Inclusione e salute
«Se è successo a me, può succedere a tutti»
Perdersi e ritrovarsi a Roma, una storia di rinascita. La testimonianza di Maurizio Carnesi, anni di tossicodipendenza, la vita per strada, fino all'incontro con Villa Maraini. Il progetto di Villa Maraini, relativo alle attività di screening, ha vinto il bando Gilead Community Award program
«Ricordo il disagio e il dolore per la trasformazione, da persona che lavorava ogni giorno a ritrovarsi barbone che vive per strada, pur avendo una casa, come ho fatto negli ultimi dieci anni di tossicodipendenza. Un dolore forte e incolmabile, da sopire con le sostanze. Avevo perso tutto. La mia vita è cambiata quando sono stato accolto a braccia aperte a Villa Maraini dopo alcuni rifiuti, perché molte comunità guardano all’età. Avevo perso molti amici per epatite C, io non tolleravo l’interferone [che da solo o in combinazione con la ribavirina era l’unico trattamento antivirale, dai pesanti effetti collaterali, prima dei nuovi antivirali]. Grazie ai nuovi farmaci antivirali, in pochi giorni la carica virale si è azzerata, una pillola magica». A parlare è Maurizio Carnesi, già operatore e oggi volontario di Villa Maraini Croce Rossa Italiana per le tossicodipendenze di Roma. Carnesi è a Milano, da poco rientrato dal viaggio di nozze con Claudia, conosciuta proprio a Villa Maraini, dove è operatrice, in occasione della 12a edizione dei Bandi Gilead, il Fellowship Program e il Community Award Program, rivolti rispettivamente alla ricerca scientifica e alle associazioni di pazienti ed enti del terzo settore in Italia, premiati a Milano con un finanziamento complessivo di 1.6 milioni di euro.
Quello di Villa Maraini, relativo alle attività di screening per le strade della città di Roma secondo il modello Meet,Test&Treat in patnership con Croce Rossa, è uno dei 62 progetti vincitori, di cui 37 della sezione Community Award. Con i farmaci antivirali, eradicare in tempi rapidi e senza effetti collaterali l’hcv è possibile. Per curare centinana di migliaia di persone e eliminare l’epatite C dal paese, però, sono necessari screening per fare emergere il sommerso con un approccio capillare. «L’importanza del Community award program sta nel fatto che supporta le piccole associazioni che svolgono un’azione capillare sul territorio» per Giorgio Zucchello, esperto di progetti di salute nella cooperazione internazionale.
L’epatite C
Solo il 21% di chi ha sviluppato epatite C, a lungo asintomatica, riceve una diagnosi. Il virus provoca danni progressivi al fegato, che permangono anche dopo l’eradicazione, che deve essere quindi il più precoce possibile per evitare le complicanze delle fasi avanzate. Un terzo dei pazienti sviluppa cirrosi e il 2-5% un epatocarcinoma. Un semplice prelievo del sangue può quindi salvare la vita: è questo il razionale del modello “test&treat”. Attualmente, il programma di screening gratuito è rivolto ai nati nelle fasce d’età 1969-1989, le persone seguite dai Servizi Pubblici per le Dipendenze (SerD) e le persone detenute in carcere. Ma secondo gli esperti potrebbe essere esteso ad alte categorie di persone, come la popolazione nata prima del 1969, così come andrebbero rafforzati i test nei Serd e nelle carceri. Il virus si trasmette attraverso il contatto con il sangue infetto o liquidi biologici che lo contengono, i comportamenti a rischio sono tatuaggi e piercing in condizioni di scarsa igiene, attività sessuale non protetta, scambio di siringhe, procedure mediche, dentistiche o chirurgiche con strumenti non sterilizzati.
Il vissuto di Maurizio, pur difficile, è a lieto fine. «Volevo a tutti i costi uscirne fuori, avevo capito di essere arrivato al punto di non ritorno. Non avevo mai immaginato di perdere tutto. Non immaginavo neppure di potermi riprendere. Eppure è successo e, come è successo a me, può succedere a chiunque. Basta volerlo».
Foto Unità di Strada Villa Maraini
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