Cultura

Tortora, il caso non è chiuso

Dodici mesi di carcere, una condanna ingiusta, il disonore e la malattia: per la giustizia italiana non c’è nessun colpevole nell’amara vicenda di Enzo Tortora. Ma la figlia Silvia ...

di Gabriella Meroni

Il caso Tortora non è chiuso. A quindici anni dall?arresto e a dieci dalla morte – da innocente – del presentatore, ora sarà la giustizia europea a scrivere un nuovo capitolo sulla sua vicenda giudiziaria. Stabilendo se contro di lui ci fu un trattamento lesivo dei diritti umani che giustifichi quindi un tardivo, ma significativo, risarcimento. L?Italia ha già deciso: per i dodici mesi di carcerazione preventiva, la condanna per camorra in primo grado, la pubblica gogna televisiva e i guai di salute che ne derivarono non c?è nessun colpevole. Non sono colpevoli i magistrati (il procedimento a loro carico per calunnia e abuso d?ufficio è stato archiviato dal gip di Potenza lo scorso 29 marzo) né i poliziotti o i carabinieri, né i giornalisti. Lo stesso Enzo Tortora prima di morire aveva presentato una citazione per danni: venne respinta. Ora la figlia Silvia ha deciso di percorrere un?altra strada, probabilmente l?ultima: rivolgersi alla Commissione per i diritti umani di Strasburgo, un organismo giudiziario che ha il potere di condannare uno stato membro della Ue a risarcire economicamente un cittadino contro cui abbia agito in violazione dei diritti umani. Proprio questa settimana un avvocato, Andrea Falcetta, sta scrivendo il ricorso che sarà presentato tra pochi giorni. Ha accettato di anticiparcene alcuni punti, pur senza entrare nei dettagli, come prevede la segretezza della fase preliminare.
Secondo l?avvocato Falcetta, nel caso di Enzo Tortora si sono violati almeno tre articoli della Convenzione europea dei diritti umani: l?articolo 6 (diritto per l?accusato di essere giudicato da un tribunale imparziale), l?articolo 3 (trattamento inumano e degradante), e infine l?articolo 5 paragrafi 2 (diritto dell?accusato a essere portato subito davanti a un giudice) e 5 (lunga e irragionevole detenzione). «Tortora è un caso esemplare di violazione grave e continuata» spiega Andrea Falcetta. «Il tribunale di Napoli che lo condannò in primo grado a 6 anni e mezzo non era certo imparziale, anzi. E questo è un dato di fatto, riconosciuto sia dalla sentenza della corte d?appello, che lo assolse, sia dalla corte di Cassazione. ?Le dichiarazioni accusatorie vennero rese unicamente per compiacere gli inquirenti, se non dietrro loro sollecitazione?, c?è scritto agli atti. Poi c?è il trattamento inumano e degradante, e mi riferisco sia al momento dell?arresto, quando venne esposto con i ferri ai polsi in televisione e sulle prime pagine dei giornali, e alla violazione sistematica del segreto istruttorio. Più chiaro di così..».
E per quanto riguarda le altre violazioni? «Nessun dubbio: Tortora vide la faccia di un magistrato solo dopo 7 giorni di isolamento, e in quel momento seppe di che cosa lo si accusava; sul fatto poi che la detenzione fosse, oltreché lunga, irragionevole, la Comissione europea è molto chiara: se non c?è pericolo di fuga oppure pericolosità sociale la detenzione non ci deve essere. E mi sembra che nel caso di Enzo Tortora, gravemente malato all?epoca dei fatti, non ci fosse né l?uno né l?altro rischio». Dal momento della presentazione di un ricorso, la Commissione europea dei diritti dell?uomo ha tre mesi per pronunciarsi sulla sua ammissibilità. Se questa viene riconosciuta, comunque – dicono le statistiche – si hanno poi buone possibilità di vincere la causa.
Un?eventualità che riguarda un numero sempre crescente di nostri connazionali che ogni anno si rivolgono alla giustizia europea per vedere riconosciuti diritti che l?Italia nega con frequenza preoccupante. Dal 1981, data del suo insediamento, la Commissione ha infatti erogato indennizzi per l?eccessiva lunghezza dei processi (articolo 6, paragrafo 1) a 87 cittadini italiani; ma solo nel biennio ?95-?97 i ricorsi arrivati dall?Italia sono stati ben 700, i risarcimenti pari a oltre 11 miliardi. L?avvocato Falcetta è certo del positivo accoglimento della domanda che riguarda Enzo Tortora, ma subito annuncia che essa riguarderà anche i suoi eredi.
«Per una serie di disposizioni legislative sovrapposte, anche in barba al referendum voluto proprio da Tortora sulla responsabilità civile dei magistrati, Silvia Tortora oggi non ha più la possibilità di rivolgersi a un Tribunale italiano per ottenere giustizia contro i magistrati che hanno sbagliato. Dopo l?archiviazione di Potenza, tutte le strade sono chiuse. Questo non è giusto, e oltretutto vìola un altro paragrafo dell?articolo 6 della convenzione. Se la legge italiana è ingiusta, che intervenga l?Europa. Anche contro i magistrati che non pagano mai. Enzo Tortora, ne sono certo, sarebbe con noi».

Cara Silvia,dammi forza

Il carcere corrompe i sogni

Una notte penosissima, con insonnia e malesseri mai provati. Arrivo sveglio alle 5.30; le 6. Mi assopisco un’ora ma è un dormiveglia interrotto dalla conta e dai battiferri. La pressione, dopo la doccia è infatti 130-110. Poi da Palermo la notizia dell’esplosione dell’autoblindo del magistrato (Rocco Chinnici, ndr). Mia angoscia. Qui la cosa è accolta con indifferenza. Ma essere qui per reati simili a quelli che hanno ucciso il magistrato mi dà la nausea, capogiro, vergogna. Deve succedere qualcosa. Devo salvaguardare la salute che peggiora. Il caldo umido, il caldo è insopportabile. Viviamo come polli in un povero perimetro chiuso a chiave. Alle volte, chiamato al colloquio o dagli avvocati l’ascensore non funziona. E debbo scendere scale, fare corridoi, insomma camminare. Allora m’accorgo di non essere abituato alla vita normale. Io, che amavo tanto passeggiare arrivo stremato a una porta.
Il carcere corrompe anche i sogni . Ho sognato di far parte, comportandomi benissimo, di una banda di svaligiatori di appartamenti.

Voglio, devo vivere

[Regina Coeli, 22 luglio 1983]

Silvia mia carissima, ti ringrazio per il pensiero, costante, e per il calore della tua mano, che sento quasi fisicamente fra le mie. So che voglio uscire pulito e a testa alta. Ma mentirei se dicessi che so quando. Ormai sembra una lotta tra il potere e me. Ci sarebbe da ridere se non fosse da disperarsi. Siate unite tutte. Pare che domenica ci sia un altro atto di questa tragicommedia. Forse sarà lunga, dolorosa e piena d’angosce. Voglio viverle tutte, senza sconti. A riposare (io che ne avevo tanto bisogno), a curarmi, ci penserò dopo. So che tu nei panni miei faresti lo stesso. È questo a tenermi in piedi. Ti voglio un bene immenso. Pallerina, a te e Gaia vola ogni minuto il mio pensiero. Penso alle vostre sofferenze, alle voci della gente (la conosco io la gente…), all’impaccio, povere creature, che questa mia vicenda vi procura. E dal danno, immenso, che crea a me. Ma pazienza. Siate unite, ripeto e lo spero. Mi regge, feroce, la certezza della mia onestà totale, lo sbigottimento per questa mascalzonata, o errore, o macchinazione, o non so cosa. L’unica cosa che so è che sono innocente. Voglio, devo vivere, fino a sentirlo dire. Dopo, non mi importerà più di nulla.
Ti abbraccio tanto Silviotta. So che sei una donna. Ringrazia e abbraccia Mamma, che quasi per miracolo (anche per noi laici esistono, vero?) ho ritrovato nella sua bontà, nella sua umanità profonda. Ciao Pallerina, ciao Gaia. Vorrei tanto potervi dire: a presto. Tutte e due sul mio cuore! (e anche Mamma)
papà

Un amore infinito

[Regina Coeli, 25 luglio 1983]

Carissima Miranda, carissima Silvia,
Vi debbo delle scuse. L’altro giorno la piena dei sentimenti, una certa stanchezza, un po’ di tensione vi hanno dato di me un’immagine che non voglio abbiate. Ve ne prego scusatemi. Sono sereno, forte, fiducioso. E deciso a battermi. Con delle alleate come voi, andrei in capo al mondo. Non mi faccio illusioni, ma non dispero. Al di là del dolore, l’aver stretto le vostre mani mi è stato di conforto infinito. Non abbattetevi. Il capo (pelato) di casa è qui, ed è deciso ad esserlo. Davvero: mi vergogno per avervi offerto una immagine così debole. Ho ricevuto tutto. Il libro di Silvia mi piace molto. Sai, amore, ci voleva forse anche questa esperienza per scoprire che per il proprio vecchio si può provare «amore infinito». Per due parole così, Pallerina, avrei dato la vita. Ora le ho avute… Anch’io per te ho un amore infinito. Per te, per Gaiola, e per Mamma una stima e una riconoscenza che non so neppure dire.
Vi mando tutto il mio bene. E non penate troppo. Sono forte.
Un caro abbraccio da
papà

Come dimenticare?

[Bergamo, 25 agosto 1983]

Silvia mia carissima, ricevo oggi il tuo espresso del 21. Grazie di tutto, grazie per tutto. Grazie particolarmente per quella frase che parla della
tua fierezza di portare il mio nome.
Che dirti Pallerina? Ci volevano le manette per scoprire che ci volevamo così bene? E allora ben vengano anche quelle. Hai ragione. Prenderò su di me questo che non è un fadrello ma un compito alto e nobilissimo. Pensa che più di cento detenuti milanesi mi hanno scritto «non dimentichi».
E come dimenticare? Come uscire indenni da questo delirio? So che sarai al mio fianco in questa battaglia che sarà politica e sociale. Ti mando, perchè tu la conservi una lettera da Siracusa. Esemplare. Io risponderò a quest’uomo. E penso che il problema, enorme, che ci si è aperto davanti non debba riguardare solo papà. Sai che non ho mai sofferto di egoismi. Sarà un settembre duro, e non mi faccio illusioni. Per questo ho bisogno della salute.
Come di un?arma. Oggi Biagi (bravissimo) fa capire qual è il punto: la corporazione degli arrestatori facili, che firmano ordini e mandati come scacciassero zanzare. Se mi darai una mano anche dopo (il caso Tortora non è che il caso Italia) sarò io, come sempre,a essere fiero di te. Abbracciami
Gaia e Mamma. Se come mi dici, per lo slittamento ci sono difficoltà accordati con zia Anna e fammi sapere. Le mie braccia sono sempre aperte; e non vedo l’ora di stringervi tutto a me.
Con amore infinito
papà

Sono all?ultimo round

[Bergamo, 26 agosto 1983]

Mie carissime,
ho ricevuto ieri il vostro telegramma con il quale mi comunicate il rientro a Roma. Ero un po? in pensiero, adesso sono felice. Silviotta sai che papà è apprensivo… Non vi chiedo molto, un biglietto a settimana. Va bene? Qui piove a dirotto, e questo è noioso perché l’aria (in senso carcerario) è problematica. Hai letto ?Gente?? Ecco la gente che accusa vostro padre… Ma non parliamone. Abbiamo preparato un piano, che ha settembre come fulcro della difesa. Qui ci sono giornalisti e paparazzi fuori molto più che a Roma. Ripeto: vorrei tanto che riposaste ancora. Io oggi, ma solo oggi ho un forte mal di testa. Sarà il tempo… Silvia, sei stata da padre Gianfranco? Vorrei il suo indirizzo. Mia cara, non essendo generale e non trafficando in petroli sarà un po? più lunga, ma so che non ve la prenderete. Io uscirò senza fango: ma purtroppo senza più illusioni. Non riesco a scrivere molto stasera. Vi basti sapere che ogni vostra notizia è occasione di gioia profonda. Io sento fisicamente la vostra speranza, il vostro affanno, la vostra fatica. Come potrò riuscire, anche campassi mille anni, a dirvi che conforto mi avete dato? Ora sono all?ultimo round. Lo sento e anche questo mi dà un?eccitazione particolare. Devo farlo in piedi. Statemi vicine e questo sarà per me il maggior conforto. Un abbraccio grande grande dal vostro
papà

Una battaglia collettiva

[Bergamo, 28 agosto 1983]

Silvia carissima, ti sono tanto grato per le cose che dici e le osservazioni che fai. Certo, io mi considero fortunato: ho voi. Ma intendo trasformare questa mia esperienza in una battaglia collettiva per la revisione di certe infami procedure. Ora dobbiamo batterci perchè la vittoria ci sia, e completa. Io non posso permettere «sì, però». Capisci? Dunque grazie, amore: non ho ancora ricevuto notizie da Gaia, e vorrei tanto che il 15, con il suo ingresso in una nuova scuola, quei bastardi avessero deciso qualcosa.
E invece torneranno in due dalle ferie! Chiederò a Facchetti una interpellanza parlamentare su questa vergogna nazionale, su questo disprezzo dell’uomo ridotto a spazzatura, in attesa che due fetenti (i magistrati, ndr) tornino da Capri. È anche qui, credi, il punto della vergogna. Mi chiedi del vitto. Certo le raffinatezze alle quali mi avevate abituato sono finite. Quella minestra di fagioli ha suscitato gli urrà di tutta Regina Coeli. Ma qui, onestamente,
il convento si difende e passa roba decente. Scusa se affastello argomenti: ma quanto c’è da fare. Anch’io Silviotta spero nel Bel Paese, ma senza i vermi della Galbani. Ti prometto che mi riguarderò e che il 6 troverai un papà fuori serie. Vedo molto poco la tivù. Anzi, certe sere non la vedo affatto, e alle otto dormo. Ora ti abbraccio e ti ringrazio per tutto. Ogni sera guardo la tua fotografia, e prima di addormentarmi, mi vedo sul tuo lettino, a leggerti Pinocchio, mentre ti massaggiavo un piedino. Ora Geppetto è nei guai: ma con un Pinocchietto come te sono certo anch’io: passerà tutto.
con amore infinito, papà

Siamo pietre senza suono

[Bergamo, 3 settembre 1983]

Quello che non si sa è che una volta gettati in galera non si è più cittadini ma pietre, pietre senza suono, senza voce, che a poco a poco si ricoprono di muschio. Una coltre che ti copre con atroce indifferenza. E il mondo gira, indifferente a questa infamia.

Meglio i nemici dei vili

[Bergamo, 14 settembre 1983]

Mia carissima Silvia, finalmente ieri via radio e tivù la buona notizia. Il 29, qui a Bergamo si degneranno di sentirmi. Ancora 15 giorni, ma che importa per uomini secondo i quali altri uomini sono spazzatura? La vita carceraria è sempre più rivoltante e alienante, ieri abbiamo tutti firmato un lungo documento, che si aggiunge a quello delle altre carceri. È la prima volta che da qui esce un documento: e così la Fatina (il direttore del carcere Rocco Trimboli ndr) è servita. Ti giuro, il ribrezzo che mi fa quest’uomo è indicibile. Ai vili io ho sempre preferito i nemici chiari. Abbiamo giornate di sole: deve essere un bel settembre, mi raccomando fate qualche gita: il settembre è così dolce… Scrivetemi vi prego, non consideratemi un invalido, non lo sono… ancora. A te, Gaiola e Mamma un fortissimo abbraccio
papà

So che sarai al mio fianco

[Bergamo, 27 settembre 1983]

Mia carissima Silvia, non so che dirti: la gioia di vederti è stata per me immensa. Mi hai dato forza: me ne hai aggiunta. Ora mancano poco più di 24 ore al match. E sarà fondamentale. Ma sai che oggi, e solo oggi, è arrivato il tuo telegramma (con 6 giorni di ritardo!). Non sarebbe uno splendido servizio? Che vergogna… Sei giorni un telegramma Roma-Milano. Vabbè, è peggiore lo scandalo che mi chiude qui. Penso proprio che questa esperienza, così violenta, ingiusta, dolorosa, ci abbia aperto gli occhi: non dimenticheremo più. Vederti lanciata nel lavoro è stata per me un’altra soddisfazione profonda: vedrai Silviotta, la vita ti parrà più piena. Ho ricevuto ?La Notte? con la notizia del porco Margutti: spero che oggi i giornali ne parlino. Così quando arriva Pulcinella trova il piatto caldo… Abbiamo, ma soprattutto avete lavorato come matti: ma quello che mi da un brivido è il pensareche un povero uomo, senza nome e senza amici, può essere schiantato da una vicenda simile. Dedicherò il resto della vita a battermi contro queste cose. E so che sarai al mio fianco. Ce la faremo Pallerina. Ora calma, e bacia tutti. papà

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