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Se il magistrato toglie la patente

Un'altra lettera dal carcere

di Cristina Giudici

Sono un vostro lettore e un ex detenuto ?politico?. Ho finito di pagare i miei conti con la giustizia dieci anni fa, eppure qualche mese fa mi è arrivata la convocazione dalla prefettura della mia città con un?istanza di revoca della patente di guida. Essendo stato condannato per il reato di banda armata, in passato sono stato sottoposto anche alla ?misura di sicurezza personale?, in quanto considerato socialmente pericoloso.
Oggi, davanti alle leggi sono un uomo ?riabilitato?, ma secondo il ministero degli Interni non più perché per il nuovo codice della strada (Art 120 del 1995 ) non ho i ?requisiti morali? per poter guidare la macchina.
Quando sono andato in prefettura per chiedere un chiarimento ho visto delle scene tremende. Un vecchietto disperato che si è visto confiscare il furgoncino con cui lavorava per una condanna di trent?anni fa e un giovane ex detenuto che si è cosparso di benzina, minacciando di darsi fuoco se la prefettura gli avesse tolto la patente e quindi la possibilità di lavorare. Ma questi non sono casi isolati.
Oggi molti ex detenuti stanno scoprendo che anche se hanno pagato il proprio debito con la giustizia, saranno ergastolani tutta la vita per il codice della strada e per le prefetture. Gli ex detenuti politici sono migliaia, gli ex detenuti comuni centinaia di migliaia.
Vorrei solo sapere se inizierà la caccia ai cittadini privi di requisiti morali o se è solo uno scherzo di pessimo gusto.
Lettera firmata

Caro lettore, ci siamo occupati di questa grottesca vicenda nel luglio del ?96. Purtroppo non è uno scherzo di cattivo gusto. L?articolo 120 del nuovo codice della strada prevede come dice lei il requisito morale. E in caso contrario «la revoca da parte della prefettura per tutti coloro siano stati sottoposti a misure di sicurezza personale (…) e a persone condannate a una pena detentiva superiore ai tre anni, quando l?utilizzazione del documento di guida possa agevolare la commissione di reati della stessa natura».
Quindi basta una segnalazione da parte della polizia (più recente rispetto alla pena espiata) o essere stati sottoposti al provvedimento di libertà vigilata o misura di sicurezza, (che prevede restrizioni della libertà una volta usciti di prigione) per avviare un provvedimento di revoca. Così molti detenuti che accedono ai benefici di legge perché considerati in via di riabilitazione e quindi atti a reinseririsi nel mondo del lavoro, vengono colpiti da un provvedimento che va in senso contrario perché togliere la patente significa, nella maggior parte dei casi, togliere anche il lavoro. Si tratta di un ulteriore ibrido della politica italiana. Il Viminale applica un politica che contraddice quella applicata dal ministero di Grazia e giustizia (la funzione riabilitativa della pena).
Mi impegno a nome di ?Vita? ad approfondire ulteriormente la questione e a lanciare un appello al ministero di Grazia e giustizia.
Prima, però, devo risolvere un enigma. Cosa significa avere i requisiti morali e perché questi siano necessari per guidare un veicolo.

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