Mondo

Iraq: gli occhi belli di Banin

La testimonianza di un operatore di Emergency da Sulaimaniya

di Gabriella Meroni

I curdi usano una bellissima parola per salutarsi, che tradotta in italiano significa approssimativamente “ti porto nei miei occhi”. Negli occhi di Banin, 10 anni, arrivata da Karbala una ventina di giorni fa, con bruttissime ferite a entrambe le gambe, è ancora visibile il triste calvario a cui è sottoposta. Ormai dal nostro personale viene chiamata “occhi belli” e lei, dopo una amputazione alla gamba e 6 interventi chirurgici per tentare di salvare l’altra, solo ora sembra regalarci timidi sorrisi. Scongiurato il pericolo di una grave infezione che ha rischiato di portarcela via, ora Banin e i nostri medici lottano per salvare almeno la gamba destra: medicazioni ripetute e dolorose, primi accenni di fisioterapia. La mamma, sempre presente al suo fianco, esce dalla stanza raramente, solo per prendere una boccata d’aria, e poter piangere in silenzio senza farsi vedere. Il sonno di Banin è spesso interrotto da urla spaventose; il ricordo del ferimento sotto le bombe, dei primi incredibili e insopportabili dolori, dell’assenza di antidolorifici e altri farmaci a Karbala, il lungo viaggio per raggiungere l’ospedale di Emergency a Sulaimaniya. Da qualche giorno si è deciso di somministrarle farmaci leggeri la sera per farla dormire, con l’intento di alleviarle un poco le sofferenze. Quello che è più triste, guardando questi grandi “occhi belli” è la consapevolezza che i bambini nelle condizioni di Banin sono molti in Iraq. Chissà se qualcuno li ha censiti e se è possibile farlo; si potrebbe iniziando da lei: “effetto collaterale della guerra di nome Banin, 10 anni, di Karbala, amputata gamba sinistra, detta “occhi belli”. Mario Ninno


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