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Giappone: prima vittoria “politica” delle associazioni

In elezioni locali trionfa un candidato sostenuto da un gruppo di associazioni civiche. Sconfitti i partiti tradizionali. E già si parla di rivoluzione

di Gabriella Meroni

Si è trattato solo dell’elezione di un governatore, ma dalla prefettura di Chiba, a est di Tokyo, è arrivato un segnale molto forte contro il primo ministro Yoshiro Mori, il suo governo e anche contro i tradizionali partiti giapponesi. Ha vinto infatti Akiko Domoto, un candidato indipendente sostenuto da un cartello di associazioni civiche locali.

“La mia è la vittoria della base, è significativa non solo per Chiba. Sento che c’è una richiesta di cambiamento che nasce dalla popolazione”, ha detto Domoto dopo la vittoria. L’indipendente ha battuto quattro candidati appoggiati dai partiti tradizionali giapponesi, uno dei quali rappresentava il Partito liberaldemocratico di Mori.
Anche per questo l’elezione viene guardata pensando al voto del prossimo luglio per il rinnovo del Senato. E le pressioni perché Mori lasci l’incarico di primo ministro sono destinate a crescere. Il premier in realtà ha promesso nuove elezioni per scegliere il leader del partito, ma non prima di settembre.

Finora il primo ministro è riuscito a stare a galla nonostante la sua popolarità sia ai minimi perché c’era da approvare la nuova legge di bilancio ed erano previsti due appuntamenti internazionali – gli incontri negli Stati Uniti e in Russia con i presidente George W. Bush e Vladimir Putin. Con il varo della finanziaria, previsto per oggi, Mori non ha più appigli a cui aggrapparsi.

L’elezione di ieri in realtà è stata una doccia fredda per tutti, non solo per il partito di maggioranza. Domoto, un ex giornalista, è entrato in gara solo in un secondo tempo, su pressione dei gruppi locali e con la propria partecipazione ha spazzato anche le illusione del Partito democratico – il principale partito di opposizione – che contava di trarre vantaggio dagli elettori delusi dai liberaldemocratici.
“Il risultato mostra chiaramente la sfiducia popolare nell’establishment. La critica ai liberaldemocratici era naturale, ma c’è stata una critica anche ai democratici e per loro il danno è maggiore”, ha notato Mueyuki Shindo, un analista politico della Rikko University di Tokyo interpellato dalla Reuters.

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