Formazione

Ricerca: si è dimesso il presidente del Cnr

Ecco le ragioni della decisione presa da Lucio Bianco

di Gabriella Meroni

Dopo mesi di contrasti con il ministro dell’Istruzione e della Ricerca sui contenuti del decreto di riordino del Consiglio Nazionale delle Ricerche, il presidente dell’ente, Lucio Bianco ha lasciato oggi l’incarico con una lettera in cui presenta le dimissioni al presidente del consiglio e riassume le critiche al decreto e sottolinea di avere sempre agito nell’interesse della comunita’ scientifica. I motivi del gesto sono illustrati da Bianco anche in una ”lettera aperta” alla comunita’ scientifica italiana in cui manifesta ”alcune convinzioni maturate in questi ultimi mesi”. ”Ero gia’ intervenuto – ricorda Bianco nella lettera – nel dibattito sulla riforma dell’Ente del 1999, contestando le norme che tendevano a limitare o ridurre l’autonomia del CNR rispetto a quanto stabilito dalla legge 168/89”. Ed e’ per avere la possibilita’ di difendere i ricercatori che Bianco si e’ opposto al decreto di commissariamento dell’Ente, deciso dal Consiglio dei Ministri il 31 gennaio e successivamente annullato dal TAR. ”Perche’ – spiega Bianco – a parte gli evidenti profili di illegittimita’ amministrativa il commissariamento avrebbe impedito la partecipazione al dibattito sulle nuove regole e sui nuovi indirizzi proposti”. In questo modo Bianco e’ riuscito a illustrare la sua posizione in Parlamento ed in altre occasioni istituzionali. Una critica ”ad un disegno di riforma radicale, che non tiene in alcun conto i risultati della precedente riforma avviata soltanto quattro anni fa”. E in ogni occasione, Bianco ha rivendicato la necessita’ di conservare al CNR la sua autonomia, garantita dalla Costituzione, e di assicurare una adeguata rappresentanza della comunita’ scientifica nei nuovi organi di governo della ricerca. La prima e’ che ”alla tradizionale mancanza di attenzione della classe politica italiana nei confronti della ricerca scientifica, dovuta a mio avviso essenzialmente alla scarsa redditivita’ di breve periodo degli interventi in questo settore, e’ subentrata, in questi ultimi tempi, una sorta di insofferenza e forse di ostilita’ nei confronti di una categoria che, nel complesso, e’ ritenuta privilegiata e parassitaria. Occorreva pertanto intervenire per razionalizzare, controllare e ridimensionare questo mondo”. ”Quali migliori alleati, a questo fine, – prosegue Bianco – di quei rappresentanti e sostenitori della ricerca ‘utile’ in quanto vicina al mercato, che pertanto avrebbe bisogno di minor sostegno pubblico? Ma dove e’, in Italia, il mercato privato della ricerca? La seconda convinzione e’ che la comunita’ scientifica italiana ha percepito solo in parte i rischi di questo atteggiamento che, ove diventasse una politica diffusa, lascerebbe l’Italia fuori dall’Europa della ricerca che si sta costruendo sotto l’impulso del Commissario Busquin. Per essere piu’ chiaro, a fronte di un osservatorio della ricerca a cui hanno dato l’adesione circa diecimila ricercatori, esiste una parte di comunita’ scientifica, anche con impegnativi ruoli istituzionali, che si limita a manifestare perplessita’ senza esprimere una posizione chiara ed incisiva. A costoro dico che questo atteggiamento e’ perdente e non portera’ frutti per la ricerca italiana”. ”Affermo questo – prosegue Bianco – anche perche’ l’esperienza personale fatta e’ che, con l’attuale sistema di governo della ricerca, non si riesce a discutere nel merito dei problemi, stante una visione a monte che sostanzialmente nega l’utilita’ di una ricerca nazionale intesa come avanzamento delle conoscenze non necessariamente legate ad una immediata ricaduta pratica. Con questa impostazione e’ evidente che parlare di ricerca scientifica e del miglior modello organizzativo per valorizzare le potenzialita’ intellettuali del nostro Paese e’ impresa ardua. Non parliamo poi della difficolta’ di impostare un discorso sulla ricerca scientifica come valore culturale a se’ stante, cioe’ strumento di formazione critica, sviluppo di capacita’ analitiche, elevazione generale del livello culturale e professionale di una Nazione”. ”Inoltre ritengo – conclude Bianco – che se si arrivera’ a smantellare un sistema di ricerca strutturalmente debole, ma comunque finora vivo ed in molti settori competitivo se rapportato alle risorse messe in campo, questo dipendera’ anche da una inadeguata reazione della comunita’ scientifica, nel suo complesso ed ai vari livelli di responsabilita’ istituzionale, alle proposte contenute nei decreti di riordino presentati. Spero naturalmente di sbagliarmi ed auspico che queste mie considerazioni siano solo il frutto di un esagerato personale pessimismo e non abbiano alcun riscontro nella realta”’.


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