Formazione

I 50 figli di don Edoardo

Nel 1991 padre Caruso assisteva i primi albanesi arrivati sulle nostre coste.

di Margherita Esposito

Il suo legame con l?Albania è appassionato, quasi viscerale. Appartenente alla minoranza arbresh, padre Edoardo Caruso si sente albanese a tutti gli effetti. E lui non fa nulla per nasconderlo. I pochi tornanti che portano fino al santuario di Madonna d?Idria, a Cirò Marina, in provincia di Crotone, li percorre sempre con la sua vecchia auto grigia con la targa di Durazzo. Per tornare a casa dai suoi confratelli. Sul cruscotto, ?sventola? una bandierina con l?aquila bifronte, e una medaglietta d?oro con il simbolo dell?Albania fa capolino al polso. Non passa inosservato padre Edoardo per almeno tre motivi: la sua carica di vitalità, la quantità e la portata delle iniziative di assistenza e aiuto prestate a favore degli albanesi in Italia e in madrepatria, e per la stazza, decisamente ?over-size?. Trentotto anni, amico personale dell?ex presidente Sali Berisha, è nato a Cirò Marina, ma da genitori di Pallagorio. Orgogliosamente di cultura albanese e discendenti della diaspora del XV secolo, guidata dall?eroe Skandenberg. Ora, don Edoardo è parroco di Umbriatico. Un impegno che dovrebbe lasciare tra breve tempo, dopo il recentissimo incontro con l?arcivescovo di Crotone, monsignor Agostino. Che ha sposato la sua idea di dedicarsi completamente a una nuova parrocchia, tutta particolare. Anzi, unica. Si tratta infatti della prima parrocchia etnica per immigrati albanesi, e non solo, in Italia. Sorgerà, ovviamente, a Cirò Marina, in località Scalaretto, alla periferia Nord della cittadina, su un?area di 6 mila metri quadrati messi a disposizione dalla famiglia Caruso. È progetto ambizioso. Presentato alla Caritas, è stato avviato nell?ormai lontano 1989: verrà costruita una Chiesa da dedicare alla Madonna del Buon consiglio, protettrice dell?Albania dal 1818. Al suo fianco, un centro di accoglienza che garantisca un approdo certo per albanesi, o comunque alle persone in difficoltà, e che faccia da tramite per scambi culturali tra l?Albania e l?Italia. Don Edoardo ha anche un altro sogno nel cassetto, già traboccante di idee: far nascere un istituto di religiosi che si dedichi agli albanesi in patria e nel mondo. Dopo nove anni, il sacerdote, grattando il fondo dei suoi risparmi, è riuscito a mettere in piedi la cappellina, ormai solo da rifinire, e un?abitazione di 130 metri quadri. I miei giorni nei campi profughi In questi anni, rivoluzionari per l?Albania, sono successe molte cose: tutte hanno fatto distogliere l?attenzione, e volatilizzare le già poche risorse disponibili, dalla realizzazione del progetto finale. Dopo solo pochi giorni dai primi sbarchi di albanesi sulla costa pugliese, nel marzo 1991, padre Edoardo era già diventato il punto di riferimento dei profughi nei campi di accoglienza: traduceva la lingua, ascoltava le richieste piccole e grandi, cercava soluzioni nelle questure per facilitare i ricongiungimenti familiari, il rilascio dei permessi di soggiorno. «Tre giorni li passavo nei campi», ricorda il sacerdote, «tre li passavo nella questura e uno in parrocchia. Questa è stata la mia vita dal marzo al settembre del ?91». Cessata l?emergenza, il suo impegno è proseguito a Cirò Marina, dove sono transitati all?incirca duemila albanesi. «Hanno abitato per brevi o lunghi periodi negli appartamenti adiacenti al Santuario, alcuni in alloggi concessi generosamente da famiglie di Cirò Marina, altri in case prese in affitto». E qualcuno è anche rimasto. Sono un centinaio gli albanesi che vivono nella cittadina. In questi anni, poco meno di cinquanta ragazzi sono stati affidati a don Edoardo dalle questure. «Oggi sono tutti sistemati in province del Nord e molti anche nella Repubblica di San Marino; e con tutti continuo a mantenere stretti contatti telefonici». Instancabile, padre Edoardo ha sgranato iniziative a sostegno anche degli albanesi in patria per scoraggiare la fuga, migliorando la qualità della vita e l?imprenditorialità locale: borse di studio a favore di studenti universitari, aiuti per gli handicappati, invio di mezzi agricoli. Nominato responsabile regionale per l?assistenza spirituale agli immigrati albanesi e loro cappellano, ha aperto anche un ospizio e un istituto religioso a Kavajè, un ambulatorio a Gramèz e una scuola per l?artigianato a Kruja. Realizzo i sogni dei miei ragazzi Una mano a don Edoardo viene assicurata dalla solidarietà spontanea della gente, «dalla quale», commenta, «non si può pretendere troppo, visto il contesto economico». Ed è aiutato anche dall?arcivescovo di Crotone, molto favorevole all?istituzione della parrocchia etnica. «L?intenzione», precisa don Edoardo, «è quella di creare una struttura che vada al di là dei confini religiosi; aperta, quindi, alla preghiera e all?aiuto verso i cristiani, gli ortodossi e i musulmani. Unità e tolleranza sono elementi connaturati nella cultura albanese che per secoli è riuscita a far convivere, nel rispetto reciproco, delle differenze, gente di diverse religioni, ricordando che una fede che aiuti l?uomo a essere più uomo è sempre una buona fede». Ma non è tutto rosa e fiori: l?ostruzionismo e qualche delusione vengono dalle istituzioni italiane. «Le restrizioni nel rilascio dei visti», continua amareggiato don Edoardo, «non fanno che alimentare le fughe avventurose, verso le quali spingono anche i racconti fantasiosi di quanti hanno raggiunto l?Italia, e la criminalità organizzata, che sfrutta e lucra sui sogni e le speranze di un domani migliore della gente». Mentre si avvicina il tempo per l?apertura della parrocchia, don Edoardo continua a occuparsi degli ultimi suoi ?figli?. Tre giovanissimi affidatigli dal Tribunale dei minori di Bari. Regent, 14 anni, frequenta a Cirò Marina la scuola media. Simone, 15 anni, vuole imparare a fare il tipografo e sogna un futuro da calciatore. Paolino, 16 anni, vuole diventare cuoco e avere un futuro sereno. Ormai possible, al riparo delle grandi braccia aperte di don Edoardo. ?


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