Famiglia

Cannes, ma la vita è bella?

Padri che stuprano i bambini, lolite che fanno invaghire l’amante della mamma, genitori che invitano i figli a suicidarsi.

di Paolo Giovannelli

ACannes la vita è bella, si potrebbe facilmente affermare dopo il trionfo di Roberto Benigni, con il suo film commovente e geniale. Ancor di più nel contesto di una rassegna che spesso pareva puntare soprattutto su brutture sociali, malattie psichiche, traumi psicologici, disastri sociali, fino ad alimentare il sospetto di provocazioni fini a se stesse, sconfinanti nella morbosità. E dire che il Festival era partito volando alto, con il segretario Onu Kofi Annan, che per il 50esimo della Dichiarazione dei diritti dell?uomo ricordava quanto il cinema possa fare per la libertà.
Uno che della realtà è sempre stato appassionato indagatore è il britannico Ken Loach, l?anarchico autore di indimenticabili film come ?Piovono pietre?, ?Ladybird Ladybird? e ?La canzone di Carla?. E non si smentisce anche con il nuovo ?My name is Joe?, che si svolge in una Glasgow degradata dove alcool e droga sono piaghe difficili da sconfiggere: Joe è appunto un ex alcoolizzato, che con altri ?alcolisti anonimi? compone una squadretta di calcio scalcinata, unica sua ragione di vita. Il lavoro non ce l?ha ed è solo come un cane, finché grazie a un amico e a sua moglie, peggio conciati di lui, conosce un?assistente sociale e se ne innamora.
Se l?argomento droga è stato affrontato da Terry Gilliam in ?Las Vegas Parano? ispirandosi a un libro di Hunter Thompson, leader della controcultura Usa anni ?70, e se un interessante sguardo ai predicatori americani è lanciato da Robert Duvall in ?L’apostolo?, molte pellicole mettono al centro soprattutto l?infanzia e la famiglia in modi per nulla tranquillizzanti.
Il Corriere della Sera, alla caccia di facili semplificazioni, titolava a metà festival ?Cade l?ultimo tabù, la famiglia è violenza?: come se il cinema non avesse già rappresentato più volte il teorema parenti=serpenti con le varianti di padri padroni e madri degeneri. Qui a Cannes un paio d’anni fa trionfò l’eccellente ?Segreti e bugie?, che indagava sugli strazianti rituali della finzione familiare per regalare alla fine una nota di speranza. Quest?anno si è andati più sul pesante, dal danese ?Feste di famiglia? (la festa è il compleanno di un patriarca stupratore del figlio) al portoghese ?Inquietude? del novantenne De Oliveira con un genitore che invita il figlio al suicidio, mentre il patrigno inglese del film ?All the little animals? ne fa di tutti i colori al figliastro, un giovane omosessuale greco si ribella ai genitori falsi e ipocriti in ?Head on? e l’incesto fa capolino nel grottesco ?Sitcom?. Spostando l?asse sui bambini, non mancano le opere interessanti come ?La vendedora de rosas?, del colombiano Victor Gaviria, che con tecnica quasi da documentario ci mostra la triste condizione dei bambini di Medellin, abbandonati alla strada, vittime di droga, sfruttamento, miseria.
Non facile la vita neppure per le due bambine iraniane chiuse in casa dal padre mendicante in ?La mela?, diretto dalla giovanissima Samira Makhmalbaf, tanto da diventare ?ragazze selvagge?. Un?assistente sociale si occuperà di loro. La storia è vera, l?intreccio con la finzione strettissimo; una testimonianza, per chi non lo conoscesse, della vitalità del cinema iraniano (il padre di Samira ne è un caposcuola) ?figlio? del nostro neorealismo.
In ?La classe de neige? di Claude Miller c?è un bambino pieno di problemi a causa di un padre possessivo e in più aleggia lo spettro della pedofilia: qualcosa che diventa ben più esplicito in ?Happiness? di Todd Solondz (visto nella Quinzaine). Come non bastasse, sempre la pedofilia era l?infamia che grava sul passato di ?Henry Fool?, personaggio dell?omonimo film dell?americano Hal Hartley, mentre in ?Babyface? una nuova Lolita fa invaghire l’amante di mamma.
Allora, gli unici bambini davvero felici del festival sono forse quelli a noi più familiari: Pietro, figlio di Nanni Moretti, che il padre ha reso ormai celebre con la partecipazione davvero straordinaria in ?Aprile? (lo si vede già nel pancione di mamma e poi crescere nei primi due anni di vita), e Giosuè, il bimbo di Benigni in ?La vita è bella?. Due conferme che, con un padre che ti ama davvero (fino al sacrificio), la vita è proprio un?altra cosa. ?

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