Sostenibilità

Non chiamateci più ex la vita ci ha cambiato

Molti protagonisti degli anni di piombo non sono più gli stessi. Pentiti o dissociati, scarcerati o semi liberi, gli uomini del partito armato ora fanno i volontari in cooperative o in comunità. Da Mo

di Pablo Echaurren

Gli ex. Che brutta definizione quella di ex-qualcosa. Eppure è proprio la particella ex, specie se seguita da una definizione forte, ad attrarre maggiormente. I giornalisti, per dirne una, ci sguazzano negli ex. Ci ricostruiscono il passato, ci infarciscono il presente senza capirci, spesso, niente. Adesso siamo vicini, vicinissimi, ci siamo praticamente addosso, alla fatidica data, trent?anni giusti dal Sessantotto, venti dal Settantotto, dal rapimento Moro e dall?eliminazione della sua scorta… e giù interviste, libri, rievocazioni, opposte fazioni, interpretazioni. Tutto sacrosanto, tutto comprensibilissimo, legittimissimo, ma manca sempre qualcosa.
L?oggi. Che cos?è oggi l?ex? Come vive, come sente, chi è? Spesso un?altra persona. Dopo quindici-vent?anni le cellule si sono date il cambio, il cervello ha perso milioni, miliardi di particelle, il corpo si è trasformato, ha dovuto percorrere molti sentieri tortuosi, faticosi.
Ho conosciuto Valerio Fioravanti, quello che i media si ostinano a chiamare Giusva, tre anni fa e da allora ci frequentiamo regolarmente un paio di volte alla settimana. Io sono diventato un Art. 17, cioè un assistente volontario e come tale, assieme sempre a Valerio, mi sono inventato una serie di attività, che potremmo definire artistiche, in cui sono stati coinvolti molti detenuti e detenute, che hanno movimentato il carcere romano di Rebibbia e non solo.
Abbiamo fatto mostre, scritto libri, girato film, realizzato ceramiche, ma la curiosità era tutta rivolta all?ex più che ai prodotti veri e propri. Ex Valerio, in quanto terrorista ?nero?, in qualche caso ex anch?io, in quanto ?lottacomunista?, l?incontro di due ex un dì contrapposti. Il film, per esempio, approdato alla mostra veneziana e alla Rai, ha innescato infinite polemiche sulla legittimità che un ex partecipasse a tale evento, che la rete pubblica lo producesse, ma una volta proiettato nessuno s?è occupato di addentrarsi nel contenuto, di attraversare lo specchio delle apparenze. Continuavano a frugare nelle pieghe, nelle piaghe del passato senza riuscire a scorgere il presente. Il presente di un uomo che dopo diciassette anni continuati di galera, senza un giorno di permesso, riesce a lanciare verso l?esterno parole e immagini in grado di distruggere compartimenti fisici e mentali, di dissipare dubbi sull?umanità dolente di chi è costretto a vivere ?ristretto?, capaci, quelle parole e quelle immagini, di allacciare relazioni emotive col mondo. E scusate se è poco.
Il vero scandalo è stato il neo artista, non l?ex terrorista. ma bisogna saper vedere, non soltanto guardare. Vedere come la vita riesca a rigenerare vita, come i rivoli dell?esistenza portino in luoghi sorprendenti, come la corrente dei sentimenti produca energia, come gli schemi appartengano solo agli scemi. E sentire quanto sia insopportabile vedere uomini rinchiusi per decenni in orizzonti di feroce ferro cemento, rendersi conto di quanto sia inutile per loro, per noi, per voi, per tutti. Pensiamo con costante impegno a come riutilizzare ogni singola scoria della nostra civiltà, carta, plastica, vetro, merda che sia, ma degli esseri abbandonati nella discarica della società nessuno ipotizza il riciclo.
Eppure quando beviamo acqua depurata non la pensiamo affatto come un ex liquame, quando annusiamo una letterina d?amore non ci ricordiamo da quali stracci quella carta sia derivata, a tutto viene data una nuova possibilità di sopravvivenza.
È con i nostri simili che siamo meno disponibili, meno sensibili.

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