regole.
Come spiega Mauro Beschi, presidente dell?Organizzazione europea dei sindacati tessili, abbigliamento e cuoio (le categorie maggiormente coinvolte). «Già da due anni lavoriamo a un codice di condotta per le aziende. In linea di principio una garanzia del rispetto dei diritti umani nel mondo del lavoro è già in vigore. Le associazioni di categoria hanno aderito e si sono impegnate nel fare pressione sulle aziende associate, ma rimane il problema di chi garantisca l?effettiva attuazione delle clausole». L?organismo preposto al controllo, dunque, si presenta come il vero nodo della questione sul lavoro minorile. «Già da due edizioni la partecipazione al Mipel è ristretta alle sole aziende che garantiscono il rispetto degli standard umani di produzione – spiega Francesco Muzzolon, presidente di Aimpes, Associazione italiana manifatturieri pelli -. Con tutto il valore, però, che un?autocertificazione può avere. Dobbiamo poter dare in fretta una risposta al mercato parallelo, basato completamente sul lavoro nero e dei minori. Credo che il ministero del Lavoro abbia fatto un progetto, che mi auguro porterà alla formazione di una commissione di controllo esterna».
E dal ministero arrivano notizie incoraggianti: tre miliardi raccolti con l?iniziativa ?Regala un?ora di lavoro per i bambini sfruttati?. Un progetto poco pubblicizzato, ma che ha visto l?Italia giocare in anticipo sugli appelli rivolti in questi giorni da Unicef e Oil (l?Ufficio internazionale del lavoro). «Vogliamo continuare sulla linea del coinvolgimento delle parti sociali – spiega Daniela Carlà, direttore dei rapporti internazionali del ministero del Lavoro -. Ora che finalmente è stato compreso l?intreccio che esiste tra la situazione nazionale e quella internazionale, è il momento che le singole nazioni prendano posizione; ma esiste un consenso diffuso sulla necessità di clausole sulla produzione: entro il 2000 arriveremo a una completa applicazione». Un ottimismo giustificato dal confluire di questioni economiche. La voglia di una giusta competizione (dove le grandi industrie risulteranno comunque vincenti) e una nuova forma pubblicitaria (i prodotti a ?marchio sociale?) c?entrano poco con il dramma dei piccoli schiavi. «Ma importante è la battaglia, non i motivi per cui la si combatte- spiega Maurizio Sacconi, presidente della sezione italiana dell?Oil -. La grande svolta si è verificata durante il vertice sul lavoro di Singapore, dove si è sottolineata la necessità dell?unione tra sociale e commerciale»
La data da attendere, secondo il presidente di Oil-Italia, è il prossimo giugno a Ginevra, in occasione della Conferenza internazionale del lavoro. «In quell?occasione i 174 paesi membri delle Nazioni Unite dovranno sottoscrivere un documento sull?applicazione dei requisiti minimi. In questo modo sarà possibile sradicare quello che noi definiamo ?l?intollerabile? – il lavoro sotto i 12 anni, la prostituzione minorile -. E saremo sulla strada giusta anche per risolvere il contrasto tra il Nord, preoccupato per la libertà di mercato, e il Sud del mondo, che vede nella clausola sociale una nuova forma di protezionismo». ?

17 centesimi al giorno sono troppi?

Poco più di un euro a settimana, un caffè al bar o forse meno. 60 euro l’anno per tutti i contenuti di VITA, gli articoli online senza pubblicità, i magazine, le newsletter, i podcast, le infografiche e i libri digitali. Ma soprattutto per aiutarci a raccontare il sociale con sempre maggiore forza e incisività.