Mondo

Parla Emiliano Bos di Misna. Quei milioni di morti

Duro j’accuse all’Occidente del giornalista, uno dei massimi esperti italiani di Africa.

di Redazione

“Sono pronto a scommetterci, nei prossimi giorni tutti i mass media parleranno del Congo”, Emiliano Bos, giornalista dell?agenzia dei missionari Misna è uno dei massimi esperti di Africa. Ci parla dalla redazione di Roma, mentre il suo pc è collegato alle agenzie internazionali. “Ecco una notizia buona anche per i nostri giornali”, scatta con tono sarcastico, “vicino a Bunia, nel Nord-Est hanno segnalato alcuni cadaveri cui è stato strappato il cuore. Un pasto prelibato per i nostri mezzi di comunicazione”. Vita: A me sembra una cosa terribile! Emiliano Bos: Certo, ma si tratta di pochi casi. Il cannibalismo fa parte, e non da oggi, di questa ennesima tragedia africana, che dal 1998 ha causato dai 2 ai 3 milioni di vittime. Un esempio: all?inizio di aprile a Dro Dro sono morte mille persone. Qualcuno ne ha saputo qualcosa? I media occidentali, quelli italiani più degli altri, sono pronti a parlare dei pigmei sbranati da altre etnie. Non si dice mai invece che Bunia si trova a pochi chilometri da uno dei più grandi giacimenti auriferi del mondo; oppure che da queste parti si gioca la partita mondiale del coltan, il materiale che serve a produrre microchip per telefonini e i giochini elettronici. Io non ho mai visto un bambino congolese giocare con un gameboy. Senza dimenticare la questione uranio. Troppo comodo far passare questa guerra come un conflitto tribale, non siamo all?età della pietra, qui non si tirano lance. Vita: Cosa fa la comunità internazionale? Bos: Il contingente dell?Onu, il Monuc, di stanza nell?immenso Congo conta ad oggi 4.246 militari. Solo in Kosovo ce ne erano 36mila. Sono numeri che parlano da soli. Non me la sento di puntare il mirino contro quei poveri soldati che rischiano la vita ogni ora, le responsabilità sono a livello politico. Come si può pensare di ottenere qualche risultato se nel mandato del Monuc si parla di peace keeping, ossia di mantenimento della pace, in un Paese dove la pace non esiste. Una follia. Sarebbe necessario un impegno stile peace enforcing, di ?forzatura alla pace?. E nel conto mettiamoci pure che siamo al cospetto di una delle missioni Onu più costose: oltre 600 milioni di dollari all?anno. Inutili. Ma forse adesso qualcosa si sta muovendo. Vita: In che senso? Bos: La questione è arrivata ai piani alti. Kofi Annan si è svegliato. Il numero dei caschi blu sarà portato a 8.700 unità e anche l?Europa sarà chiamata a fare la sua parte. Vita: Vede la fine del tunnel? Bos: Non so. In Sierra Leone, quando dopo dieci anni di guerra la comunità internazionale ha deciso di fare la pace, si è arrivati a un cessate il fuoco definitivo. Ma ci deve essere la volontà politica. L?Onu da sola non può bastare se poi le multinazionali di Stati democratici come Israele, Usa, Malesia e Canada continuano ad armare il grilletto dei signori della guerra. Vita: Torniamo ai morti: tu hai parlato di circa 3 milioni di vittime, qualcuno però arriva a 4,7 milioni. Dove sta la verità? Bos: Un bel quesito. Nessuno può avere la certezza di queste cifre. Il dato inconfutabile è che il 99% di loro sono civili. Moltissimi i bambini. Scappare da una guerra può costare la vita. Vita: Il Congo è un Paese diviso in due. A ovest, la situazione è relativamente tranquilla. A est è il caos. La popolazione occidentale sa cosa sta accadendo nell?Ituri, la regione di Bunia? Bos: Il governo ha il polso della situazione. Sulla consapevolezza dei cittadini congolesi che vivono a migliaia di chilometri dagli scontri ho molte perplessità.


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