Medio Oriente
Gaza, i medici della Mezzaluna Rossa: «Non evacuiamo, non abbandoniamo i nostri pazienti»
«Ci sono medici che scoprono della morte dei figli quando li vedono arrivare su una barella», dice e Tommaso Della Longa, portavoce della Federazione Internazionale di Croce Rossa e Mezzaluna Rossa. «Attaccare anche ambulanze, soccorritori, medici significa attaccare intere comunità, significa attaccare pazienti che non potranno arrivare in ospedale, significa che non ci sarà nessuno che potrà salvare queste vite: è inaccettabile»
di Anna Spena
«Per parlare di quello che sta accadendo a Gaza», dice Tommaso Della Longa, portavoce della Federazione Internazionale di Croce Rossa e Mezzaluna Rossa, «uso le parole dei nostri colleghi della Mezzaluna Rossa palestinese: “La situazione è catastrofica”. Più si va avanti con questo conflitto, più i bisogni umanitari aumentano. C’è bisogno di carburante per i generatori, senza elettricità gli ospedali non possono funzionare».
«Nell’ospedale della Mezzaluna Rossa palestinese, Al Quds, a Gaza City, stanno usando quel poco che resta solo per alimentare le incubatrici dove tengono i neonati, e i macchinari per i pazienti in terapia intensiva. É difficile reperire acqua e cibo per gli oltre due milioni di persone che vivono nella Striscia. Siamo in un forte stato di preoccupazione sia per i civili ma anche per il personale ospedaliero e per tutti i soccorritori. Ci sono medici che scoprono della morte dei figli quando li vedono arrivare su una barella».
All’ospedale gestito dalla Mezzaluna Rossa palestinese: «è stato chiesto tre volte di evacuare, ma il personale ha spiegato che non può: “Non lasceremo indietro i nostri pazienti, non li abbandoniamo. Comunque andrà rimaniamo con loro”. L’ospedale inoltre è diventato un rifugio per centinaia di civili che pensano che quello sia, come dovrebbe essere, il posto più sicuro del mondo, e invece i fatti di questi giorni dimostrano che non è così».
La Federazione Internazionale di Croce Rossa e Mezzaluna Rossa lancia appelli da giorni: «Chiediamo a tutte le parti del conflitto di rispettare gli ospedali, non è solo un obbligo legale, non parliamo solo di diritti umanitario: è un obbligo morale. Nessun medico, infermiere, soccorritore dovrebbe essere messo davanti alla scelta di mettere al sicuro se stesso o rimanere a lavorare rischiando la vita». La situazione è fuori controllo: «Ora abbiamo più difficoltà a comunicare con loro», spiega Della Longa. «E se prima la preoccupazione più grande era quella di trovare acqua e cibo, adesso tutti i giorni si chiedono “oggi riusciremo a sopravvivere?”». C’è un’altra richiesta che le realtà della società civile fa da giorni: «Bisogna far entrare, in sicurezza, aiuti umanitari. I nostri colleghi al confine con l’Egitto ci raccontano di file lunghe dieci chilometri, file di tir carichi di aiuti umanitari che rimangono bloccati al valico di Rafah. Bisogna aprire il valico e dichiarare un cessate il fuoco per permettere di consegnare e distribuire in sicurezza gli aiuti. Come Croce Rossa qualunque decisione che può risparmiare sofferenza ai civili sarà accolta con favore. Tutte le parti in conflitto hanno dei doveri». Il diritto internazionale umanitario (ne ha scritto in questo articolo Nino Sergi: “Guerra a Gaza: cosa dice il diritto umanitario internazionale”) è nato per dare luce e speranza anche nei momenti più bui dell’umanità. E la guerra è il momento più buio dell’umanità. Ma se siamo arrivati al punto in cui le regole non vengono rispettate, ci aspetta un futuro ancora peggiore, dove nessuno può avere speranza. Se la guerra finisse oggi saremmo tutti felici, ma nel mentre i belligeranti hanno delle responsabilità nei confronti dei civili».
Il ciclo della violenza va spezzato: «Tutti gli ostaggi presi da Hamas devono essere liberati senza condizioni e la violenza deve cessare. Nessuno può immaginare cosa potrebbe succedere nel resto del Medio Oriente, non possiamo rischiare che la sofferenza si allarghi a macchia d’olio». Anche la Croce Rossa ha avuto le sue perdite: «Abbiamo perso», dice Della Longa, «sette membri della nostra famiglia mentre prestavano soccorso: quattro soccorritori della Mezzaluna Rossa palestinese e tre della Stella Rossa di Davide. Attaccare anche ambulanze, soccorritori, medici significa attaccare intere comunità, significa attaccare pazienti che non potranno arrivare in ospedale, significa che non ci sarà nessuno che potrà salvare queste vite: è inaccettabile».
Credit foto: profilo Twitter @PalestineRCS
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