Mondo

Iraq Journal, a spasso nella città dei rifiuti

I volontari di Intersos hanno visitato la bidonville di Bagdad: un luogo infernale dove la diminuzione della spazzatura ha reso le cose ancora più difficili

di Mauro Celladin

Nella baraccopoli di Bagdad Al Husseiniya, 170.000 persone in maggior parte venute dal sud dell? Iraq solo negli ultimi anni, per l?impossibilità di vivere del lavoro nei campi a causa della scarsità d?acqua, dell?aumento della salinità del terreno, dell?inquinamento da mine e da petrolio. Si sono stabilite in questa area priva di rete idrica, di fognature e di vere e proprie strade. Al Husseiniya, all? estrema periferia di Baghdad, è la bidonville della capitale. Fino a poco tempo fa la maggior fonte di sostentamento di questa gente era il riciclaggio dei rifiuti. Funzionava così: gli autisti dei camion della nettezza urbana contrattavano con le famiglie il prezzo per un carico di immondizia, il costo variava a seconda della zona di raccolta, l?immondizia proveniente dai quartieri ricchi valeva di più. Ad accordo raggiunto gli autisti scaricavano il camion davanti alle abitazioni dei riciclatori. Tutta la famiglia si metteva al lavoro per selezionare il vetro, i contenitori di plastica, l?alluminio delle lattine, con un po? di fortuna qualche gomma d?auto ancora utilizzabile e fili di rame, ben pagati sul mercato del riciclaggio. In una giornata di lavoro una famiglia arrivava a guadagnare mille dinari (circa mezzo euro), passando al setaccio fino a 100 quintali di rifiuti. Ciò che rimaneva veniva bruciato per far spazio al carico del giorno dopo. I nostri collaboratori locali ci spiegano che in passato nessuno veniva mai in questa zona, l?aria era irrespirabile per la puzza e per il fumo dei rifiuti incendiati. Può sembrare paradossale, ma oggi, essendo saltato il sistema di raccolta dei rifiuti cittadini e mancando quindi la ?materia prima? su cui lavorare, Al Husseiniya appare come un quartiere desolato, senza più vita. Le ?discariche di famiglia? dove prima si svolgevano le attività di riciclaggio, sono diventati terreni aridi, disseminati di borse di plastica e di poche capre che vagano brucando non si sa cosa, e tante mosche, ovunque. Vediamo ragazzini aggirarsi per le strade con un sacco in spalla, raccolgono le lattine vuote trovate per terra, non prima di averle portate alla bocca alla ricerca di qualche goccia di bibita residua. Mattina a scuola, pomeriggio fra i rifiuti, ma i banchi non ci sono più Il direttore di una delle scuole della zona ci spiega che in passato gli scolari, dopo le lezioni, lavoravano fino a sera per aiutare la famiglia nella selezione dei rifiuti. Il rendimento non era dei migliori, ma tutti i genitori mandavano i propri figli alla scuola, sperando che lo studio potesse dar loro qualche possibilità in più nella vita. Oggi che i bambini sono liberi da tale incombenza, nelle scuole non ci sono più gli insegnanti, che nessuno paga, e mancano banchi ed altre attrezzature, saccheggiate nei giorni del caos successivi alla caduta del regime. Come intervenire? In questi giorni come operatori di Intersos siamo ad Al Husseiniya per capire, tra i tanti bisogni, quali sono le priorità. Ci siamo fermati per strada ad intervistare alcuni abitanti, il fabbro, il falegname e tanti disoccupati, alcuni ci hanno invitati nelle loro case a prendere il te. Non sono particolarmente preoccupati per il lavoro che manca, sono poveri da sempre e se in passato, per sopravvivere, sono stati costretti a rovistare nell?immondizia, nessun altro lavoro gli fa paura. Chiedono invece acqua corrente, fognature e strade, e la scuola per i loro figli. L?alleanza militare che occupa l?Iraq si rende conto di questi problemi, della loro potenzialità dirompente, del bisogno di ripristinare una struttura di amministrazione del Paese, per dare almeno qualche risposta ai bisogni della popolazione. Tornano i funzionari del Rais Pare che la scelta fatta sia quella di rimettere al loro posto i vecchi funzionari di Saddam, i quali, dopo una breve quarantena e fatti salvi quelli pesantemente compromessi col passato regime, si stanno ora reinsediando nei propri uffici, non senza lasciar trasparire un malcelato atteggiamento di trionfo. E? difficile dire come tutto questo sarà accolto dalla maggioranza della popolazione che ha creduto nel cambiamento. Riusciranno a capirlo il fabbro, il falegname, i disoccupati di Al Husseiniyya, che chiedono solo di avere una possibilità. E qualche speranza per il futuro?


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