Volontariato

Tbc, è allarme: +18% di casi rispetto al 2000

La denuncia viene dai tisiologi del Centro di riferimento per la tbc della Regione Lombardia 'Villa Marelli' di Milano. Prevalenza superiore negli immigrati

di Gabriella Meroni

In Italia solo 75 casi di tubercolosi su 100 vengono diagnosticati e soltanto nell’80% di questi l’infezione viene eradicata. Risultato: soltanto 56 pazienti su 100 sono curati, mentre gli altri 44 si ‘perdono’.
La denuncia viene dai tisiologi del Centro di riferimento per la tbc della Regione Lombardia ‘Villa Marelli’ di Milano, che dal primo gennaio ad oggi ha individuato 106 casi di tbc, +18% rispetto allo stesso periodo del 2000 (89 casi).

La prevalenza, riferiscono gli esperti, e’ superiore negli immigrati (60% del totale), specie peruviani ed ecuadoriani. ”Sono segnali di un’emergenza sanitaria che si riaffaccia in maniera seria anche in Italia -ha affermato oggi in conferenza stampa il dottor Luigi Codecasa, medico del presidio milanese, che fa capo all’azienda ospedaliera Niguarda)- e che deve essere affrontata. Innanzitutto dal punto di vista organizzativo -ha sottolineato- perche’ tra i centri che si occupano di diagnosi e di terapia della tubercolosi c’e’ grande confusione, una dispersione di forze che impedisce la chiarezza del quadro epidemiologico. Basti pensare al ‘gap’ tra i dati ufficiali e quelli raccolti da chi invece lavora sul campo: nel ’99 la Regione Lombardia dichiarava 645 casi su 8,9 milioni di abitanti, quando solo a Villa Marelli nel ’97 (picco minimo dell’infezione) i casi segnalati erano ben 340.
La prima cosa da fare, secondo Codecasa, e’ ”accentrare la diagnosi e la terapia nei centri davvero competenti, quelli che possono vantare una professionalita’ tale da ridurre al minimo gli errori nella diagnosi (falsi positivi o negativi) e i trattamenti che non vanno a buon fine (quelli che si interrompono prima di completare i sei mesi di terapia, aumentando i casi di resistenza ai farmaci)”. Un problema, la resistenza, che rende incurabile la tbc nel 5% dei soggetti colpiti, ha aggiunto il dottor Giorgio Besozzi dell’ospedale di Sondalo: ”Persone che, insensibili ai 4 antibiotici di prima scelta, o muoiono o vivono alimentando il serbatoio dell’infezione”.

Cosa serve? ”Denaro, ovviamente -ha risposto Besozzi- oltre ad un’organizzazione rigida (un unico centro di riferimento per ogni provincia e regione) che consenta di raccogliere dati attendibili”. Ma non basta. Occorre anche seguire i pazienti fino alla fine del trattamento, ha precisato il tisiologo, considerando che i soggetti a rischio (per lo piu’ immigrati, sieropositivi e senzatetto) sono anche quelli di cui si perdono piu’ facilmente le tracce. ”Molte segnalazioni di possibili casi di tubercolosi -ha concluso- rimangono infatti nei cassetti degli uffici regionali di zona, perche’ nel periodo necessario a confermare il sospetto (anche mesi, data la disorganizzazione), l’individuo a rischio si e’ gia’ spostato”.

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