L'accoglienza solidale

Migrazione sanitaria: vecchio fenomeno, nuove dinamiche e qualche sorpresa

In Italia 750mila persone l’anno si spostano per ragioni sanitarie, 200mila dirette in Lombardia e non tutte provenienti dal Sud Italia. L'associazione A casa lontani da casa fornisce alloggi e supporto a questi pazienti attraverso una rete di associazioni sul territorio

di Nicla Panciera

I camper e le auto parcheggiati in piazzale Gorini, a Milano, a due passi dall’Istituto nazionale dei tumori, sede della prima oncologia pediatrica del paese. I pernottamenti sulle sedie di metallo nell’atrio di Via Venezian. Sono istantanee degli anni Settanta di un fenomeno che esiste tuttora, nonostante molto sia cambiato, anche grazie al mondo dell’associazionismo. Oggi il capoluogo lombardo dispone di una rete di alloggi solidali destinati a chi si sposta per ragioni di salute. Si tratta di circa 750mila persone l’anno nel nostro paese, escludendo gli eventuali accompagnatori, e di cui 200mila diretti in Lombardia. E, sorprendentemente, non tutti sono in arrivo dal Sud.

Le cifre della migrazione sanitaria sono rilevanti, come se la città di Torino si spostasse per ragioni di salute una o due volte l’anno. Tra le cause ci sono la disomogeneità territoriale dei centri specialistici e della possibilità di accedervi e la frammentazione del sistema sanitario nazionale in ventuno sistemi sanitari regionali, tutti fattori che spingono i pazienti verso le opportunità di salute laddove ci sono. Con le conseguenze in termini di spesa sostenuta direttamente dal privato cittadino e di compensazione economica delle prestazioni tra le Regioni.

Di questo si è parlato a Milano in occasione della presentazione di una ricerca Doxa condotta su 250 migranti sanitari e intitolata “Curarsi lontano – uno sguardo sulla migrazione sanitaria. Dai e prospettive”, voluta da A casa lontani da casa, rete nazionale di alloggi e servizi solidali formata da una cinquantina di associazioni che forniscono gratuitamente o a prezzi bassi alloggi e supporto economico, informativo e psicologico a chi deve affrontare una trasferta di salute (qui la guida all’ospitalità solidale).

Migranti sanitari tra le vittime di Ustica

«Cerchiamo di far sentire accolto, ascoltato e protetto chi si trova lontano da casa per ragioni di salute. Ogni casa firma un codice etico che si rifà a questi valori» ha detto Guido Arrigoni, presidente di A casa lontani da casa, rete che dispone di 108 case di accoglienza, offre 1623 posti letto e, nei primi 9 mesi del 2023, ha risposto a 2761 richieste di aiuto raccolte dall’Infopoint presente presso l’Istituto nazionale dei tumori di Milano e dal centro servizi. «Noi siamo un mondo dalle piccole realtà associative, ma pure strepitose che cercando di dare una risposta unitaria. Siamo però consapevoli che è un problema che non può essere risolto dal non profit e neppure dai singoli Comuni o dalle Regioni» ha concluso Arrigoni. Rientravano dal nord per ragioni sanitarie ben 11 dei viaggiatori a bordo del Dc9 di Ustica, probabilmente dopo essere stati in visita a Padova e a Bologna.

Alla ricerca della salute

L’indagine qualitativa e quantitativa della Doxa ha coinvolto 250 migranti sanitari, pazienti che hanno ricevuto un trattamento medico o chirurgico in un ospedale diverso da quello della città di residenza negli ultimi 12 mesi e per cui hanno trascorso almeno una notte fuori casa. «Guardando alle ragioni degli spostamenti abbiamo individuato tre macro-aree: l’area della qualità, della necessità e della praticità» ha detto Andrea Terenzi di Doxa Pharma «Per il 72% dei rispondenti, gli spostamenti sono legati alla ricerca di maggiore qualità della struttura in termini di cure disponibili o capacità del personale sanitario; per il 43%, gli spostamenti sono dettati dall’impossibilità di usufruire delle prestazioni di cui si ha bisogno o dalla presenza di lunghe liste d’attesa; il 10% per la presenza di parenti o amici nella città di migrazione». A fare da padrone sono le patologie a maggior prevalenza, le oncologiche (14%) e cardiache/ipertensione (13%), respiratorie (9%) o gastro-intestinali (8%). In due casi su tre, i pazienti hanno percorso più di 200 km per raggiungere la destinazione e nel 78% la migrazione è extra-regionale. Quali sono le regioni di destinazione? La Lombardia rappresenta la più scelta (29% dei rispondenti) da chi lascia la propria regione per motivi sanitari, seguita da Emilia-Romagna (16%), Veneto (11%) e Lazio (11%). Da dove provengono i migranti sanitari che arrivano in Lombardia? Le Regioni di provenienza sono Campania (17%), Veneto (16%), Lombardia (14%), Emilia Romagna (11%). L’85% degli intervistati non conosce la realtà dell’accoglienza associativa.

La Lombardia è la più scelta

In arrivo anche dal Nord

Solo gli spostamenti necessari

Il trasferimento del paziente verso i centri ad alta specializzazioni della propria Regione è previsto anche dai percorsi diagnostico terapeutici assistenziali Pdta ed è quindi parte di una gestione del paziente coordinata e volta a garantire la miglior qualità delle cure e l’uniformità di trattamento tramite la sinergia e la riduzione degli sprechi. I viaggi della speranza si ridurrebbero con un’organizzazione dei percorsi di garantire uguali opportunità a tutti. Gli spostamenti sarebbero così limitati nel chilometraggio verso il centro di riferimento regionale e, comunque, codificati all’interno di un percorso di presa in carico. «La creazione di reti e la diffusione delle competenze anche sul territorio ha ridotto le dimensioni del fenomeno» ha esordito Anna Roli, responsabile della struttura qualità e risk management dell’Int, dove l’associazionismo è nato come gruppi di auto-aiuto e oggi è una realtà che propone e co-progetta le attività dell’Istituto. Nel 2022, il 30% dei ricoveri in Int e il 20% dei ricoveri a ciclo diurno hanno riguardato pazienti provenienti da fuori Regione. In alcune aree, l’attrattività del centro è molto comprensibile: l’Int è centro di riferimento nazionale per i tumori rari e attrae per la chirurgia e l’oncologia medica nei sarcomi, è unico centro oncologico italiano autorizzato al trapianto di fegato, è centro autorizzato per le terapie avanzate come la terapia genica e cellulare, e accreditato per trattamenti con Car-T. Ma, spiega Roli, «abbiamo migrazione anche per la senologia, che ha ovunque dei percorsi molto ben codificati». L’importanza della rete è chiara anche nel caso della chirurgia toracica, dove il primo accesso in istituto viene seguito dalla presa in carico del paziente nel suo territorio da ospedali in rete con Int.

Anna Roli (Int) e Luisa Bruzzolo (LILT Milano Monza e Brianza)

Rifugi alpini, ostelli o case vacanza

L’ospitalità fornita dalle associazioni soffre attualmente della mancanza di un appropriato riconoscimento  giuridico. «Il decreto del 22 aprile 2008 del Ministero delle infrastrutture definisce gli alloggi sociali, che sono stati ripresi anche nel codice del terzo settore alla lettera Q delle attività di interesse generale. Manca ancora l’adeguamento regionale e, in assenza della giusta cornice legislativa, le nostre case sono equiparate a rifugi alpini, case vacanze, ostelli» spiega Luisa Bruzzolo, direttrice generale della Lega italiana per la lotta contro i tumori Lilt Milano Monza Brianza, che oggi gestisce cinque “Case del cuore” per piccoli pazienti oncologici e loro genitori, che diventeranno presto sette. «Stiamo lavorando per perseguire il riconoscimento giuridico adeguato, che è anche tra gli obiettivi del progetto Volontariato 4.0 (qui), insieme alle istituzioni regionali e con il supporto del Comune. Contiamo di raggiungere presto questo obiettivo».

L’appello ai milanesi

La prima “Casa del cuore” è nata nel 1980 grazie al Comitato assistenza bambini della Lilt Milano Monza Brianza proprio su impulso della pediatra oncologa Franca Fossati Bellani colpita dai tanti pernottamenti all’addiaccio in Via Venezian. Da allora, sono stati accolti oltre 12mila pazienti, soprattutto minori con i loro genitori. L’appello di Luisa Bruzzolo è a tutti i milanesi che «hanno una casa o un appartamento che non usano nella zona di Città Studi, vicino alla sede dell’Istituto Tumori, affinché ci aiutino a far crescere la nostra rete di accoglienza. Ci contattino e ogni loro offerta verrà presa in considerazione».

Foto di milad sefidfard on Unsplash


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