Politica & Terzo settore
Bellucci: «Non autosufficienza? Troveremo i fondi e rispetteremo le scadenze»
La viceministro del Lavoro e delle Politiche sociali ha dialogato con le associazioni del Comitato Editoriale di VITA, durante un incontro che si è svolto a Roma nella sede di Ail. Al centro del confronto oltre alla riforma sulla non autosufficienza, fra gli altri temi, certificazione delle competenze dei volontari, il taglio delle detrazioni per le donazioni al non profit e la questione fiscale (Iva, Irap e il nodo dell'esame europeo sulla riforma del Terzo settore)
«Rispetteremo la scadenza del 31 gennaio della riforma in favore degli anziani non autosufficienti. Stiamo lavorando a una campagna di diffusione sulle donazioni e alla certificazione delle competenze dei volontari». Così la vice ministro del Lavoro e delle Politiche sociali Maria Teresa Bellucci, che ieri ha risposto alle domande delle associazioni che fanno parte dal Comitato, raccolte e riportate dal direttore di VITA, Stefano Arduini.
Il Comitato Editoriale di VITA è formato da un’ottantina di associazioni e reti associative. Lei è un’esperta del mondo del volontariato, è stata anche presidente del Modavi. Può raccontarci com’è stato questo primo anno da viceministro?
Per quanto mi riguarda, il dialogo nel contesto delle realtà dell’associazionismo del Terzo settore c’è sempre stato, fa parte della mia crescita, innanzitutto umana e poi di carattere professionale, come psicologa e psicoterapeuta. Queste realtà mi hanno sempre accompagnato e mi hanno dato sempre di più la visione di come le politiche sociali debbano essere protagoniste nelle azioni politiche e nei diversi contesti per la costruzione del bene comune. Vederci in presenza oggi ci dà la possibilità di guardarci negli occhi e di vivere quella vicinanza e quel calore che sono fondamentali per costruire un’azione di governo che passa da un’alleanza tra istituzioni, privato sociale e privato. L’azione di questo anno è stata caratterizzata dalla consapevolezza che il governo non poteva bastare a se stesso, ha l’esigenza di favorire un’alleanza con interlocutori che sono indispensabili per poter dare le risposte di cui la nostra nazione ha bisogno, in particolare alle persone più fragili. Per la prima volta nella storia della Repubblica italiana è stato designato un viceministro delegato alle Politiche sociali: è un grande onore e anche una grande responsabilità. Avere in mano questa delega rappresenta l’avvio di una stagione nuova, che spero attraversi anche altri governi. A volte le buone pratiche vengono prese anche da esempio, c’è una contaminazione che valica le compagini di governo. Ho favorito quest’alleanza utilizzando strumenti che erano già stati messi in essere, ma che erano stati poco utilizzati. Credo che i numeri siano quel punto di caduta concreto su un dato di realtà.
È stato istituito un organismo di partecipazione, che secondo me andava utilizzato. Da dicembre dello scorso anno abbiamo convocato il Consiglio Nazionale del Terzo settore già otto volte, un unicum di cui sono orgogliosa e fiera, nelle altre stagioni veniva convocato una-due volte l’anno. È un organismo che ha prodotto i suoi frutti, abbiamo affrontato il tema della semplificazione unito alla trasparenza, abbiamo lavorato sull’identificazione di correttivi di semplificazione nell’ambito di una nuova gestione di carattere amministrativo, contabile e di attuazione del Registro Unico Nazionale del Terzo Settore, Runts. Abbiamo aperto dei tavoli di lavoro sia attraverso il Consiglio Nazionale del Terzo settore sia con tavoli interministeriali coinvolgendo tutti i ministeri che era necessario coinvolgere. Abbiamo riattivato un protagonismo all’interno dei luoghi deputati a riconoscere visibilità, dignità e diritto di parola nella condivisione delle politiche pubbliche da costruire. Abbiamo varato il nuovo Codice degli appalti, con l’introduzione dell’amministrazione condivisa. Credo che l’esistenza di contesti strutturati dia continuità e restituisca il ruolo di protagonismo agli Enti del Terzo settore che, se non utilizzato, credo sia una grande occasione sprecata, oltre che una non attuazione legislativa.
Quali difficoltà avete incontrato, durante questo primo anno?
Le difficoltà sono state quelle di iniziare dialoghi nuovi e una condivisione nuova con tutti i dicasteri che fanno parte dell’attenzione alle Politiche sociali. Questo a partire, ad esempio, dall’integrazione socio sanitaria. Quando parliamo di persone fragili parliamo di contrapposizioni all’interno di dialoghi istituzionali che hanno visto alleanze, ma spesso anche divisioni. Spesso se ne sono occupati dicasteri chiusi nelle loro deleghe. Queste sono difficoltà con cui ci siamo misurati, consapevoli che il cambiamento passa anche da lì. Abbiamo aperto un tavolo di coordinamento con gli assessori regionali delegati alle politiche sociali, ho potuto constatare che la costruzione di un dialogo con deleghe tra sanità e sociale non riguardava soltanto il livello nazionale, ma anche quello regionale. Abbiamo fatto un lavoro di costruzione di luoghi strutturali di confronto e di condivisione di politiche pubbliche che hanno bisogno di vedere le diverse deleghe lavorare insieme. Spesso il fatto di non lavorare insieme fa sì che l’integrazione socio sanitaria sia ancora un libro dei sogni nella governance e nella gestione di queste competenze. Sono soddisfatta, da una parte, del lavoro svolto, consapevole della complessità di questo lavoro e del tanto lavoro che ancora c’è da fare.
La riforma in favore degli anziani (legge delega 33/2023) ha una scadenza a fine gennaio che riguarda 10 milioni di persone. Arriva un grido di allarme, da molte associazioni, che temono questa legge delega rimanga chiusa in un cassetto, che i decreti delegati non siano così precisi e che possano essere quasi una seconda legge delega, con conseguente procrastinazione dei tempi. Il primo problema è la sussistenza finanziaria…
Ho già avuto modo di rassicurare le organizzazioni. C’è stata una fase di ascolto e di recepimento dopo i tavoli di lavoro. La preoccupazione da più parti nasceva da testi che avevano letto ma che non erano i testi del governo. Mi sono occupata di chiarificare: dobbiamo confrontarci per essere forieri di attuazioni di legge su cose reali, non su preoccupazioni che nascono su documenti confusi. Stiamo lavorando e costruendo un documento ufficiale, una bozza di decreti attuativi che vedranno la sintesi di tutte le proposte in campo. Il lavoro che abbiamo approcciato è di una complessità estrema. Stiamo affrontando una riforma epocale, che riguarda le politiche in favore della terza età, che passano dalla promozione della qualità della vita per coloro che non hanno problemi di autosufficienza e disabilità, ma che hanno diritto ad essere protagonisti nella nostra nazione, fino alla cura delle persone fragili, che debbano poter vedere la propria casa come luogo di cura, ove possibile. L’Italia è in ritardo di oltre 20 anni rispetto alle politiche della terza età varate dal 1996 al 2005, ciò ha causato difficoltà di prendersi cura, da parte dello Stato. Rispetto a questo, non ci siamo sottratti alle difficoltà. Abbiamo approvato un decreto di legge delega in 150 giorni, che ha rispettato l’obiettivo PNRR. Dal 31 marzo abbiamo iniziato a lavorare sui decreti attuativi, in sette mesi pensare di avere la concretezza dei decreti attuativi da porre anche in una condivisione con le parti sociali significa avere la bacchetta magica. È impossibile farlo perché i temi sono complessi.
Stiamo affrontando una riforma epocale, che riguarda le politiche in favore della terza età, che passano dalla promozione della qualità della vita per coloro che non hanno problemi di autosufficienza e disabilità, ma che hanno diritto ad essere protagonisti della vita della nostra nazione
Maria Teresa Bellucci
Sta dicendo che sarà difficile rispettare la scadenza del 31 gennaio?
No, rispetteremo la scadenza del 31 gennaio della riforma in favore degli anziani. Il fatto che ad oggi non ci sia la stesura dei decreti attuativi è perché il governo sta approcciando il tema in maniera seria. Quando approccio le deleghe che mi sono state affidate metto in campo tutto il lavoro, creo ponti e alleanze. Si sta lavorando mettendo in rete i dicasteri in modo innovativo, con un lavoro di condivisione insieme ad altri direttori generali con altre competenze con cui, fino ad oggi, non si era mai lavorato insieme. Oggi il Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali e il Ministero della Salute lavorano insieme con tavoli congiunti a livello politico e organizzativo: è stato molto difficile, ma dove c’è una diffidenza cerchiamo di superarla.
Avete affrontato il tema del budget?
Il primo tema è la razionalizzazione dell’utilizzo delle risorse che già ci sono e come istituire modelli organizzativi che mettano insieme la gestione di quelle risorse. Le risorse sociali e le risorse sanitarie, a tutti i livelli, non dialogano tra loro. Questo avviene perché non ci sono modelli organizzativi. Il primo dovere dello Stato non è quello di andare a trovare altre risorse, ma di utilizzare in maniera efficiente e efficace quelle che ci sono.
Si pensa di fare una riforma a costo zero?
Bisogna essere di buon senso, non si può pensare di varare continuamente delle nuove risorse utilizzando l’exit strategico dell’aumento del deficit. Spesso le politiche pubbliche in Italia sono state fatte a debito e scaricate sulle generazioni attuali e su quelle future. Questo deve smettere. Il compito di uno Stato serio è di andare a trovare tutte quelle risorse che non state utilizzate perché non c’è stato un efficientamento di governance di quelle risorse e che giacciono nelle tesorerie. Il lavoro che stiamo facendo con il Ministero dell’Economia e delle Finanze, la Ragioneria dello Stato e la Tesoreria è di agganciare queste risorse, recuperarle e metterle a servizio. Queste risorse superano il miliardo. Mi prendo l’impegno di rispettare la scadenza del gennaio 2024 per la legge delega e quella del PNRR del primo trimestre 2024 per l’emanazione dei decreti delegati e l’avvio della riforma, razionalizzando e utilizzando tutte le risorse a disposizione. Non riusciremo in tutto ma non si può dire che non ci stiamo lavorando. I decreti attuativi saranno una sintesi delle diverse sollecitazioni e una sintesi per arrivare a un punto di caduta.
Nella delega fiscale, una brutta sorpresa da parte del governo: il taglio di 260 euro sulle detrazioni per le donazioni liberali, previste anche per i soggetti non profit del Terzo settore. Si può tranquillizzare? Si può tornare indietro?
Vorrei tranquillizzare. L’iniziativa legata al taglio delle detrazioni riguarda i redditi medio alti, sopra i 50mila euro. Abbiamo agito sul riordino degli scaglioni andando a intervenire sui redditi medio bassi. Abbiamo inserito la pressione fiscale del 23% fino a 28mila euro. In questo riordino delle detrazioni si è intervenuto sulle detrazioni oltre i 50mila euro, per mantenere uno stato di maggiore corrispondenza nei redditi più bassi, sotto i 50mila. Ciò ha inciso sulla curva e l’ha appiattita, evidentemente si è dovuto intervenire sulle detrazioni. I 260 euro di franchigia riguardano, quindi, i redditi medio alti.
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Il problema è che in questa manovra, se un donatore delle organizzazioni del Terzo settore non dona più, ci perde l’organizzazione e chi beneficia del lavoro dell’organizzazione?
C’è una progressività fiscale. Inoltre, si parla di 260 euro di franchigia su chi ha 50mila euro di reddito, difficilmente non doneranno. Vorrei restare sul piano della congruità. Questi donatori se lo possono permettere. Si tratta di rispettare la Costituzione, di dare conforto alle persone con una pressione fiscale del 23% fino a 28mila euro, avranno maggiori economie anche per diventare donatori. Le iniziative vanno viste in maniera più ampia, si rischia di guardare il dito e non vedere la luna.
Il governo potrebbe prendere l’impegno di fare una grande campagna sulle donazioni?
Ho intenzione di varare una stagione in cui ci sia una promozione delle donazioni attraverso tutti canali che abbiamo a disposizione, compresa la Pubblicità Progresso. Bisogna dare visibilità a tutte le organizzazioni del Terzo settore, anche a quelle più piccole che non possono competere ad armi pari con le più grandi.
La questione della delega fiscale è sotto osservazione della Comunità Europea. In questo momento di vacatio legis chi non è ancora migrato al Runts è bloccato perché il passaggio nel diventare Enti del Terzo settore, per alcune associazioni, è sconveniente. Che tempi ci sono?
Da una parte abbiamo il varo di un Codice del Terzo settore, dal 2017. Dall’altra, il via libera da parte dell’Europa è dirimente. Siamo in una fase di transizione e confusione. Il piano europeo ha le sue complicanze. L’Europa ha difficoltà nel poter trattare la fiscalità italiana e del Terzo settore, che è estranea a livello europeo. L’Europa considera qualsiasi ente come commerciale, non fa distinzioni. Quando trattiamo la fiscalità del Terzo settore con l’Europa avviamo un dialogo particolarmente complesso. I governi che si sono succeduti non hanno preso in mano questo aspetto, non hanno avuto il tempo. Se si parla con un interlocutore che parla una lingua diversa, per instaurare un dialogo in cui si parla la stessa lingua ci vuole tempo. Ora stiamo costruendo quel lavoro che fino a oggi non è mai stato fatto, in sei anni. Da subito ho varato un Tavolo interministeriale, con il vice ministro Maurizio Leo, sul tema della fiscalità, all’interno c’è il nulla osta dell’Europa. Abbiamo continuato a lavorare sulla sollecitazione della Commissione europea. Stiamo costruendo pagine di storia non solo per il nostro paese ma per l’Europa. Stiamo costruendo best practices utili per altre nazioni, credo che questo sia sfidante e bello, dobbiamo esserne orgogliosi. La riforma del Terzo settore è la prova di come attuare un’economia sociale che metta insieme enti commerciali e non commerciali.
In risposta alla procedura di infrazione europea sono state introdotte nuove regole Iva per le non profit che scatteranno dal 1° luglio 2024. Cosa prevedono?
Il passaggio da enti esclusi ad enti esenti complica le procedure amministrative di tanti enti, con ripercussioni maggiori sui più piccoli. Ne siamo consapevoli e ho trattato questo tema con il viceministro al Ministero dell’Economia e delle Finanza Maurizio Leo, che è molto sensibile alla questione. Il Governo con le delega fiscale pensa a una semplificazione delle procedure sul modello del regime forfettario. Questo nello specifico per gli enti che gestiscono economia al di sotto dei 65.000 euro.
La questione dell’Irap, che non riguarda lo stato centrale, è una tassa regionale. Con la riforma del Terzo settore, alcune associazioni che non dovevano pagarla ora la devono pagare. È possibile immaginare un atto di indirizzo?
Ho dovuto gestire la pressione Irap, quando ero presidente del Modavi. Lo svantaggio ulteriore degli Ets è che non hanno una deduzione (come le società commerciali) se assumono persone a tempo indeterminato. L’articolo 82 dà facoltà alle regioni di poter intervenire, ma purtroppo non hanno utilizzato quest’opportunità con iniziative che potessero dare supporto alle associazioni. Vogliamo arrivare a poter applicare per gli Ets quello che è già previsto per le società commerciali, per le quali avviene una deduzione. Interverremo con lo strumento più utile e più agile, insieme al viceministro Leo, per la gestione della pressione Irap.
Da qualche mese ci arrivano segnalazioni di associazioni in grandi difficoltà, che minacciano di chiudere perché, con la richiesta di produzione e di bilanci conseguente alla riforma del Terzo settore, si sentono trattate come grandi realtà, ma non lo sono. Cosa può dirci?
Anche su questo siamo subito intervenuti. La questione della trasparenza è fondamentale a partire dal deposito degli statuti, delle cariche, dell’utilizzo fondi, dei bilanci. Ma non deve mai essere celebrata dimenticando di poter dare sostanza alla semplificazione. Come Consiglio Nazionale del Terzo settore abbiamo affrontato il tema della semplificazione e dell’individuazione degli interventi per sostenere la trasparenza. È un lavoro lungo, che deve anche tenere insieme il consesso europeo: abbiamo deciso di lavorare per step di avanzamento per far sì che nulla venga sacrificato sulla strada che stiamo percorrendo. Per le organizzazioni medie e piccole del Terzo settore, a rischio di chiusura, abbiamo inaugurato un tavolo tecnico su semplificazione e trasparenza e abbiamo individuato una serie di semplificazioni. Abbiamo messo in sicurezza un collegato della legge di bilancio che è stato dedicato, attraverso cui possiamo far camminare queste prime semplificazioni. Sono iniziative che vedono la loro validità nel recepimento delle richieste. Pensiamo che sia un primo segnale concreto di aiuto agli enti. Siamo intervenuti anche per quanto riguarda il Runts e Unioncamere, abbiamo ampliato il bacino di soggetti che possono operare sulla piattaforma del Runts per aiutare i legali rappresentanti delle associazioni. L’implementazione da una parte passa per atti emanati del Ministero, dall’altra servono interventi legislativi perché bisogna modificare la legge istitutiva del Terzo settore. Ci sono dei tempi da rispettare. Posso dare conforto e rassicurazioni: stiamo tirando le fila su molti interventi che aiuteranno gli enti del Terzo settore, che abbiamo messo un anno fa all’ordine del giorno.
Secondo i dati Istat che riguardano il 2021, si registra un calo del 16% del numero di volontari. Papa Bergoglio ha detto più volte quanto sia sorpreso dall’attivismo civico del nostro Paese. Pensare a percorsi di validazione del volontariato spendibili nel mondo del lavoro può essere un’idea?
Non è un’idea ma una realtà. La certificazione delle competenze è un tema sul quale mi sono sempre soffermata, è una questione fondamentale perché riguarda la riconoscenza delle competenze alle persone, in ambito scolastico e lavorativo. L’articolo 19 del Codice del Terzo settore l’ha previsto con un decreto interministeriale. Abbiamo lavorato alla scrittura di una bozza di decreto di legge interministeriale da condividere con altri dicasteri. Pensiamo che entro la fine dell’anno porremo questa bozza all’attenzione degli altri ministeri per avere il via libera. Questo decreto insiste su una certificazione delle competenze più ampia, che valica il volontariato, per andare a individuare servizi di certificazione con un iter nuovo in Italia, facendo dialogare all’interno del ministero le diverse competenze sia del lavoro sia delle politiche sociali e del Terzo settore. Un lavoro di costruzione, che ci ha portato a sciogliere diversi nodi interpretativi. Il lavoro del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali ha portato alla valorizzazione delle competenze anche per i volontari del servizio civile universale.
Che vantaggi può avere questo provvedimento?
La prima istanza è quella di certificare le competenze, spendibile per concorsi pubblici, con crediti nelle scuole. Non lasciando nessuno indietro. In tutta Italia, indipendentemente da dove si fa il volontario, quella certificazione permette di essere riconosciuto. In questo modo le istituzioni riconoscono il valore del volontariato.
Lasciti testamentari. Il quadro normativo della legge successoria è complicato, si può lavorare su questo?
Già ci sono esenzioni per quanto riguarda le successioni. Ci stiamo lavorando sempre in ottica di semplificazioni.
Un possibile supporto per le organizzazioni potrebbe essere l’avviso n. 2/2023 MLPS, avente ad oggetto i criteri e le modalità di accesso al “Fondo per il finanziamento di iniziative e progetti a rilevanza nazionale” ai sensi dell’art. 72 del decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117 (Codice del Terzo settore) ma ad esempio il Banco alimentare quest’anno non parteciperà perché in attesa di più di 300.000 euro a saldo di due bandi precedenti e obbligati a rinnovare le fideiussioni (50.000 euro) perché le visite di controllo sono “puntualmente” in ritardo. Come si può affrontare questo nodo?
Intanto va detto che in questa ultima tornata le domande sono state molte di più rispetto anni passati e che la dotazione del Fondo è salita a oltre 22 milioni, ed è stato abbassato a 250.000 euro l’ammontare minimo delle richiesta di finanziamento in modo da agevolare le domande degli enti più piccoli. Altra precisazione: questo è un Fondo destinato alle singole organizzazioni, non alle rete. Questo va ribadito in modo chiaro. Rispetto allo specifico della domanda stiamo lavorando affinché avvengano in maniera più celere, attraverso un meccanismo “a campione” e a meccanismi di “autocertificazione”. Insomma abbiamo presente il problema e stiamo cercando le soluzioni più adeguare per andare incontro alle organizzazioni, assicurando allo stesso tempo la correttezza delle procedure e della destinazione delle risorse.
I lavori del Comitato Editoriale di VITA sono proseguiti nel pomeriggio. All’ordine del giorno: il confronto sulla linea editoriale 2024, la road verso il trentennale di VITA (ottobre 2024), l’aggiornamento sui lavori sull’ipotesi di Contratto Collettivo del Terzo settore, i nuovi numeri del digitale.
In apertura foto Agenzia Sintesi. Le foto all’interno sono di Alessio Nisi
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