Famiglia

Bagdad, emergenza ridimensionata? Iraq, il caos per nemico

Il presidente internazionale di Medici Senza frontiere, di ritorno da Bagdad, denuncia: "Non ho visto i segni di crisi umanitarie come quelle in atto in Africa".

di Carlotta Jesi

“In Iraq non c?è nessuna crisi umanitaria”. Bruxelles, 24 aprile: il dottor Morten Rostrup, presidente internazionale di Medici senza frontiere, torna in Europa dopo oltre un mese di lavoro a Bagdad dove ha coordinato un team di 6 volontari e dice quello che nessuno s?aspetta. “In tutto il Paese non ho visto fame, epidemie o rifugiati in fuga. Cioè i segnali di un?emergenza umanitaria in corso”. Possibile, viene da chiedersi, mentre ong e agenzie Onu continuano a pubblicizzare le loro raccolte fondi in favore degli iracheni? “In due settimane di monitoraggio, in dieci città del Paese, non abbiamo trovato neanche una buona ragione per giustificare il lancio di un grande programma medico umanitario in Iraq. Né di una raccolta fondi dedicata”, spiega in conferenza stampa il medico norvegese alla guida di Medici senza frontiere. Ma nessun giornale europeo riporta la notizia. E certo non perché all?associazione premio Nobel per la pace manchi credibilità. Le rivelazioni di Rostrup vengono snobbate perché contengono un attacco diretto alla stampa: “L?attenzione dei media per questa crisi, altamente politicizzata, è stata forte. Ma quello che ho visto non corrisponde a ciò che viene raccontato, specialmente in Europa. Mille persone sono state massacrate in Congo in una settimana. Mille e duecento civili sono morti in Iraq dall?inizio della guerra. Credo che questo renda l?idea di come veniamo trascinati nella crisi irachena in maniera esagerata. Un grave errore. Dobbiamo cercare di essere un po? più critici per essere più onesti e più precisi possibile nella descrizione di quello che sta accadendo in Iraq. Bisogna fare un passo indietro, guardare cosa sta succedendo davvero, capire che tipo di crisi è questa e inquadrarla nel contesto delle emergenze umanitarie in corso nel mondo”. Vita:Quali emergenze? Morten Rostrup: Dalla Liberia alla Repubblica democratica del Congo, dalla Costa d?Avorio al Sud Sudan. Non può non colpirci il fatto che l?attenzione internazionale sia tutta concentrata sull?Iraq, quando contemporaneamente stiamo combattendo contro crisi umanitarie davvero disastrose. La conseguenza di tutto ciò, purtroppo, è la mancanza di fondi con cui combattere la fame e la carestia che uccidevano milioni di persone già prima della guerra e che continuano a farlo ancora anche se in Iraq non si combatte più. Vita: Sta dicendo che, contrariamente a quanto sostengono altre ong e agenzie Onu, in Iraq non ci sono ospedali senza medicine e macchinari, che non c?è bisogno di medici e ponti aerei che portino i feriti in Europa come contenuto nella proposta avanzata dalla Francia? Rostrup: In Iraq ho incontrato medici molto bravi e trovato un livello di assistenza medica avanzato. Penso che i dottori iracheni siano capaci di gestire la gran parte dei casi che hanno sottomano. Quando invece proponiamo ponti aerei verso la Liberia o la Costa d?Avorio, là dove sono veramente necessari, la domanda non viene neanche presa in considerazione. Quanto alla situazione sanitaria nel Paese, posso dire che in Iraq ci sono alcuni bisogni reali: molti malati cronici non stanno ricevendo le loro medicine; alcune persone hanno bisogno di interventi chirurgici secondari per le gravi ferite provocate dalla guerra; mancano l?ossigeno e gli anestetici. Ma questi problemi sono legati soprattutto alla mancanza di organizzazione e di leadership. Vita: Eppure la società civile impegnata sul campo e le agenzie Onu hanno lanciato allarmi e raccolte fondi per l?emergenza irachena. Uno sbaglio? Rostrup: Dipende da come ciascuno effettua le sue valutazioni. Molte sigle che non erano presenti in Iraq, con l?approssimarsi della guerra hanno iniziato a lanciare allarmi preventivi. Per i profughi, la mancanza di cibo, il bisogno di nuovi ospedali. Però il vero problema dell?Iraq, oggi, è un altro: il vuoto di potere che è la causa del disordine in molti ospedali della capitale. Vita: Per quale motivo? Rostrup: In questo momento i problemi degli ospedali non sono legati alla mancanza di trasporti e alla sicurezza, ma piuttosto alla disorganizzazione e alla mancanza di una amministrazione. Prendiamo gli stipendi del personale medico e paramedico: chi pagherà gli stipendi di medici e infermieri che lavorano negli ospedali? Con la caduta del regime, il sistema sanitario ha smesso di funzionare e così oggi ci sono pazienti migliorati che continuano a prendere le medicine e gente che avrebbe bisogno di nuovi interventi chirurgici dimessa dagli ospedali. E queste, purtroppo, sono solo alcune conseguenze del vuoto di potere che c?è a Bagdad. Vita: Crede che le forze alleate stiano facendo abbastanza per riempire questo vuoto? Rostrup: Speravo che, in oltre due settimane di occupazione angloamericana, il caos amministrativo che regnava nel Paese sarebbe stato risolto. Ma non è stato così. Il caos perdura. È necessario che gli alleati si attivino per rispondere a questo problema. Più delle medicine, in questo momento gli iracheni hanno bisogno che il loro sistema sanitario venga rimesso in grado di funzionare.


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