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“Ciò che è tuo è mio”: fare i conti con la violenza economica

Il 49% delle donne intervistate dichiara di aver subito violenza economica, il 67% tra le donne divorziate o separate; più di 1 donna separata o divorziata su 4 (28%), dichiara di aver subito decisioni finanziarie prese dal partner senza essere stata consultata. Queste sono solo alcuni dei dati emersi dall'indagine, realizzata da WeWorld con Ipsos, sulla violenza economica ai danni delle donne

di Redazione

Il 49% delle donne intervistate dichiara di aver subito violenza economica almeno una volta nella vita, percentuale che sale al 67% tra le donne divorziate o separate; più di 1 donna separata o divorziata su 4 (28%) dichiara di aver subito decisioni finanziarie prese dal partner senza essere stata consultata prima. Eppure, la violenza economica è considerata “molto grave” solo dal 59% delle cittadine e dei cittadini.

Sono alcune delle evidenze del report Ciò che è tuo è mio. Fare i conti con la violenza economica pubblicato da WeWorldorganizzazione italiana indipendente impegnata da oltre 50 anni con progetti di cooperazione allo sviluppo e aiuto umanitario in 27 Paesi, compresa l’Italia – in occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne. Il rapporto vuole fare luce su una delle forme di violenza contro le donne più subdola e meno conosciuta, concentrandosi sui risultati dell’indagine inedita realizzata da WeWorld con Ipsos per valutare la percezione di italiani e italiane della violenza contro le donne e, in particolare, della violenza economica e dell’esperienza diretta. Il rapporto sarà presentato in esclusiva a Napoli durante un evento realizzato in collaborazione con gli Assessorati alle Pari Opportunità e dell’Istruzione del Comune di Napoli nell’ambito del progetto S.F.E.R.A, sostenuto dalla Fondazione CON IL SUD.
Un tempo considerata una forma di abuso emotivo o psicologico, oggi la violenza economica è riconosciuta come un tipo distinto di violenza, con cui si intendono tutti i comportamenti per controllare l’abilità della donna di acquisire, utilizzare e mantenere risorse economiche. Questo tipo di violenza viene messo in atto soprattutto all’interno di relazioni intime e/o familiari e spesso la violenza economica è parte di un più ampio ciclo di violenza intima e/o familiare (fisica, psicologica, sessuale, ecc.).

La violenza economica in Italia: i dati dell’indagine WeWorld – Ipsos

Relazione tra violenza di genere e stereotipi

  • Più di 1 italiano/a su 4 (27%) pensa che la violenza dovrebbe essere affrontata all’interno della coppia. 
  • Il 15% degli italiani/e pensa che la violenza sia frutto di comportamenti provocatori delle donne. 
  • Il 16% degli uomini, contro il 6% delle donne, pensa che sia giusto che in casa sia l’uomo a comandare.

L’immagine sociale delle diverse forme di violenza

  • Per 1 italiano/a su 2 la violenza sessuale è la forma più grave di violenza contro le donne. 
  • La violenza economica è considerata molto grave solo dal 59% delle cittadine e dei cittadini.
  • Per il 9% delle donne separate o divorziate, contro il 3% dei rispondenti, gli atti persecutori (stalking) rappresentano la forma più grave di violenza. 

La violenza economica

  • Il 49% delle donne intervistate dichiara di aver subito nella vita almeno un episodio di violenza economica. Il 67% tra le donne separate o divorziate
  • 1 donna su 10 dichiara che il partner le ha negato di lavorare. 
  • Più di 1 donna separata o divorziata su 4 (28%) dichiara di aver subito decisioni finanziarie prese dal suo partner senza essere stata consultata prima. 
  • Quasi 1 italiano/a su 2 ritiene che le donne siano più spesso vittime di violenza economica perché hanno meno accesso degli uomini al mercato del lavoro. 

La situazione economica nei casi di separazione e divorzio

  • Dopo la separazione/divorzio, il 61% delle donne riporta un peggioramento della condizione economica. 
  • Il 37% delle donne separate o divorziate dichiara di non ricevere la somma di denaro concordata per la cura dei figli/e. 
  • 1 donna separata o divorziata su 4 avverte difficoltà a trovare un lavoro con un salario sufficiente al suo sostentamento. 

    L’educazione per contrastare la violenza economica

  • La quota di donne che non si sentono preparate rispetto ai temi finanziari è più del doppio di quella degli uomini (10% vs 4%). 
  • Quasi 9 italiani/e su 10 (88%) sostengono che bisognerebbe introdurre programmi di educazione economico-finanziaria a partire dalle scuole elementari e medie. 
  • Quasi 9 italiani/e su 10 (89%) pensano che bisognerebbe introdurre programmi di educazione sessuo-affettiva a partire dalle scuole elementari e medie. 

    «Dietro ai dati raccolti in questa indagine si trovano storie vere, voci di donne che hanno subito violenza economica e che vogliono raccontarla. Per questo abbiamo voluto inserire nel rapporto testimonianze dai nostri Spazi Donna WeWorld. Da qui emerge come gli abusi economici abbiano una natura trasversale, ma colpiscano maggiormente persone che subiscono forme cumulative di discriminazione: donne molto anziane o molto giovani, con disabilità o dal background migratorio»,commenta Martina Albini, coordinatrice Centro Studi di WeWorld. «La violenza economica, come tutti gli altri tipi di violenza, ha radici ben precise in sistemi socioculturali maschio-centrici e patriarcali che alimentano asimmetrie di potere. Per questo è necessario un approccio trasversale che sappia sia includere gli interventi diretti, sia stimolare una presa di coscienza collettiva a tutti i livelli della società».

    Le esperienze di violenza economica possono essere particolarmente complesse e sfaccettate a seconda dei contesti in cui si inseriscono: ad esempio, gli autori di violenza possono agire comportamenti abusanti culturalmente connotati nel Nord o Sud globale.  I principali tipi di violenza economica identificati dalle evidenze in materia si distinguono in:

  • Controllo economico: L’autore della violenza impedisce, limita o controlla l’uso delle risorse economiche e finanziarie della vittima e il suo potere decisionale. Questo include, tra le altre cose, fare domande alla vittima su come ha speso il denaro; impedire alla vittima di avere o accedere al controllo esclusivo di un conto corrente o a un conto condiviso; monitorare le spese della vittima tramite estratto conto; pretendere di dare alla vittima la propria autorizzazione prima di qualsiasi spesa. 
  • Sfruttamento economico: L’autore della violenza usa le risorse economiche e finanziarie della vittima a suo vantaggio. Ad esempio rubando denaro, proprietà o beni della vittima; costringendo la vittima a lavorare più del dovuto (per più ore, svolgendo più lavori, incluso il lavoro di cura, ecc.); relegando la vittima al solo lavoro domestico. 
  • Sabotaggio economico: L’autore della violenza impedisce alla vittima di cercare, ottenere o mantenere un lavoro e/o un percorso di studi distruggendo, ad esempio, i beni della vittima necessari a lavorare o studiare (come vestiti, computer, libri, altro equipaggiamento, ecc.); non prendendosi cura dei figli/e o di altre necessità domestiche per impedire alla vittima di lavorare e/o studiare; adottando comportamenti abusanti in vista di importanti appuntamenti di lavoro o di studio della vittima. 

    Contrasto alla violenza economica: le proposte di WeWorld

    Prevenire

  • Introduzione di curricula obbligatori di educazione sessuo-affettiva nelle scuole di ogni ordine e grado a partire dalla scuola dell’infanzia.
  • Introduzione di curricula obbligatori di educazione economico-finanziaria nelle scuole a partire dalla scuola primaria.
  • Campagne di sensibilizzazione multicanale e rivolte alla più ampia cittadinanza che individuino il fenomeno e le sue specificità.

    (Ri)Conoscere e monitorare

  • Adozione di una definizione condivisa di violenza economica che ne specifichi i comportamenti.
  • Attuazione della Legge 53/2022, riservando attenzione alla raccolta e monitoraggio di dati sul fenomeno della violenza economica e su altri dati spia (condizione di comunione/separazione dei beni, presenza o meno di un conto in banca, condizione occupazionale, titolo di studio, presenza o meno di immobili o beni intestati, ecc.)

    Intervenire

  • Maggiori e strutturali finanziamenti al reddito di libertà (sostegno economico per donne che cercano di allontanarsi da situazioni di violenza e sono in condizione di povertà) integrato a politiche abitative e del lavoro più solide e inclusive
  • Attività di prevenzione ed empowerment femminile che possano integrare l’operato della filiera dell’antiviolenza attraverso presidi territoriali permanenti.
  • Allargamento della filiera dell’antiviolenza a istituti finanziari con ruolo di “sentinella”.

    L’evento
    Il report verrà presentato durante l’evento “Ciò che è tuo è mio”, in programma a Napoli il 28 novembre alle 11 presso il Chiostro di San Severo al Pendino (via Duomo 286). La giornata – organizzata in collaborazione con il Comune di Napoli e con gli assessorati alle Pari Opportunità e all’Istruzione – sarà anche l’occasione per un momento di formazione e sensibilizzazione per presentare S.F.E.R.A. – Sinergie e Formazione per l’Empowerment della Rete Antiviolenza – un progetto sostenuto dalla Fondazione Con Il Sud. In conclusione la premiazione di “Laviolenzasecondome” il contest proposto all’interno delle scuole di Napoli affinché le giovani generazioni, attraverso degli scatti fotografici, possano raccontare cosa significhi per loro “violenza economica”.

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