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Sei un ospedale? Paghi più di un hotel. Così l’Inps multò Padre Pio

Follie tributarie: 10 miliardi da pagare per la Casa di S. Giovanni Rotondo

di Redazione

Il ministro Veronesi dice che vuole trasformare gli ospedali in alberghi. Intanto però ci sono alberghi che pagano meno tasse degli ospedali, e per di più degli ospedali non profit. Non è una boutade ma è quanto accaduto a uno dei più grandi ospedali del Mezzogiorno, la Casa sollievo della sofferenza di San Giovanni Rotondo, meglio conosciuto come l’ospedale di padre Pio. La struttura, retta da una fondazione religiosa e Irccs (Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico), è stata condannata a pagare all’Inps oltre 10 miliardi di benefici fiscali arretrati di cui, secondo la Cassazione, godeva in modo illegittimo. Se la Casa fosse un albergo, però, non si troverebbe in questa situazione, visto che per la strabica legge tributaria italiana mentre un hotel è esente da alcuni oneri fiscali, un ospedale invece li deve pagare. La vicenda giudiziaria si trascina dal 1993, quando l’Inps decide, di propria iniziativa, di inquadrare l’ospedale non più nel settore “commercio” ma in quello industriale. E visto che la fiscalizzazione degli oneri sociali è un beneficio che riguarda solo le strutture commerciali (nel Sud) e non quelle industriali che producono servizi – come una casa di cura – il nosocomio è costretto a dire addio alle detrazioni. Non solo: sempre secondo l’Inps deve pagare gli arretrati dal 1983 (anno in cui fu collocato nel commercio) alla fine del 1992. Totale, 9 miliardi. Ovviamente scattano i ricorsi, e così, di processo in processo si arriva al 19 marzo, quando la Cassazione deposita la sentenza definitiva: l’Inps ha ragione, padre Pio torto. La condanna è a versare la bellezza di 10 miliardi. Una somma astronomica che la Casa sollievo non avrebbe pagato se fosse rimasta nel settore commercio (come, appunto, un hotel), ma – ed è qui la beffa – neppure in quello dell’industria, se l’Inps non avesse avuto la premura di riconoscerla come impresa “prestatrice di servizi”, e quindi collocabile nell’unica categoria che non gode di nessun beneficio. “E’ una ripicca dell’Inps”, sostiene il direttore amministrativo della Casa sollievo, Alfonso Pennelli, che spera ancora di ottenere dal tribunale di Bari una riduzione della somma. “E’ la logica conseguenza di un sistema tributario folle”, commenta invece il professor Ivo Colozzi, docente di sociologia all’università di Bologna ed esperto di sanità. “Che innanzitutto non distingue tra una struttura sanitaria dedita al profitto e una non profit, e oltretutto on prevede alcun regime dedicato alle organizzazioni senza fine di lucro, se si eccettuano le Onlus. Un caso del genere è clamoroso sia per la cifra che per l’inspiegabilità della decisione dell’Inps. Ma la confusione è massima sotto molti altri aspetti”. Primo fra tutti, l’incertezza di status. Ciascun ospedale non profit o Irccs può infatti godere di un inquadramento particolare, quasi ad personam, diverso da quello di altri istituti simili. Che non sono pochi: gli ospedali religiosi non profit in Italia sono 260, con 28 mila posti letto, e danno lavoro a quasi 25 mila persone. Un esempio tra tanti è la fondazione don Gnocchi di Milano, che gestisce anche un Irccs, tranquillamente collocata nel settore “commercio” da cui la Casa sollievo è stata invece eliminata. Eppure sono uguali… “C’è indubbiamente un atteggiamento di scarso favore da parte dello Stato nei confronti delle organizzazioni senza fine di lucro in generale, e di quelle sanitarie in particolare”, ribadisce Colozzi. “Il settore più penalizzato, e questo caso lo dimostra, è quello dei rapporti di lavoro, per cui non è prevista nessuna specificità, con l’unica eccezione delle cooperative sociali, grazie alla legge sul socio lavoratore. Per il resto c’è il vuoto”. Già. Perché a riempirsi sono solo le tasche dell’Inps.


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