Economia

Flessibilità in salsa ligure

Cooperative che impiegano soprattutto donne e under 30. Non a caso, la responsabile è una ragazza impegnata nella Rete Lilliput. La sua storia

di Redazione

Venticinque soci, 1.200 addetti, 500 persone svantaggiate: ecco i numeri del consorzio Progetto Liguria Lavoro. Nel 1994 un gruppo di cooperative di tipo B, sull?onda dell?esperienza della federazione regionale Solidarietà e lavoro, associazione di soggetti operanti nel mercato del lavoro, ha voluto creare uno strumento di rafforzamento del sistema delle cooperative di inserimento lavorativo in Liguria. «Il consorzio si è costituito in forma di cooperativa sociale per supportare lo sviluppo delle cooperative, fare rete e divenire un punto di riferimento che gestisse in maniera strutturata il rapporto con la pubblica amministrazione e i clienti privati», spiega Deborah Lucchetti, la giovane responsabile della comunicazione, che è anche portavoce della Rete Lilliput. Attualmente, dei 25 soci del Consorzio, 23 sono cooperative sociali di tipo B, che forniscono servizi alla pubblica amministrazione e alle imprese nei settori del turismo, della manutenzione del verde urbano e della raccolta differenziata. Ci sono alcune cooperative specializzate nel settore informatico che curano data-entry, informatizzazione catasti, cartografia digitalizzata, siti web. E poi logistica, facchinaggio, help desk, call center, assemblaggi, riparazione di ausili per disabili motori, mense scolastiche e aziendali. Questa pluralità di attività è uno dei punti di forza del Progetto Liguria Lavoro che, assieme a flessibilità e capacità organizzative, è in grado di far fronte alle richieste del cliente. E come sono i rapporti con le istituzioni? «Abbiamo buoni riscontri quando occorre gestire progetti o commesse. Più difficile è il dialogo continuativo in un?ottica progettuale. Anche le norme che ci riguardano, la 381 e la legge regionale 23, sono inadeguate rispetto ai mutamenti socio-economici degli ultimi dieci anni», commenta Deborah Lucchetti. Il consorzio ha un fatturato di 22 milioni di euro, occupa più di 1.200 persone, di cui il 43% svantaggiate (ex tossicodipendenti, detenuti, minori a rischio, persone con patologie psichiatriche, immigrati, disoccupati ?storici?, giovani al primo impiego). L?età media dei soci è piuttosto bassa e vi è un?alta percentuale di donne. E per il futuro? «Siamo in fase di certificazione della qualità e dei percorsi di inserimento lavorativo. Abbiamo condotto uno studio sui modelli di partnership tra pubblica amministrazione e cooperazione sociale e stiamo avviando alcune sperimentazioni, come la rete informatica per il consorzio in collegamento con tutte le cooperative per informatizzare le procedure interne». Carmen Morrone


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