Cultura
La Chiesa e il disagio dei gay
Editoriale di don Domenico Pezzini sugli omosessuali e sui loro problemi all' interno della vita cattolica
di Redazione
Alfredo Ormando, un uomo di quarant’anni residente a Palermo, si è dato fuoco in Piazza San Pietro a Roma. Mentre scriviamo è attualmente ricoverato in gravissime condizioni. Nella sua giacca sono state trovate due lettere che spiegano la disperazione che l’ha condotto al tragico gesto: a condurlo all’esasperazione l’incomprensione della famiglia e della società verso la sua condizione di omosessuale. Mi è stato chiesto di commentare a caldo, come sacerdote che si occupa di pastorale tra gli omosessuali, questo tragico episodio. Innanzitutto mi sembra importante sottolineare che un “caso” è, nel bene e male, “un” caso. Se è vero, quindi, che sottolinea drammaticamente un problema reale: quello del disagio e delle incomprensioni di molte persone omosessuali in famiglia e nella comunità della Chiesa cattolica, è anche vero che il mio gruppo pastorale di persone omosessuali si riunisce nei locali della parrocchia. Mi pare significativo che Alfredo Ormando sia un uomo del sud del Paese dove, mi sembra anche per le decine di telefonate che ricevo, il disagio degli omosessuali è vissuto in maniera molto molto pesante.
Il suo caso mette anche in rilievo quanto sia radicata e diffusa la convinzione di una Chiesa che condanna e allontana gli omosessuali, malgrado molti documenti anche recenti e molti atti smentiscano questa credenza. Non so quanto i nostri Pastori percepiscano questa incomprensione. Se lo fossero, potrebbero, per esempio, ripetere più spesso e a voce alta, quanto dice l’ultima versione del Catechismo della Chiesa cattolica che sottolinea come l’omosessualità non sia una malattia né un disordine morale, ma una condizione “non scelta” che persona si trova addosso e che una pastorale adeguata può far evolvere verso qualcosa di molto bello e positivo. L’omosessualità non è un bisogno genitale ma un bisogno affettivo, e io ogni giorno vedo questo bisogno che si evolve verso dimensioni amicali bellissime.
Voglio ricordare anche un bellissimo documento dei vescovi americani, un documento rivolto ai genitori di figli omosessuali. «Una mano tesa: sono nostri figli», è questo il titolo della bella lettera alle famiglie. Un testo in cui si ricorda che se un figlio è sempre un dono di Dio, scoprirlo omosessaule può essere un secondo dono che Dio fà perché la famiglia possa diventare «più onesta, più trasparente e più accogliente».
Ecco, credo che la Chiesa abbia le parole e conosca i sentieri per parlare alle famiglie, anche italiane, e a tutte le persone omosessuali.
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