Non profit
Lula, una lezione di politica per tutti
L'editoriale di Giuseppe Frangi sul presidente brasiliano.
Ha vinto o ha perso il presidente brasiliano Lula nella sua sfida lanciata agli otto grandi del mondo? Domanda malposta. Lula, infatti, ha certamente perso perché le sue proposte sono rimaste lettera morta. Ma Lula, in realtà, ha vinto perché ha dimostrato che un altro approccio alla politica è possibile anche nel mondo dell?unipolarismo americano. In che cosa consiste questo nuovo stile della politica? Nel saper coniugare, secondo una regola antica ma dimenticata, realismo e attenzione al bene comune. Lula, con il suo stile che non calpesta mai il protocollo ma sa far passare le cose che gli premono, anche le meno convenienti al contesto, al G8 ha portato la questione sul piano della praticità.
Ha lanciato l?idea di una Lula-Tax, una tassa sulle transazioni delle armi per finanziare il programma mondiale di lotta alla fame. Proposta utopistica? Può essere, ma intanto ha posto sul tappeto del maggiore consesso dei potenti del mondo due scandali in un colpo solo: il volume di esportazioni di armi che arricchisce i Paesi ricchi, e il dramma della fame che ha posto al primo posto del suo programma politico. Nel suo piccolo, Lula, questo programma lo ha già avviato: ha tagliato le spese per l?esercito e ha varato un programma di aiuto alle famiglie più povere, con un test lanciato a marzo nello Stato del Piaui, regione del Nordest brasiliano (con un meccanismo pratico di controllo dal basso: una commissione composta da tre autorità pubbliche e da sei rappresentanti delle popolazioni benificiate che garantisce l?effettivo utilizzo del contributo versato per comperare cibo). “L?unica guerra che voglio combattere è quella contro la fame”, aveva detto Lula, immediatamente dopo il suo insediamento. E in un tempo in cui le guerre si combattono per tutti i motivi meno che per debellare questo flagello, certamente il suo impegno è suonato come una clamorosa eccezione. Ma Lula sa che per combattere questa guerra, non può fare la guerra ai grandi. Anzi, ha imparato a prenderli per la gola. Come a Evian quando ha ricordato i vantaggi che il mondo ricco avrebbe nell?aiutare i Paesi in via di sviluppo, creando così nuovi sbocchi alle esportazioni.
C?è poi un Lula che ci interessa più da vicino. Quello che con il cuore si schiera con gli oppositori alla globalizzazione selvaggia ma con l?intelligenza sta attento a non chiudersi nessuna strada. “Devo imparare a vivere con Bush. Non posso pretendere che lui sia quello che non è. E viceversa”, ha detto in un?intervista alla vigilia del G8. Il suo realismo, il pragmatismo con cui sa uscire dalla trappola di ogni teorema ideologico, sono un bel suggerimento di metodo per tutto il popolo new global. Certamente Lula divide e fa discutere. Perché ha spiazzato i potenti, ma non solo loro. Saprà vincere la sua scommessa politica? Il tempo lo dirà. Intanto ha riaperto una strada alla politica, le ha ridato spazio, speranza, energia per cambiare concretamente le cose. E questa, è già una vittoria.
A proposito di armi, proprio nel giorno in cui si chiudeva il G8, il parlamento italiano licenziava il sì agli accordi di Farnborough per la ristrutturazione dell?industria militare europea, con la conseguente modifica della legge 185/90 sulla trasparenza del commercio di attrezzature militari. Per mesi la società civile italiana ha lottato per difendere una legge davvero ?civile?. Ci è riuscita solo in parte, ma contando quasi solo sulle sue forze, visto il pilatesco atteggiamento di tante forze politiche. Lula non la considererebbe certamente una sconfitta, ma un punto di inizio.
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