Educazione

Giocare a scuola si può? No, si deve

Storicamente scuola e gioco sono due ambiti separati (vedi Pinocchio). In realtà il gioco ha una stretta relazione con l’imparare, soprattutto perché permette di sviluppare quelle competenze emotivi oggi tanto indispensabili

di Vanna Iori

La storia dell’apprendimento nelle istituzioni educative e scolastiche si è fondata sempre sul primato delle nozioni, dei saperi codificati, in contrapposizione alle esperienze ludiche, cioè sulla dicotomia tra studio e gioco, tra istruzione e svago. Emblematico il libro di Pinocchio, scritto da Collodi alla fine dell’Ottocento ed ancora ai primi posti nei libri più venduti al mondo, che ha origine proprio da un gesto simbolico: Pinocchio non entra a scuola, luogo dell’apprendimento, ma vende l’abbecedario per andare a divertirsi al  teatro dei  burattini. Questa contrapposizione netta interno/esterno ha rappresentato per decenni l’idea di scuola come un luogo “separato” dal contesto comunitario esterno dove si poteva giocare in libertà.    

Molte esperienze e ricerche pedagogico-didattiche dimostrano invece che il gioco è una fonte di conoscenze e riveste un ruolo importante dalla prima infanzia a tutto il corso della vita. La sua stretta relazione con l’imparare è fondamentale nei percorsi educativi poiché l’educazione è una pratica in cui l’esperienza si lega alla riflessione e si avvale di estro creativo. L’incontro con il gioco può rinnovare l’entusiasmo e offrire stimoli da cui ripartire per inventare e sperimentare acquisizioni di conoscenze gratificanti ed efficaci.

Animare l’azione educativa significa darle anima e presuppone preparazione, ricerca, sperimentazione, valutazioni attente. La centralità che l’animazione riveste nelle esperienze formative con bambini e ragazzi, ma anche con gli adulti, trova nelle forme ludiche un prezioso contributo per stimolare la crescita della persona nella pluralità delle sue dimensioni esistenziali. La connotazione delle attività di gioco aiuta l’espressione di idee e vissuti capaci di rafforzare i contenuti cognitivi e le dinamiche relazionali, offrendo dunque rilevanza all’esperienza ludica, per la creatività e la dinamicità che si intersecano con gli apprendimenti formali.

Lo sviluppo di competenze ludiche per i nuovi percorsi educativi è diventato ancora più necessario oggi, di fronte ai cambiamenti dei macroscenari economici, lavorativi e sociali che ci interpellano fortemente a rinnovare strategie e orientamenti educativi in cui il gioco diventa anche strumento di contrasto alle povertà educative. 

Tra i tanti volti delle povertà educative, materiali e immateriali, è prioritario segnalare in particolare le emergenze delle “nuove povertà sociali e relazionali presenti anche nei contesti di ricchezza economica.  Il lockdown,  a cui hanno fatto seguito le guerre, ha comportato isolamento, paure e insicurezze che hanno profondamente cambiato il volto delle nostre comunità. Fragilità educative presenti già prima della pandemia si sono notevolmente aggravate e le situazioni crescenti di malessere emotivo impongono ulteriori interventi per contrastarne gli effetti drammatici.

Gesti estremi e atroci poi fatti circolare sul web esprimono un quadro desolante in cui i vissuti emotivi di malessere esistenziale sembrano non avere risorse cui aggrapparsi per la prevenzione e per la cura dell’esistenza, come se la vita si esaurisse nell’attimo presente e non offrisse nessuna prospettiva di senso, di progetto, di futuro. Questo quadro di disagio esistenziale ci indica il valore e  il ruolo fondamentale del gioco, nell’esperienza di apprendimento per costruire benessere esistenziale e contenere le difficoltà emotive.


L’esperienza ludica è di importanza prioritaria per sviluppare le competenze emotive indispensabili, per cogliere, valutare e gestire le emozioni proprie e riconoscere le emozioni nella condivisione e nelle azioni di gioco. Una scuola e una famiglia più attente all’educazione del cuore insegnano a non negare o tacere le emozioni, a non reprimere quegli stati d’animo, ma a rielaborarli attraverso esperienze di giochi diversi per i diversi contesti e situazioni di apprendimento e di vissuti.

Le emozioni sono sempre collegate alla ragione. Anche se l’intelligenza cognitiva è molto importante, l’intelligenza emotiva è indispensabile nei percorsi educativi oggi. La grande risorsa dei sistemi educativi nella costruzione di una formazione umana integrale. è proprio questa: tenere insieme le competenze emotive con quelle cognitive, utilizzando unitamente gioco e saperi strutturati. Ecco perché educatori non ci si improvvisa. 

Aver cura della vita emotiva è una risorsa indispensabile in questo momento difficile. La prospettiva prioritaria è la prevenzione. E il gioco è il principale strumento di cui avvalersi, perché è in grado di colmare quel vuoto interiore dove il  web sempre più frequentemente “intrappola”, anche da età precoci, bambini e ragazzi connessi a tutte le ore, in relazione con il mondo, ma sempre più soli.

In conclusione, per attivare la possibilità di sottrarre all’emarginazione, al disagio e alla violenza bisogna iniziare subito dall’importanza del gioco nelle attività di apprendimento, nell’esperienza scolastica, nell’emergenza delle nuova fragilità emotive  perché  l’attività ludica non è soltanto un’esperienza opzionale di svago e ricreazione ma è una   esperienza  fondamentale   indispensabile dell’esistenza  umana ed è il principio stesso dell’educazione. Il gioco è strumento di  socializzazione e comunicazione nei gruppi,  di creatività, di regole, di armonia, di intuizione, di fantasia, di partecipazione, della costruzione di nuovi spazi, legami esistenziali, progetti in relazione con il mondo che ci circonda.

Per diffondere questi argomenti la Fondazione Reggio Children, assieme LEGO Foundation, terrà a Reggio Emilia il 16 e 17 novembre un convegno internazionale, cui seguiranno altri eventi in ognuno dei cinque continenti

Foto di Vitolda Klein su Unsplash

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