Turismo
Mediterraneo, una ricchezza da valorizzare. Insieme
Le persone, dopo la pandemia, hanno sempre più voglia di viaggiare e la meta preferita è il Mediterraneo, a cui il Touring club italiano ha dedicato il nuovo libro dedicato ai suoi aderenti. Questa zona, tuttavia, attrae i turisti in maniera disuguale e anche tra Nord e Sud Italia ci sono grosse disparità. Per sanare le differenze ci vuole una gestione lungimirante e un'organizzazione che includa elementi diversi, dalla cultura al paesaggio, passando per l'intrattenimento
Dalla fine della pandemia, sempre più persone hanno voglia di viaggiare. Secondo i dati diffusi dall’Organizzazione mondiale del turismo, il prossimo anno in tutto il mondo i viaggiatori saranno 1,4miliardi. Di questi, una larga fetta – il 27% – sceglierà il Mediterraneo, prima meta a livello globale. Eppure, il turismo in questa zona non è distribuito in maniera uniforme: la riva nord attrae il 75% dei visitatori, mentre quella sud rischia di rimanere tagliata fuori. Questo squilibrio è presente anche all’interno del nostro Paese, in cui il turismo – seppur consistente – si concentra prevalentemente in alcune località – le più frequentate sono Roma, Pompei, Firenze e Venezia, la riviera romagnola per le vacanze al mare e l’Alto Adige per quelle in montagna –, spesso al Centro-nord, escludendo molte aree che pur avrebbero molte peculiarità da valorizzare. Nel Mezzogiorno, che include il 41% della superficie nazionale ma richiama solo il 19,1% dei turisti.
«L’afflusso di persone andrebbe governato, non rigettato», afferma Giuseppe Roma, vicepresidente del Touring club italiano – Tci. «Il fatto che i viaggiatori scelgano solo poche destinazioni crea due effetti. Il primo è l’esclusione di larga parte del nostro territorio, in cui il flusso turistico potrebbe essere uno stimolo per creare occupazione, anche per i giovani, e per valorizzare i luoghi, mentre il secondo è il disagio che si crea quando ci sono grandi concentrazioni. Se, a Roma, andiamo tutti al Colosseo c’è un problema di erosione del patrimonio storico e culturale, ma se si mandano delle persone anche in periferia, dove ci sono luoghi ugualmente pieni di storia, si avrebbe una distribuzione migliore e una rivalutazione delle aree più marginali. Una volta ho pensato addirittura che bisognerebbe organizzare una “giornata dell’orgoglio periferico”».
Secondo il vicepresidente del Touring club italiano, tuttavia, per valorizzare le aree che oggi sono meno interessate dal flusso di visitatori, bisognerebbe interpretare il turismo in modo diverso. «Il nostro problema non è attirare persone, ma migliorare quello che offriamo, per rendere la visita più significativa e organizzata», afferma. «Nel Mezzogiorno mancano le infrastrutture, le accomodazioni, l’offerta culturale, anche se il patrimonio in questo senso sarebbe enorme; pensiamo per esempio al Salento, che ha avuto un grande boom di presenze ma, a parte il Museo archeologico nazionale di Taranto non ci sono molti musei».
Oggi l’offerta deve essere completa, non basta un bel mare o un bel paesaggio; non è un caso che la Regione con il maggior numero di visitatori sia il Veneto, che ha località balneari come Bibione e Caorle, località montane come il Cadore, città d’arte e di cultura come Venezia, sede di numerosi festival culturali; anche Napoli, pur essendo nel Mezzogiorno, ha un’offerta molto variegata, dalla storia al mare, ai musei. «Ci vogliono una pluralità di elementi per essere attrattivi per i turisti», commenta Roma. «Bisogna poter arrivare ai luoghi, ci deve essere ospitalità, strutture adeguate e molte proposte diverse. Un luogo accogliente per i turisti è un luogo in cui vivono bene anche i residenti; se invece ci sono problemi con la sanità e coi trasporti, per esempio, nessuno sta bene».
Per contribuire a ridurre la disparità tra le diverse zone, il Touring club italiano ha deciso di dedicare particolare attenzione, nel 2024, almare nostrum, a cui dedicherà anche il volume che annualmente prepara per i suoi aderenti, il cui titolo sarà Mediterraneo. Storia/incontri/culture. In più ci sono le bandiere arancioni – spesso assegnati in borghi nel Sud del nostro Paese – e la valorizzazione dei cammini su tutto il territorio nazionale. L’associazione, fin dalla sua fondazione, punta sul turismo per creare dialogo e rompere conflittualità tra culture diverse. «In questo momento sentiamo il bisogno di farlo nell’area del Mediterraneo», conclude il vicepresidente, «perché si stanno creando delle cesure che mai nella storia si sono viste con tanto vigore tra i Paesi che su questo mare si affacciano; l’Italia ha sempre avuto un’intensa relazione con le altre zone costiere, anche dal punto di vista della presenza commerciale, che oggi ha perso o rischia di perdere: c’è bisogno di governare delle situazioni che vanno gestite con uno spirito dialogante».
Foto in apertura da Pixabay
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