Sanità pubblica
In Sardegna 110mila diabetici ma la prevenzione è carente
L'Isola è, con la Finlandia, la regione con più casi di diabete al mondo. Eppure le aziende ospedaliere, come denunciano alcuni enti del Terzo settore, trascurano questa patologia. Per gli interventi di "piede diabetico" occorre varcare il Tirreno, a spese della Regione. Oggi è la Giornata mondiale del diabete
La vita a volte è davvero bizzarra. Prendiamo la Sardegna: a livello mondiale contende alla Finlandia il primato (di certo non gradito) della diffusione del diabete in proporzione alla popolazione, come accade peraltro con altre malattie rare, eppure questa patologia viene presa sottogamba dal sistema sanitario, con rare eccezioni a macchia di leopardo sul territorio isolano. Un esempio su tutti per comprendere meglio la situazione che si è creata negli ultimi anni: l’ospedale Brotzu di Cagliari ha varato tempo addietro il Percorso diagnostico terapeutico assistenziale – Pdta sul cosiddetto “piede diabetico”, ma successivamente la direzione sanitaria dell’importante presidio ospedaliero ha deciso di chiudere il reparto di diabetologia. Ovviamente, su precisi input politici. Qual è la ratio? Difficile capirlo, francamente.
«Siamo allo stremo delle forze ma non ci arrendiamo. Continueremo a combattere per i nostri assistiti», sottolinea Franco Pili, presidente dell’associazione Diabete Zero Odv. «Manca un approccio sistemico, a volte anche la necessaria sensibilità. E poi non c’è prevenzione, che aiuterebbe non solo i pazienti ma anche la Regione, nell’ottica del risparmio di ingenti risorse finanziarie. Ci sono persone che scoprono, con ritardi tra i 5 e gli 8 anni, di avere i valori della glicemia completamente sballati. Significa che può essere sopraggiunto il diabete e aver causato danni a vari organi. Il sistema sanitario regionale considera la diabetologia una patologia “povera”, perché per una visita specialistica la struttura di riferimento riceve dalla Regione 50-60 euro. Poca roba, rispetto ai 500 euro di un ricovero. Non passa giorno in cui la nostra Associazione non riceva la telefonata di almeno un paziente che si lamenta dei tempi d’attesa per le visite attraverso il Centro unico di prenotazione – Cup: occorrono almeno sei mesi, in media, e questo è un tempo inaccettabile, perché in sei mesi la situazione può degenerare. In più, non si trovano medici diabetologici che facciano visite intramoenia, e i cittadini non sanno dove andare a sbattere la testa. Poche settimane fa, la Asl 8 di Cagliari (che è la più grande della Sardegna) ha deliberato un finanziamento da 980mila euro per i medici di famiglia che si devono preoccupare dei pazienti diabetici».
«Questa è una patologia cronica in forte crescita non solo nella nostra isola ma in tutto il mondo, non a caso è chiamata la malattia del benessere», aggiunge Pili. «Il diabete di tipo 2 è strettamente legato al nostro stile di vita. Molti politici non conoscono neppure la differenza tra il diabete autoimmune e quello di tipo 2. Eppure ci sono molti bambini, anche di 7-8 mesi, che mostrano questa deficienza pancreatica che li costringe ad assumere l’insulina per tutta la vita. Non esiste una cura definitiva. Ho creato questa associazione perché mia figlia è risultata diabetica ad appena 22 mesi. Oggi ha 23 anni. Non è semplice per una persona giovane o comunque dinamica conciliare varie attività, inclusi eventuali viaggi e soggiorni all’estero, con la gestione della malattia, ma i nuovi dispositivi sono davvero d’aiuto in questo. Il problema è che per avere questi dispositivi occorre combattere con la burocrazia, lenta e spesso troppo rigida. Una cosa di cui mia figlia si lamenta spesso e che la sta sfinendo. Diabete Zero paga di tasca propria una psicologa pediatrica che segua i pazienti e i loro familiari, in quanto le strutture sanitarie non prevedono questa specializzazione per i cittadini con diabete. L’abbiamo messa a disposizione dell’ospedale di Ozieri (un territorio con altissima incidenza di questa patologia, ndr) che, in pochi giorni, ha predisposto una delibera per introdurla in reparto. Un altro problema riguarda i dietisti: negli ospedali non se ne trovano. Eppure, sono indispensabili per fare la conta dei carboidrati del paziente. Ecco perché abbiamo sempre più malati cronici e meno servizi. Si moltiplicano i casi di piede diabetico, come pure le retinopatie legate al diabete: facciamo il giro della Sardegna con un nostro retinografo, il cui affitto costa 500 euro al giorno. Per noi è un importo importante, per la Regione una goccia nell’oceano».
A proposito di piede diabetico, un caso recentissimo riguarda un operatore conosciutissimo nel mondo del Terzo settore sardo. Si tratta di Ninni Santus, presidente dell’associazione “Domu Mia” di Muravera (Cagliari). «Due settimane fa mi è stato amputato l’alluce del piede destro. E mi è pure andata bene: potevo perderci tutto il piede», racconta senza troppi giri di parole. «Riconosco le mie responsabilità: preso dal lavoro e dagli impegni di volontariato, per troppi anni ho trascurato la salute. Non facevo i dovuti controlli del sangue, seguivo un’alimentazione scorretta, facevo poco movimento. Insomma, c’erano tutti i presupposti per ficcarsi nei guai. Detto ciò, amareggia vedere lo stato di abbandono della sanità pubblica in Sardegna. In particolare, è drammatica la carenza di servizi diabetologici. In un ospedale sardo, tempo fa, mi dissero che i problemi al piede erano niente di preoccupante. Per fortuna uno specialista mi ha suggerito di recarmi in una struttura di Pisa che è l’eccellenza in questo ambito, a livello europeo: appena mi hanno visitato, mi hanno detto: “Lei non torna subito in Sardegna, dobbiamo trattenerla qui e procedere d’urgenza con l’intervento chirurgico. Se vuole salvare il piede, deve rinunciare al dito infetto. Altrimenti poi il problema si propagherà e diventerà difficilmente gestibile”. Lì per lì mi sono sentito disorientato, ma ho capito che non c’era altra scelta. Ora mi sento sereno, ho fatto quello che dovevo: non è piacevole ma mi considero fortunato rispetto a tante altre persone. L’equipe di Pisa si è detta disponibile a recarsi una volta al mese nella nostra isola, a patto che una struttura sanitaria adeguatamente attrezzata metta a loro disposizione una sala chirurgica per un’intera giornata. Spero che chi di dovere tenga in conto questa disponibilità, pensando alla salute di tanti malati gravi. Ma è ancora più urgente l’apertura di un reparto di diabetologia e di un ambulatorio per il piede diabetico nei principali ospedali sardi: si erogherebbe un servizio importante che, peraltro, farebbe risparmiare tanti soldi alla pubblica amministrazione che oggi rimborsa gli interventi in altre regioni della penisola».
In occasione della Giornata mondiale del diabete, gli operatori di Diabete Zero Odv questa mattina eseguiranno uno screening ai dipendenti della sede Rai di Saxa Rubra, a Roma. Domani il presidente Franco Pili e una delegazione in rappresentanza della Fand, l’Associazione italiana diabetici, saranno accolti in udienza da Papa Francesco. L’Organizzazione mondiale della sanità – Oms stima che nel mondo ben 530 milioni di adulti siano malati di diabete: un numero destinato ad aumentare a 640 milioni nel 2030, secondo le proiezioni. In Europa la malattia interessa circa 60 milioni di adulti, di cui 3,5 milioni in Italia. In Sardegna si contano 110mila casi tra diabete di tipo 1 e di tipo 2: non è poco, se si pensa che nell’Isola abitano meno di un milione 600mila persone.
Credits: la foto di apertura è di Matt C su Unsplash
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