Cultura

Lauzi, io tremo eppur me la rido

Lui stesso ne è colpito. Ora presta la faccia per l’associazione che difende i diritti di quelli come lui. "La malattia ha spazzato via il narcisismo".

di Stefano Arduini

Un anno fa, un uomo ha chiesto la mano a Bruno Lauzi, e lui gliela ha concessa. Quell?uomo si chiama Parkinson. “Se lo sapessero i miei genitori, che sono molto all?antica, non apprezzerebbero per niente”, commenta il musicista. L?incontro con il testimonial dell?Aip (“che non è l?associazione italiana petroli o parcheggiatori, ma parkinsoniani”) è fissato in un bar di piazza Velasca a Milano. Lauzi arriva qualche minuto prima di mezzogiorno, in perfetto orario, si lamenta del nostro ritardo (“non ho tempo da perdere, io”), si siede e senza esitazione ordina un Campari. Passano solo pochi secondi e uno sconosciuto gli si avvicina. Si presenta e fa per stringergli la mano: “Lei non sa chi sono, io in compenso la conosco bene”. “Perfetto”, risponde sfuggente Lauzi guardando di sguercio il suo interlocutore, “così siamo pari!”. Il fan si allontana, un po? interdetto, comunque sorridente. Vita: Sei sempre sulla cresta dell?onda, ma cos?è quella storia della convivenza con un altro uomo, mi risultava che fossi felicemente sposato con tua moglie… Bruno Lauzi: è un colonnello inglese, un certo Parkinson, un mostro di volgarità e zozzeria, accusato di violentare qualsiasi cosa si muova: è il protagonista di un mio romanzo, Buonanotte colonnello, pubblicato a puntate sul sito Bruno Lauzi Official Web Site Vita: Usciamo dalla fantasia. Circa un anno fa hai scoperto di avere il morbo di Parkinson. Adesso sei il testimonial dell?Aip “per combattere la depressione che accompagna i malati”: ma tu non sei depresso? Lauzi: Intanto io non ho scoperto niente, sia chiaro: lo hanno scoperto gli altri. Poi più che depresso, mi sento represso: sono una molla sempre pronta a scattare. Infine io sono il testimonial: devo essere la bandiera della positività, per quanto possibile. Non mi posso concedere cedimenti, sarebbe grave per tutti gli altri: devo stare su di morale. Vita: Il tremore però ti ha colpito proprio le mani. Così non puoi più suonare la chitarra. Davvero un brutto colpo. Lauzi: Poco male. Sono passato alle maracas. Una volta un fotografo mi ha chiesto di posare mentre guardavo sconsolato una chitarra che non potevo più usare, gli ho risposto che avrei fatto una foto al futuro, con in mano le maracas. Inoltre ho ridotto di molto la mia dose di bevande alcoliche. Ormai è più quello che verso di quanto rimane nel bicchiere. Adesso, poi, possiedo la risposta incorporata. Quando uno mi chiede “come va?”, gli rispondo così. (Lauzi allarga il palmo della mano e fa il gesto del così così). Vita: Non tutti però possono avere la tua carica positiva. Lauzi: Ho visto gente conciata in maniera terribile. Io anche nella malattia sono stato fortunato. Vita: Ti ha impaurito conoscere i pazienti più gravi? Lauzi: La malattia mi lascia perplesso, sono folgorazioni del cervello, ti vengono fucilati i neuroni e non sai perché quelli, perché le mani, o le gambe, o la testa. Vita: Questo ha cambiato il tuo modo di rapportarti con gli altri? Lauzi: è divertente perché la gente pensa di soccorrerti supponendo che tu abbia bisogno di aiuto, la maggior parte lo fa con tenerezza, cercando di non essere insultante, i più petulanti sono gli anziani. È divertente vedere gli 80enni che vogliono portarmi la valigia. Io ovviamente glielo permetto, mi dà gusto, soprattutto se si tratta di vecchie signore. Così quando rientrano a casa possono raccontare di aver aiutato Lauzi e io ho aiutato loro a sentirsi importanti. Vita: Cosa ti aspetti dagli altri, cosa possono fare per te? Lauzi: Gli altri mi stanno aiutando da 40 anni, comprando i miei dischi. Più di così non era possibile. La malattia mi ha consentito di avere una dimensione diversa rispetto a quella narciso-egoistica dell?uomo di spettacolo: sapere di essere un riferimento per gli altri, mi fa bene, mi aiuta a sentirmi meno peggio del solito. Diciamo che negli ultimi anni della vita sono stato chiamato a un compito importante. Vita: Una chiamata divina? Lauzi: Il mio Dio non interviene in queste quisquiglie. È un mistero, e non mi permetto di dire cosa fa e cosa non fa. A me ha messo la mano sulla testa, ha premuto un po? troppo, ma sicuramente mi ha protetto fin ora. Vita: Come? Lauzi: Sono diventato più buono senza per questo essere politically correct, senza menarmela con parole tipo sociale, bontà o pace. Sono diventato più buono contro la mia volontà. Vita: Sul tuo sito si può leggere una tua lettera aperta su come stai affrontando il morbo. Si intitola: Eccomi qui. Ma, tutti sanno già chi è Bruno Lauzi. Lauzi: Eh, no! Ora sono arrivato in un altro posto, diverso dal solito, meno frivolo, con problemi più reali della vendita dei dischi. Quando credi di aver perso tutto, devi ancora perdere la vita. A me manca solo il contorno, la vita è ancora qui. Sono convinto di fare in tempo a morire sano, nel giro di 10 anni i ricercatori troveranno qualche rimedio. Vita: Da cosa nasce questa convinzione? Lauzi: Perché non dovrei pensarlo? Mi fa stare meglio. Vita: Prima hai detto di essere una persona fortunata. Anche nella malattia. Ma da testimonial devi sostenere anche chi non ha avuto una vita baciata dalla buona stella. Come ci riesci? Lauzi: In ogni caso gli servo. Una volta trasmettevano un telefilm intitolato Anche i ricchi piangono. Quando arriva, arriva per tutti; per un senso di giustizia distributiva il fatto che io stia poco bene consola delle persone. Vita: Una considerazione terribile. Lauzi: Terribile è la gente che pensa che il dolore non dovrebbe avere cittadinanza in questo mondo. Vita: A 66 anni, come è il futuro? Lauzi: Entro i 70 conto di essere il miglior cantante jazz italiano. A 75 vorrei debuttare al Sistina e a 80 a Broadway. Info: Siti internet: www.parkinson.it Bruno Lauzi Official Web Site Aip- Associazione italiana parkinsoniani: via Zuretti, 35 – Milano – tel. 02.66713111


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